Pnrr, il 20 maggio scorso è stato presentato il Repower con fondi di 2,7 miliardi di euro totali.
Adesso si aspettano tutte le altre tappe già fissate nel calendario, da rispettare per non rimanere fuori dalla misura.
La prima rata ammonta a 19 miliardi di euro ed è condizionata da 55 scadenze, una dietro l’altra. La terza ha ottenuto il 60% delle risorse a disposizione.
Intanto in questi giorni proseguono i lavori a Palazzo Chigi. Nella giornata di domani ci sarà l’incontro del ministro Fitto con tutti i governatori della Regione, qui si prenderanno delle decisioni importanti in merito al Pnrr e non solo.
Poi ci sarà la discussione della terza relazione semestrale del governo che sarà trasmessa poi alle camere. La scadenza prevista per la quarta rata del pnrr è il 30 giugno, bisogna raggiungere 27 scadenze totale. Tra queste troviamo 20 traguardi e 7 obiettivi, per un totale di 16 miliardi di euro.
Le tempistiche delle rate sono legate al governo e quindi sono variabili. Peraltro, molto probabilmente per l’Italia dovrà essere rivisto tutto e dovrà essere attivata anche la modifica del piano.
Il 31 agosto 2023 è previsto il termine per la presentazione delle modifiche del Repower al pnrr. Poi le altre rate saranno una dietra l’altra. Eccole a seguire tutte quante.
La quinta rata è da versare entro il 31 dicembre per un totale di 18 miliardi di euro, la sesta entro il 30 giugno 2024, per un totale di 11 miliardi, la settima entro il 31 dicembre, per un totale di 18 miliardi di euro.
A seguire l’ottava entro il 30 giugno 2025, da 11 miliardi, la nona entro il 31 dicembre 2025 da 13 miliardi. La decima da 18,1 è segnata per il 30 giugno 2026, che poi sarebbe anche l’ultima per la scadenza del PNRR italiano.
Alcuni progetti in Italia sembrano essere esposti al rischio di tagli. Si parla per esempio delle misure per la gestione del rischio di alluvione o per la riduzione del rischio idrogeologico per un totale di ben 1,2 miliardi di euro.
In teoria, gli appalti andrebbero aggiudicati entro la fine del 2023, ma stando alla ricognizione del governo, c’è il rischio che l’Italia sia costretta a rinunciare. Vale la stessa cosa per quanto riguarda gli investimenti da 600 milioni per gli impianti fognari e di depurazione, di competenza del ministero dell’Ambiente guidato da Gilberto Pichetto Fratin.
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