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Sono passati 10 anni dal 26 dicembre 2004, da quando lo tsunami colpì il Sud-Est asiatico lasciando dietro di sé una scia di morte e distruzione. Una delle più gravi catastrofi naturali che ha causato oltre 230mila morti, devastando le coste dell’Indonesia, della Thailandia, dello Sri Lanka, della Birmania, del Bangladesh, delle Maldive, arrivando a colpire le zone costiere della Somalia e del Kenya. Tutto successe in una mattina che sembrava come le altre: un violento terremoto, il più forte mai registrato dopo quello del Cile nel 1960, di magnitudo 9.3, colpisce l’Oceano Indiano, al largo delle coste di Sumatra. La scossa scatena lo tsunami, enormi onde anomale che si abbattono sulle coste: il numero delle vittime è enorme, una tragedia immane. Oltre 230mila, tra residenti e i tanti turisti da tutto il mondo che erano in vacanza, interi villaggi cancellati: il mondo assiste attonito alla devastazione, a cui si aggiunge anche il mancato avvertimento delle onde anomale. Dieci anni dopo, il Sud-Est asiatico si ferma per piangere le sue vittime e per non dimenticare quel tragico 26 dicembre 2004.
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