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Gli scienziati del Garvan Institute of Medical Research (Australia) in collaborazione con il Brigham and Women’s Hospital, il Dana-Farber Cancer Institute, l’Harvard University e il Massachusetts Institute of Technology (Usa) stanno lavorando su una ricerca molto interessante che promette la nascita di nuove cure mirate nella lotta al tumore del seno. In pratica i ricercatori hanno scoperto che il tumore originario ha la capacità di ‘comunicare’ con le cellule metastatiche, bloccandone la crescita in altri siti corporei. Si tratta di una notizia salutata con entusiasmo dagli addetti ai lavori, che ora proseguiranno gli studi per confermare alcuni meccanismi e provare a portare l’innovativa scoperta in clinica, per la cura effettiva delle neoplasie mammarie.
Studiando su modelli animali i ricercatori hanno scoperto che i tumori sono in grado di bloccare la crescita delle loro stesse metastasi in altri siti del corpo diversi da quelli colpiti dal tumore originario. Ma ci sono evidenze del fatto che lo stesso meccanismo avviene anche nelle pazienti con tumore mammario. Per questo gli esperti nutrono molte speranze e sono sicuri che presto si arriverà a trattare la malattia oncologica anche tenendo conto di tali fattori.
Christine Chaffer, che fa parte dello staff di ricercatori dello studio pubblicato su Nature Cell Biology, spiega come funziona il processo che coinvolge le cellule immunitarie che scovano nell’organismo le cellule neoplastiche deputate allo sviluppo delle metastasi per poi bloccarle: “Queste cellule, prima di originare un nuovo tumore, sono particolarmente vulnerabili poiché si trovano in uno stato intermedio e dunque la loro identità non è molto solida”, quindi se fermate in questo stadio di sviluppo “la loro abilità a formare un nuovo tumore è seriamente compromessa”, sottolinea un’altra ricercatrice, Sandra Mc Allister.
“Lo studio – commenta all’Ansa Giuseppe Curigliano, docente di oncologia medica all’Università di Milano e direttore della Divisione Nuovi Farmaci dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) – ci dà preziose indicazioni anche per le sperimentazioni in corso di nuovi farmaci anticancro, come gli inibitori del recettore per l’interleuchina-1 (coinvolto nel processo di blocco delle metastasi, ndr): alla luce di questi nuovi risultati, è infatti possibile ipotizzare che il loro utilizzo combinato con la chemioterapia si riveli un pericoloso boomerang, perché se da un lato riesce a ridurre il volume del tumore primario, dall’altro rischia di facilitare lo sviluppo di metastasi a distanza”.
Ci sono ancora delle ricerche da fare per capirne di più e sviluppare delle terapie nuove ed efficaci: ”Vogliamo capire esattamente cosa rilascia il tumore per attivare la risposta immunitaria e come le cellule immunitarie si rivolgono ai siti secondari. Tutti questi passaggi rappresentano delle opportunità terapeutiche”, sottolinea Chaffer: ”Con un tumore primario c’è un numero imprecisato di cellule che migreranno nell’organismo ma non tutte daranno vita a tumori, secondo alcune stime meno dello 0,02%. Pertanto c’è una reale opportunità di portare questo numero a zero”, conclude la ricercatrice.
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