Qualcuno di voi già saprà cos’è la sindrome del tunnel carpale e cosa la provoca. Oggi vedremo con Stefano Jann, direttore dell’Uoc di Neurologia dell’Ospedale di Fidenza, come fare per trattare efficacemente la sindrome del tunnel carpale che, lo ricordiamo: “E un intrappolamento del nervo mediano nel canale del carpo, che si trova a livello del polso, composto da una parte ossea fatta dalle ossa del carpo e un tetto fatto da un legamento fibroso”. Le sensazioni tipiche di questa neuropatia periferica assai frequente sono formicolio, senso di intorpidimento, dolore alla mano e alle dita. La sindrome del tunnel carpale può rappresentare una minaccia per le persone che hanno tra i 45 e i 60 anni, con un’incidenza annua di circa 300 casi ogni 100 mila abitanti.
Il neurologo ci illustra anche le categorie più a rischio, tra le quali “figurano i lavoratori del pesce, forse per gli sforzi nel sollevare le cassette o le temperature in cui lavorano. Poi troviamo tutti quelli che fanno dei lavori usuranti per le mani, e soprattutto che utilizzano strumentazione vibrante. Esistono poi altre situazioni non patologiche, come ad esempio la gravidanza: nelle donne incinte è decisamente più frequente la sindrome del tunnel carpale. Un’altra causa è l’ipotiroidismo: curandolo la situazione tende a risolversi nel tempo”.
L’esperto ci spiega cosa determina l’intrappolamento del nervo: “Problematiche legate al tunnel stesso, quindi forme traumatiche, artrosiche e l’invecchiamento del canale del legamento trasverso del carpo oppure per problematiche intrinseche al nervo, legate quindi a sofferenza dello stesso, in alcuni casi anche a tumore. Comunque tutte quelle situazioni che determinano un allargamento del nervo”.
Nel trattamento della sindrome del tunnel carpale “una riduzione di quelli che sono i fattori di rischio è fondamentale – sottolinea lo specialista – ovvero cercare di evitare quelle manovre, quelle usure da attività che predispongono alla patologia. Laddove questo non si riesca a fare – ricorda – esistono delle terapie di tipo conservativo e di tipo chirurgico. Quelle di tipo conservativo sono soprattutto farmaci che hanno un effetto anti-infiammatorio, ma anche tecniche di tipo fisiatrico. Per i casi più severi, più gravi o comunque che non riescono ad avere un miglioramento, una reversibilità, si ricorre alla tecnica chirurgica, aprendo questo canale del carpo dall’alto”.
Ma l’intervento chirurgico non è sempre necessario, esistono altre strategie di trattamento: “Dobbiamo distinguere tra forme di tipo lieve e forme di tipo grave – puntualizza il neurologo – Se uno soffre di una forma di tunnel carpale severa purtroppo non esiste alcuna possibilità se non quella chirurgica, che deve essere fatta in tempi relativamente brevi, perché se il nervo muore del tutto anche l’intervento rischia poi di non riuscire a sortire nessun risultato”.
“Nelle forme di tipo lieve o moderato – prosegue Stefano Jann – dove la sintomatologia è iniziale, incostante e non coinvolge problematiche motorie ma soprattutto sensitive, un trattamento conservativo oggi è possibile. Esiste uno studio che è appena stato terminato e che ha dato risultati estremamente soddisfacenti, forse al di là di quelle che erano le aspettative. Lo studio consente di poter dire che, in forme di tipo lieve moderato, l’utilizzo della levo-acetilcarnitina ha apportato miglioramenti clinici per quanto riguarda la sintomatologia del paziente, con riduzione del dolore, delle parestesie, dell’insensibilità alle dita. Ma soprattutto ha determinato anche un miglioramento della funzionalità del nervo, misurata con tecniche di tipo neurofisiologico. Questo francamente lo speravamo, ma non ce lo aspettavamo. Si tratta di un dato estremamente significativo”, conclude il neurologo.
In collaborazione con AdnKronos
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