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Turismo e salvaguardia ambientale possono andare d’accordo? L’interrogativo si pone sempre più spesso di fronte al moltiplicarsi di casi mediatici che riguardano paradisi naturali minacciati dal turismo di massa: in Italia non se ne parla abbastanza, a meno che non si tratti di bellezze del nostro territorio, ma di esempi nel mondo ce ne sono purtroppo a bizzeffe. L’ultimo è quello che riguarda la spiaggia di Akumal in Messico, come testimonia anche il video che potete vedere qui sopra, ma l’elenco è piuttosto lungo, e noi proviamo a raccontarvi alcuni dei casi più emblematici in maniera più approfondita.
Quanto sta succedendo in questa spiaggia messicana è sintomatico del cieco egoismo dell’uomo: la spiaggia di Akumal, che è stata libera per decenni, potrebbe ora essere privatizzata per volontà di un centro di ricerca scientifica, suscitando le proteste di chi vorrebbe che questa zona turistica rimanesse gratuita e non con un accesso a pagamento, come si profilerebbe in caso di vendita a privati. Ma in questa guerra tra turisti e scienziati ci si dimentica che Akumal è un celebre paradiso per tartarughe, che vengono qui a deporre le loro uova, e che nell’immediato futuro rischiano di perdere un luogo fondamentale per il loro ciclo biologico. Ma agli interessi di questi animali nessuno pare preoccuparsi più di tanto. Un copione già visto mille volte.
La distruzione delle mangrovie
In Centro e Sud America la convivenza tra turismo e tutela ambientale si sta facendo ogni anno sempre più difficile: in Messico ad esempio la popolazione locale sta assistendo alla sistematica distruzione delle mangrovie nella zona dello Yucatan, per fare spazio ad alberghi e resort di lusso per turisti facoltosi, in gran parte stranieri. Ufficialmente la normativa nazionale impedisce dal 2010 la deforestazione delle mangrovie, ma gli escamotage per aggirare la legge non mancano, come dimostra il caso esploso nel gennaio 2016 di ‘Malecón Tajamar’ a Cancun, che è stato temporaneamente bloccato solo grazie alle iniziative legali della popolazione, che sono ricorsi d’urgenza davanti ai giudici. Per un progetto bloccato ce ne sono stati tanti altri che purtroppo sono andati in porto, come nell’isola di Holbox, provocando la distruzione di centinaia di acri di foresta, irrimediabilmente perduta.
Paradisi marini in pericolo
Da molti anni l’Unesco compila la List of World Heritage in Danger, un elenco con tutti i patrimoni dell’umanità considerati in pericolo a causa dell’azione dell’uomo: tra essi figurano, oltre ad antiche rovine come Macchu Picchu o Pompei, consumati dall’incessante andirivieni di milioni di turisti, tantissime bellezze naturali. Scopriamo che ad essere molto fragili sono ad esempio paradisi marini come la Grande Barriera Corallina, una delle principali attrazioni dell’Oceania, che è costantemente minacciata come le biodiversità che ospita: non bastassero l’abuso di pesticidi e i cambiamenti climatici, ci si mette anche il turismo di massa a mettere a dura prova la sopravvivenza di questa meraviglia della natura.
Sono davvero tanti i paradisi naturali che soffrono le conseguenze del turismo: nelle isole Galapagos ad esempio ciò si traduce in una costante scarsità d’acqua, che unita all’introduzione di specie invasive e alla pesca di frodo hanno messo in ginocchio le biodiversità locali, come a rischio è l’ecosistema di Bali, provato dal milione e mezzo di turisti che ogni anno si recano in questa isola indonesiana.
Un caso italiano: l’isola di Budelli
Un caso tutto italiano è quello dell’isola di Budelli, nel nord della Sardegna, diventata celebre grazie anche a un film di Michelangelo Antonioni, che immortalò la spiaggia rosa che incanta ancora oggi ad un semplice sguardo. Dopo che per anni i turisti ne hanno raccolto i granelli come souvenir, lo Stato ha acquistato la spiaggia per farne un oasi protetta, ma l’annuncio della vendita dell’isola ha messo in allarme l’opinione pubblica, per il rischio che i potenziali acquirenti potessero deturpare per sempre un tale, incantevole luogo. Un magnate neozelandese l’aveva acquistata, ma ha poi rinunciato, dopo che il suo piano iniziale, un progetto di ricerca scientifica attento alla salvaguardia ecologica, si è rivelata un’esca che nascondeva un piano di ristrutturazioni, costruzioni di pontili e ormeggi, suscitando l’immediata reazione degli ambientalisti: alla fine il magnate ha rinunciato, poiché i vincoli ambientali e paesaggistici fortunatamente hanno fatto da argine insormontabile. In attesa che il tribunale batta una nuova asta, sono scesi in campo degli studenti che hanno lanciato un’operazione di crowfunding che sta raccogliendo adesioni entusiaste anche fuori dai confini italiani, allo scopo di salvarla per sempre dagli interessi degli speculatori.
Nel cuore del continente nero: il caso Africa
Un discorso a parte meriterebbe l’Africa, poiché la mano dannosa dell’uomo nel cosiddetto continente nero continua a fare danni incalcolabili. Un esempio è Masai Mara, immensa riserva faunistica situata in Kenya e confinante con il celebre Parco del Serengeti in Tanzania, col quale forma un solo ecosistema, purtroppo minacciato costantemente dalla presenza dei turisti occidentali. Oltre a cacciatori di frodo che uccidono animali protetti e in via di estinzione, che suscitano fortunatamente il biasimo dell’opinione pubblica internazionale, in queste aree ci sono abusi meno evidenti ma ugualmente dannosi come le molte strutture ricettive per ospitare turisti in questi parchi, disturbando le normali attività degli animali.
Nel Serengeti vi è anche il cratere vulcanico di Ngorongoro, la più grande caldera intatta del mondo, ricca di flora e fauna: ma sul bordo del cratere troviamo anche qui numerose strutture ricettive extra-lusso per turisti in cerca di emozioni forti attraverso safari diurni, mentre la sera si godono il relax negli alberghi e i lodge dotati di tutti i comfort. In fondo a Ngorongoro è andata anche bene, se pensiamo invece che, giusto per restare in tema di montagne, l’Everest in Asia è pieno di spazzatura: il turismo di massa è arrivato anche in luoghi che un tempo erano considerati inaccessibili.
Il comportamento maleducato dei turisti
Abbiamo riportato qui solo alcuni dei numerosi casi di turismo di massa che mette in pericolo la tutela dell’ambiente: vogliamo concludere questa nostra disamina puntando il dito contro il comportamento maleducato dei turisti, che sono una delle ragioni principali del degrado naturale in cui versano molti luoghi spettacolari del mondo. Se in alcuni casi la questione è legata unicamente al forte afflusso, che può essere risolto attraverso delle limitazioni di ingresso, è più difficile contrastare l’ineducazione se non appellandosi alla responsabilità del singolo. Ma è davvero necessario ricordare che gettare rifiuti in terra o in mare, lasciare ‘graffiti’ come segno del proprio passaggio, portare via pezzi di un luogo come souvenir, siano comportamenti da non tenere? Purtroppo, come dimostra il triste caso del delfino morto perché i turisti di una spiaggia hanno preferito farsi i selfie con l’animale, invece di rimetterlo in acqua e aiutarlo a ritrovare il mare aperto, al peggio dell’uomo non c’è mai limite, ed anzi il progresso tecnologico per contrappasso sembra renderci sempre più barbari.
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