Federico Gaibotti, trent’anni, ha ucciso a coltellate il padre, Umberto Gaibotti, che di anni ne aveva sessantaquattro.
L’omicidio si è consumato venerdì 4 agosto 2023, intorno alle 13, in una villetta di via Verdi a Cavernago, in provincia di Bergamo. Tra Federico e suo padre Umberto, che era un carpentiere in pensione e viveva solo dopo essersi separato dalla moglie, sarebbe scoppiato un litigio, forse per ragioni legate alla droga. Un litigio che prima sarebbe partito all’interno dell’abitazione e poi proseguito in giardino, dove sarebbe purtroppo degenerato in tragedia. L’allarme è stato dato al 112 da parte di un vicino di casa, preoccupato per le urla. Il giovane è stato messo in regime di custodia cautelare in carcere, con l’accusa di omicidio volontario.
Da quel che è emerso, qualche mese fa, il sindaco aveva autorizzato nei confronti di Federico Gaibotti due accertamenti sanitari obbligatori. Verosimilmente per ragioni legate alla tossicodipendenza del cittadino.
La cronaca degli ultimi tempi continua a mostrarci l’incapacità del sistema di far fronte a dinamiche familiari complesse e disfunzionali. Mettendo in luce come le famiglie siano fin troppo spesso lasciate in balia di loro stesse e dei loro stessi problemi. Ennesima tragedia che poteva essere evitata? Quasi sicuramente. Dato che, almeno rispetto a quello che sta emergendo nelle ultime ore, quanto accaduto in provincia di Bergamo non a che fare con i canonici casi di parenticidio. Al contrario, la causa dell’omicidio sarebbe da ricondurre all’abuso di sostanze stupefacenti da parte del figlio della vittima.
Federico Gaibotti era proprietario di un negozio di piercing e tatuaggi proprio nella periferia di Carvenago, in provincia di Bergamo. Federico aveva da tempo problemi di tossicodipendenza, ragione per la quale il comune aveva dato il proprio assenso per eseguire alcuni provvedimenti sanitari obbligatori.
Non è un mistero, purtroppo. Ma una triste realtà. In questa direzione, l’abuso di alcol e sostanze stupefacenti interferisce prima di tutto con la capacità di comunicare in modo efficace anche in famiglia. E porta così a fraintendimenti, incomprensioni e discussioni accese.
Inoltre, non è difficile comprendere come le persone coinvolte nell’abuso di alcol e sostanze stupefacenti tendano a manifestare una maggiore instabilità emotiva, contribuendo ad alimentare le tensioni con le persone a loro più prossime. L’altro lato della medaglia, in tema di abusi, riguarda anche l’aspetto finanziario. Il relativo acquisto delle sostanze, e la necessità di assicurarsi dosi sempre più significative, contribuisce ad alimentare i dissidi all’interno della famiglia. Questo è quello che potrebbe essere accaduto nella famiglia Gaibotti.
Ma vi è di più. L’abuso di sostanze può portare a cambiamenti nelle dinamiche e nei rispettivi ruoli all’interno del nucleo parentale. In questo senso, i membri si sentono quasi sempre costretti ad assumersi responsabilità economiche extra e, spesso, anche a diventare caretaker della persona coinvolta. Dunque, nel momento in cui, poi, interviene un rifiuto ed un diniego di elargire somme di denaro da parte dei genitori, potrebbe accadere proprio quello che è successo in provincia di Bergamo.
Purtroppo, la risposta è affermativa. Non può negarsi, infatti, come tale tipo di abuso eserciti un impatto significativo sulla salute mentale e comportamentale di una persona. Le sostanze psicoattive possono alterare la chimica cerebrale e influenzare negativamente il giudizio, la razionalità e il controllo degli impulsi. Per queste ragioni, la dipendenza può portare a un ciclo di comportamenti distruttivi e autodistruttivi. Questa volta, alla periferia di Carvenago, è toccato ad un padre soccombere.
Quando un figlio è coinvolto nell’abuso di droghe o alcol, la dinamica familiare subisce nella quasi totalità dei casi notevoli pressioni. I genitori possono sentirsi impotenti e sopraffatti dall’affrontare la situazione, mentre il figlio può essere guidato dall’impulso di soddisfare le sue esigenze di dipendenza, mettendo a rischio la sua stessa sicurezza e quella degli altri membri della famiglia. I conflitti all’interno del nucleo degli affetti possono essere causati da vari motivi, come divergenze di opinioni, mancanza di comunicazione, aspettative non soddisfatte, rivalità, questioni finanziarie o problemi di convivenza. L’eccessiva tensione e litigi all’interno della famiglia possono creare un ambiente emotivo dannoso, generare risentimento e aumentare la probabilità di comportamenti violenti. La cronaca nera delle ultime ore non fa altro che darci ragione.
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