L’era Donald Trump inizia con lo scontro col Messico e l’incontro con la Gran Bretagna della Brexit. Se mai ci fossero stati dubbi su come saranno gli Stati Uniti del 45° Presidente, i primi passi in politica estera li hanno cancellati anche ai più scettici. La tensione con il paese confinante è alle stelle, come mai negli ultimi decenni: il magnate ha firmato l’ordine esecutivo per il famoso muro, l’omologo messicano Enrico Peña Nieto ha risposto picche e ha annullato l’incontro previsto a Washington dopo un tweet al veleno di Trump. Per tutta risposta, Sean Spicer, ha ventilato l’ipotesi di dazi del 20% sui prodotti messicani per pagare il muro, scatenando sgomento negli States e nel paese vicino. Per un’alleanza a rischio, un’altra viene rinsaldata. Theresa May arriva nel States, primo capo di Stato in visita ufficiale, per cementificare i rapporti tra i due paesi con due parole d’ordine: chiusura dei confini e protezionismo.
Le due vicende possono sembrare separate, invece sono le due facce della stessa medaglia, ossia della politica di Trump presidente.
Tensione col Messico
La tensione col Messico è salita ai massimi livelli fin dalle prime dichiarazioni della campagna elettorale, durante la quale Trump aveva già incontrato Peña Nieto per discutere del muro. Come abbiamo visto, la barriera al confine non è una novità dell’era Trump, ma con lui è diventata il simbolo del nuovo protezionismo a stelle e strisce.
Per realizzarlo però non bastano i proclami o gli ordini esecutivi: ci vogliono soldi, tanti soldi. Le prime stime che filtrano dalla Casa Bianca parlano di 20 miliardi di dollari, cifra che il Congresso, ha assicurato lo speaker della Camera Paul Ryan, è pronto a sbloccare con una legge (si oscilla tra i 15 e i 20 miliardi). Il primo problema è che questi fondi potrebbero non bastare per il progetto grandioso che ha in mente Trump. Il secondo è che Washington insiste nel voler far pagare al Messico il muro: da qui le tensioni.
Come risolvere la situazione? Mettendo dazi del 20% sui prodotto importati dal Messico. L’idea è stata svelata da Spicer, portavoce di Trump, che l’ha lanciata dopo il no di Peña Nieto all’incontro come una sorta di ritorsione. Davanti alla platea dei giornalisti, ha snocciolato le cifre: contando che il valore dell’export messicano è stato di 316 miliardi di dollari nel 2015, i nuovi dazi potrebbero valere 10 miliardi l’anno, da destinare al muro.
Le reazioni sono state tali da costringere Spicer a fare un passo indietro, definendo la sua “solo un’idea”. Ci ha pensato Reince Priebus, capo dello staff alla Casa Bianca, a mettere il carico da 90, dichiarando che “l’amministrazione sta valutando la proposta”.
L’allenza con il Regno Unito della Brexit
L’incontro con Theresa May è l’altra faccia della medaglia della politica di Trump. La premier britannica è arrivata negli States, prima a incontrare il neo presidente in una visita ufficiale. In attesa dell’incontro, la May ha parlato davanti ai parlamentari repubblicani a Philadelphia. “A volte, gli opposti si attraggono“, ha dichiarato, a sottolineare le tante differenze che intercorrono tra i due Paesi, ma confermando la necessità di una “nuova relazione”, diversa rispetto al passato.
“Insieme guideremo il mondo libero“, assicura, prima di lanciarsi in una serie di distinguo importanti. Il primo è dedicato a Vladimir Putin, di cui Trump è un estimatore e che dovrebbe chiamare a breve per la prima telefonata ufficiale, ma che non piace alla May, tanto da dire a Washington di “fare attenzione” perché potrebbe essere pericoloso.
Il secondo riguarda le dichiarazioni sulla tortura che, secondo Trump, “funziona” e che potrebbe minare le relazioni tra gli 007, anche perché May l’ha definita “inaccettabile”.
WATERBOARDING, LA TORTURA CHE PIACE A DONALD TRUMP
Al centro di tutto c’è però il tema del commercio. La May si trova a gestire il processo della Brexit e aprire un dialogo privilegiato con gli States potrebbe essere la soluzione migliore per la Gran Bretagna, pronta a lasciare anche il mercato europeo. “È nel nostro interesse – quelli di Gran Bretagna e America insieme – di stare forte insieme per difendere i nostri valori, i nostri interessi e le stesse idee in cui crediamo”, ha confermato la May. Il riferimento è all’alleanza che i due Paesi strinsero sotto la guida di Tony Blair e George W. Bush: “I giorni in cui Gran Bretagna e Stati Uniti intervenivano in nazioni straniere nel tentativo di costruire un mondo a nostra immagine e somiglianza sono finiti”, ha specificato. Per May sarà importante instaurare un dialogo proficuo con il nuovo presidente per non lasciare spazio al nazionalismo e guidare la transizione fuori dall’Europa nel miglior modo possibile.
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