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Un tunisino 37enne è stato rinviato a giudizio dopo la chiusura delle indagini preliminari a suo carico. Le accuse di cui dovrà rispondere sono diverse e gravi: stupro, maltrattamenti in famiglia e violenza. Le violenze sarebbero iniziate nel 2011, quando la donna era incinta della prima figlia – alcune sono anche certificate da referti medici del pronto soccorso – e sarebbero proseguite fino allo scorso marzo. Ben sette anni di maltrattamenti alla fine dei quali la donna, esasperata, ha trovato il coraggio di ribellarsi.
”Voglio un figlio maschio dopo due femmine”
Il tunisino di 37 anni si sarebbe giustificato dello stupro commesso sulla moglie dicendo di volere, ossia di ‘pretendere’ di avere un figlio maschio dopo due femmine.
La moglie dell’uomo, un’italiana di Vicenza, ha vissuto per sette anni in balia di A.B., di origine tunisina, con cui ha avuto due figlie, che ora hanno 6 e 3 anni.
La donna vicentina veniva quotidianamente maltrattata, insultata anche per piccole sciocchezze, era in pratica schiavizzata, veniva persino picchiata anche davanti alle bambine.
Il marito le veniva impedito di vestire come voleva, le imponeva cioè di indossare abiti che sceglieva lui. In pratica la donna non aveva il permesso di uscire di casa né di vedere gente. E questo significa anche che non lavorava e quindi era completamente dipendente dal marito violento che l’aveva soggiogata.
Tutto questo è continuato per anni, fino allo scorso settembre, quando finalmente la donna – esasperata e ormai pronta a tutto – decide di chiudere quel rapporto e finire il matrimonio, chiedendo la separazione.
A quella notizia l’uomo è diventato più violento, l’ha aggredita più volte stuprandola, ossia obbligandola a rapporti sessuali che non voleva. Il tutto con la scusa di volere l’arrivo di un figlio maschio dalla donna.
Nel corso delle indagini prelimiari la donna avrebbe detto di avere sopportato i soprusi perché non aveva la possibilità di uscire di casa e mantenersi da sola.
Il tunisino che è stato rinviato a giudizio ha negato ogni accusa a suo carico, ma il processo ora andrà avanti e l’ultima parola spetterà ai giudici del tribunale.