[didascalia fornitore=”foto”]mappa tratta dal sito dell’Associazione italiana dei registri tumori[/didascalia]
Per ciò che riguarda il tasso di sopravvivenza ai tumori, l’Italia viaggia a due velocità. Al Nord-Est abbiamo una media di sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi di cancro, mentre il sud è fanalino di coda. Il Sud Italia presenta livelli inferiori di adesione a tutti i programmi di screening oncologico e minori tassi di sopravvivenza, mentre al Nord la situazione è opposta. Sul fronte dell’accesso alle terapie più efficaci, emerge per il nostro Paese un problema di tempi di accesso all’innovazione, aggravato da un’elevata difformità regionale con conseguenze importanti sull’equità di trattamento per i pazienti. Se ne è parlato alla pubblicazione del Rapporto Airtum 2017 (Associazione italiana dei registri tumori), dal ‘capitolo oncologia’ del XII Rapporto Meridiano Sanità di The European House-Ambrosetti, presentato nelle scorse settimane.
Secondo i dati, nel 2005-2009 la sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi per tutti i tumori esclusi i carcinomi della cute è pari al 54% negli uomini e al 63% nelle donne, in significativo aumento rispetto ai tumori diagnosticati nei quinquenni precedenti. Il tasso di sopravvivenza non risulta però omogeneo sul territorio nazionale: sia per gli uomini che per le donne, la sopravvivenza risulta massima nel Nord Est del Paese e minima al Sud. Tra le due macro-aree vi è un divario di 3 punti percentuali nelle donne e di 2,3 punti percentuali negli uomini.
Se invece analizziamo il confronto internazionale, per tutti i tumori i dati di sopravvivenza italiani sono superiori o in linea con i dati europei e per alcune sedi tumorali, quali ad esempio laringe, stomaco, fegato, colecisti, pancreas, colon, polmone, prostata, rene e vescica, sono anche superiori rispetto ai tassi registrati nei Paesi scandinavi. Il miglioramento nei tassi di sopravvivenza deriva principalmente da due aspetti: la fase nella quale viene diagnosticata la malattia e l’efficacia delle terapie intraprese.
Purtroppo il miglioramento dei tassi di sopravvivenza non riguarda tutti i tumori. Un esempio è il carcinoma mammario metastatico per il quale la sopravvivenza media è di circa 2-3 anni mentre la sopravvivenza a 5 anni è di circa il 25%. Si legge nel report che “le donne colpite da questo tumore in Italia sono circa 30.000, il 20-30% di tutti i casi di tumore al seno”, ma il sistema sanitario “non appare ancora pronto a gestire queste pazienti che fino a qualche anno fa non avevano alcuna speranza di vita”. Da un punto di vista clinico, manca ad esempio un Pdta condiviso e uniforme che favorisca una più efficace e corretta gestione. Da un punto di vista sociale, queste pazienti incontrano notevoli problematicità nel tornare alla vita di tutti i giorni, compresa l’attività lavorativa. Anche perché questo tipo di tumore va continuamente monitorato e gestito.
Inoltre i malati devono fare anche i conti con la discriminazione sui luoghi di lavoro: “capita che le pazienti continuano a essere discriminate in virtù della malattia, dall’assenza dal lavoro o da più bassi livelli di produttività. Quindi – conclude il report – è necessario lavorare per favorire un corretto reinserimento lavorativo di queste pazienti e garantire migliori condizioni sul luogo di lavoro: questo perché risulta necessario per queste donne essere considerate attive. La vera sfida del nostro sistema sanitario nei prossimi anni è di riuscire a offrire a queste pazienti, ma in generale a tutti i pazienti, un approccio multidisciplinare integrato che possa rispondere alle esigenze della persona nella sua interezza”.
In collaborazione con AdnKronos
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