L’amministrazione Trump inizia a perdere i pezzi. A neanche un mese dal giuramento e l’insediamento ufficiale alla Casa Bianca, il tycoon deve fare a meno dell’ex generale Michael Flynn, consigliere per la Sicurezza Nazionale e uno degli uomini a lui più vicini. Flynn ha infatti rassegnato le dimissioni per aver mentito sui suoi contatti con funzionari russi, sentiti sul tema della revoca delle sanzioni prima ancora dell’insediamento ufficiale nel nuovo presidente. Lo scandalo era stato anticipato dal Washington Post: l’ex generale aveva parlato con funzionari stranieri quando era solo un semplice cittadino e per di più nello stesso giorno in cui l’amministrazione Obama rincarava la dose sulle sanzioni a Mosca. Al suo posto è stato nominato ad interim un altro ex generale, Keith Kellog, 72 anni, attualmente capo dello staff del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, ma per la successione Donald Trump starebbe pensando a David Petraeus, ex direttore della Cia ed ex comandante delle forze americane in Iraq e in Afghanistan.
La posizione di Flynn era stata in bilico per giorni dopo le rivelazioni del Washington Post che, alla fine, l’hanno convinto a dare le dimissioni a soli 24 giorni dal suo insediamento. Come ha riferito una fonte dell’amministrazione al Washington Post, la scelta è stata solo dell’ex generale, senza alcuna pressione da parte della Casa Bianca e di Trump: tutto lo staff, a partire dal portavoce Sean Spicer, lo hanno sempre difeso, ma in molti hanno tirato un sospiro di sollievo dopo le dimissioni.
“Sfortunatamente, a causa del ritmo degli eventi, ho inavvertitamente fornito al vice presidente e ad altri informazioni incomplete riguardanti le mie telefonate con l’ambasciatore russo a Washington”, si legge nella lettera di dimissioni di Flynn, resa pubblica dalla Casa Bianca. “Rimetto il mio incarico, onorato di aver servito la nostra nazione ed il popolo americano in modo così illustre”.
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Flynn ha deciso di rassegnare le dimissioni per evitare l’effetto valanga delle notizie riguardanti i suoi contatti con funzionari russi in un momento molto delicato per l’amministrazione Trump e in particolare per il Dipartimento della Sicurezza nazionale, sotto pressione da parte dell’opinione pubblica per gli arresti di immigrati in tutto il Paese e le conseguenze del muslim ban.
L’ex generale ha ammesso di aver avuto contatti con funzionari russi, in particolare con l’ambasciatore Sergey Kislyak, con il quale ha discusso della possibilità di eliminare o diminuire le sanzioni contro Mosca. Come specificato dal Washington Post, il colloquio è avvenuto il 29 dicembre scorso, lo stesso in cui Obama le confermava e anzi le inaspriva per le presunte interferenze russe nel voto americano.
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Flynn ha così violato il cosiddetto Logan Act, una legge federale risalente al 1799, secondo cui è illegale per un privato cittadino, come allora era il generale, negoziare con funzionari di governo stranieri che abbiano contenziosi aperti con gli Stati Uniti. Non solo: l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale ha negato di aver parlato delle sanzioni per essere poi smentito da una fonte dell’amministrazione, secondo cui Flynn “non sarebbe completamente sicuro” di non averne discusso.
A ciò si aggiunge che Flynn non ne avrebbe parlato nemmeno con il vicepresidente Mike Pence che sulla vicenda si era esposto il mese scorso, in un’intervista, in cui aveva sostenuto che Flynn e Kislyak “non avevano parlato di nulla che avesse a che fare con la decisione degli Stati Uniti di espellere diplomatici o imporre censure contro la Russia”.
“Mi sono sinceramente scusato con il presidente e con il vice presidente, che hanno accettato le mie scuse”, afferma Flynn nella lettera, rivendicando come, “nei miei 33 anni di onorato servizio militare, e nella mia gestione come consigliere per la Sicurezza nazionale, ho sempre svolto il mio dovere con la massima integrità e onestà nei confronti di coloro i quali ho servito, incluso il presidente degli Stati Uniti”.
Il consigliere dimissionario si dice quindi “estremamente onorato di aver servito il presidente Trump che, in appena tre settimane, ha reindirizzato la politica estera americana in un modo fondamentale per ripristinare la leadership americana nel mondo”.
Le dimissioni di Flynn sono un brutto colpo per Trump che perde uno degli uomini chiave per la sua politica estera, fautore, con il tanto discusso Steve Bannon, del riavvicinamento alla Russia di Vladimir Putin.
Secondo il Washington Post, ci sarebbero almeno tre candidati alla sua successione. Oltre al generale Kellogg, nominato ad interim, si fanno i nomi di Petraeus e del vice ammiraglio Robert Harward, ex vice comandante del Comando Centrale degli Stati Uniti.
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