In Turchia i raid aerei contro i curdi del PKK si intensificano: dopo il fallito golpe il presidente Erdogan ha le mani libere. Completata l’epurazione di tutti i possibili oppositori in settori chiave come esercito, forze di polizia, magistratura, università e pubblica amministrazione, ora è giunto il momento di chiudere i conti con i nemici di sempre, i ribelli separatisti curdi del PKK, sigla del Partito dei lavoratori Curdi considerato organizzazione terrorista da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea.
Secondo fonti ufficiali dell’esercito turco, nel sudest del paese 13 combattenti del Pkk sarebbero rimasti uccisi nel corso di alcuni raid aerei lanciati dagli F-16 dell’aeronautica turca. I bombardamenti hanno riguardato obiettivi strategici nella provincia di Siirt, individuati grazie all’impiego di droni.
Le offensive contro i curdi sono riprese la scorsa estate, dopo una tregua durata due anni e mezzo. Nei bombardamenti sono morti migliaia di combattenti e centinaia di civili, fra cui bambini e donne.
I curdi sono bersaglio del governo turco perché chiedono da anni l’indipendenza da Ankara. La minoranza curda che abita il sud est della Turchia è schiacciata fra la repressione del governo centrale e le frequenti incursioni dei miliziani dell’Isis che provengono dalla Siria. Contro di essi Ankara ha più volte mostrato una linea morbida, proprio per il fatto che il loro bersaglio sono i curdi.
La guerra fra il PKK e la Turchia ha visto al momento oltre 40mila morti.
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