La forza del no alle trivelle in Italia sta raggiungendo il suo scopo ancora prima della consultazione popolare che avverrà in aprile: in attesa del responso del referendum, fortemente voluto da associazioni di cittadini ed enti locali, una dopo l’altro le multinazionali del settore si stanno sfilando dalla ricerca di idrocarburi al largo delle coste nostrane. È notizia di pochi giorni fa infatti la rinuncia della società inglese Transunion Petroleum, che abbandona le trivellazioni in cerca di gas e petrolio nel Golfo di Taranto e nel Canale di Sicilia, ed è la terza azienda a gettare la spugna dopo Petroceltic e Shell Italia.
La motivazione della rinuncia è riportata sul Buig, il Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse: ‘Il direttore generale per la sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche ha disposto il rigetto della parte residua delle istanze di permesso di ricerca, presentate dalle Società Transunion Petroleum Italia‘. Alla base della decisione dunque vi è il rigetto parziale del ricorso avanzato dalla società, che ha dovuto prendere atto delle nuove linee guida del ministero dello Sviluppo Economico contenute nella Legge di Stabilità, che di fatto hanno stabilito il limite delle 12 miglia dalla costa per le trivellazioni, e contestualmente anche un ridimensionamento delle aree interessate: la società britannica si è fatta i suoi calcoli e deve aver convenuto di non avere più l’interesse economico per ricercare gli idrocarburi nelle nuove aree perimetrate dal ministero. Ed è quanto hanno convenuto anche altre aziende che hanno rinunciato ai permessi per le isole Tremiti e nel Golfo di Taranto, in un effetto catena che a questo punto potrebbe coinvolgere anche altre multinazionali, che dovranno necessariamente fare i conti con aree più contenute e limiti assai diversi prima che il governo corresse ai ripari dopo le proteste delle Regioni, che hanno dato il via libero di fatto al referendum.
E ad esultare è proprio il popolo del referendum, secondo cui ‘la rinuncia della Transunion Petroleum dimostra che la campagna contro le trivellazioni sta sortendo l’effetto sperato, anche se i comitati pro-Triv vogliono farci credere che la decisione non sia collegata al referendum del 17 aprile‘. Ricordiamo che il referendum per avere validità deve raggiungere il previsto quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto, un obiettivo non facile da raggiungere a causa del mancato election day con le amministrative di primavera. Nonostante ciò ‘stiamo lavorando per portare al voto la maggioranza degli italiani e per dire forte e chiaro al Governo che il vento è cambiato‘, dichiara Stefano Pulcini del Coordinamento Nazionale No Triv: se dovesse arrivare uno stop definitivo e convinto dalla popolazione come qualche anno fa per il nucleare, allora si potrà davvero tirare un sospiro di sollievo per la salvaguardia dei nostri mari e delle biodiversità che ospita. Nel dubbio, per ora, le multinazionali stanno già facendo un passo indietro.