Le scene del crimine insanguinate sono spesso teatri di eventi tragici e complessi, dove le prove possono essere fondamentali per risolvere un giallo e ottenere giustizia per la vittima coinvolta.
Specialmente nei casi di indagini complesse, nelle quali si presume possa essere coinvolto un familiare in un crimine efferato. Sembrerebbe questo il caso di nonna Benita, trovata morta mercoledì 19 luglio 2023 nella sua abitazione a Pantianicco, frazione di Mereto di Tomba. La donna è stata ritrovata cadavere dopo essere stata attinta con una pugnalata alla schiena e diverse alla testa. Proprio ieri, mentre gli investigatori continuano a perseguire qualsiasi pista, anche quella familiare, il figlio Luca è stato trovato morto. L’uomo, che peraltro aveva rinvenuto il cadavere della madre riverso a terra, si è tolto la vita lasciando un biglietto. Un biglietto nel quale ha giustificato l’estremo gesto parlando delle difficoltà conseguenti alla ormai prossima separazione dalla moglie. Quindi, almeno in apparenza, il suicidio del figlio Luca non avrebbe niente a che fare con l’omicidio di Benita Gasparini.
Ma è davvero così? Quel che è certo è che in queste ore si stanno svolgendo gli accertamenti tecnici irripetibili relativamente alle tracce repertate nell’abitazione di nonna Benita.
Tra le varie prove che sicuramente sono state raccolte, il DNA e le impronte digitali emergeranno come elementi cruciali nell’indagine. Difatti, queste due tipologie di tracce forniscono dettagli inestimabili che possono guidare gli investigatori nell’identificazione dei colpevoli, nella ricostruzione degli eventi e nella formulazione di argomentazioni solide in Tribunale. In altri termini, tutto resta opinabile. Ma non la scienza. E certamente, sulla base della mia esperienza sulla scena dei delitti, posso affermare che le coincidenze non esistono. Perché Luca si è tolto la vita?
Il Dna, abbreviazione di acido desossiribonucleico, è una molecola che porta le informazioni genetiche di un individuo. Ogni individuo ha un DNA unico, ad eccezione dei gemelli omozigoti. Il che rende il DNA una risorsa eccezionale per l’identificazione personale. Sulle scene del crimine come quella in cui è stata rinvenuta Benita, uccisa a colpi di coltello, e quindi riversa in una pozza di sangue, il DNA può essere essere stato repertato in diverse forme: misto con il sangue della vittima, sugli oggetti presenti (e sui quali il sangue è eventualmente impattato) e sulle altre tipologie di superfici.
Dunque, sulla base di quanto detto, l’analisi del DNA può rivelare l’identità di un individuo, fornire dettagli sulla sua salute e persino svelare relazioni tra le persone coinvolte. Questo è particolarmente rilevante nelle scene del crimine insanguinate, dove il DNA può confermare o confutare la presenza di determinati soggetti sulla scena o rivelare relazioni tra la vittima e il sospettato. Sia o meno un familiare.
Inoltre, il DNA può essere utilizzato per stabilire la sequenza degli eventi e aiutare gli investigatori a comprendere la dinamica omicidiaria.
Un altro dato particolarmente importante è rappresentato dalle impronte digitali. Esse costituiscono una forma unica di identificazione. Ogni individuo ha un pattern di impronte digitali che rimane costante per tutta la vita e non lo condivide con nessun altro soggetto. Le impronte digitali vengono rilasciate ogniqualvolta una persona tocchi una superficie. E proprio questa caratteristica le rende fondamentali nelle indagini criminali, specialmente nelle scene del crimine insanguinate.
Come il Dna, anche le impronte digitali possono essere isolate sull’arma del delitto, sugli oggetti utilizzati o manipolati durante l’evento morte, o addirittura sulla vittima stessa. Queste impronte possono fornire un collegamento tangibile tra l’individuo e la scena del crimine, stabilendo la sua presenza e il suo coinvolgimento. Inoltre, le impronte digitali possono aiutare a stabilire la sequenza degli eventi, suggerendo come l’individuo è entrato in contatto con gli elementi di prova o con la vittima.
L’analisi combinata del DNA e delle impronte digitali su una scena del crimine insanguinata crea un intreccio di prove che può condurre a conclusioni più affidabili e a indagini più approfondite rispetto a quelle che possono derivare da altre tipologie di analisi. In questo senso, l’esame dei vari profili genetici possono rivelare l’identità dell’assassino coinvolto, mentre le impronte digitali possono dimostrare la sua presenza fisica sulla scena nel momento in cui si è consumato l’omicidio. Insieme, queste prove possono contribuire a una comprensione completa dell’incidente e a una ricostruzione accurata degli eventi.
Le analisi svolte in laboratorio dai Ris sveleranno sicuramente chi ha ucciso l’anziana Benita Gasparini. In questo senso, non sarebbe strano trovare il Dna dei figli nell’abitazione della donna perché erano soliti frequentarla. Il discorso, invece, cambierebbe nel momento in cui fosse stata isolata un’impronta digitale riconducibile ad uno dei familiari mista al sangue di nonna Benita. Ad ogni modo, dal laboratorio di investigazioni scientifiche uscirà il nome dell’assassino. Questa è una granitica certezza.
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