Manca solo una giornata alla fine della stagione 2022/2023 della nostra amatissima Serie A e, al netto di quello che potrebbe ancora succedere per la giustizia sportiva, quasi tutti i verdetti sono stati scritti: il Napoli ha vinto lo scudetto, la Lazio, l’Inter e il Milan (si deve capire solo in quale ordine) andranno in Champions League assieme alla squadra di Luciano Spalletti, che poi lascerà la guida dei partenopei per prendersi un anno sabbatico, la Cremonese e la Sampdoria torneranno in Serie B. Di incognite, in effetti, ce ne sono parecchie. Una è la Roma, al momento qualificata per l’Europa League, ma che se dovesse riuscire a portarla casa andrebbe di diritto e con (molto) merito ai gironi della coppa dalle grandi orecchie, l’altra è rappresentata dalle due squadre che ancora lottano per non retrocedere, ovvero lo Spezia e il Verona, e poi c’è la Juventus. Ecco, sui bianconeri di Massimiliano Allegri c’è sicuramente da fare un discorso a parte.
Al di là, infatti, di quello che succederà una volta che la Corte d’appello federale presenterà le motivazioni che hanno portato solo lunedì scorso alla penalizzazione di dieci punti in classifica – la Juventus potrebbe e dovrebbe appellarsi ancora al Collegio di garanzia del Coni che, in realtà, potrebbe anche confermare la scelta della corte della Figc -, o di quello che decideranno dalla procura federale sugli altri filoni di inchiesta che riguardano la Vecchia Signora, così come la Uefa, che dovrebbe eliminarla dalle coppe a prescindere dal posizionamento in campionato, la squadra del tecnico livornese ha dimostrato di non essere all’altezza molto spesso. E sempre molto spesso, anche i tifosi non si sono comportati come si doveva, non lo hanno fatto con Romelu Lukaku, fischiato perché di colore, e non lo hanno fatto neanche nei confronti di Angel Di Maria, visto contro il Milan, ieri, come il capro espiatorio di un sistema in cui non deve essere certo il campione del mondo a pagare il conto maggiore.
Se poco prima di scendere in campo contro l’Empoli, la settimana scorsa, la Juventus è stata privata di dieci punti fondamentali per salvare una stagione che, per il secondo anno di fila, la vedrà a quota zero tituli, per dirla alla José Mourinho per altro, come sappiamo, non è detto che potrebbero bastare per tutti i filoni d’inchiesta per cui, anche e soprattutto grazie al lavoro della procura di Torino, è chiamata a dover rispondere davanti alla giustizia sportiva.
Il 15 giugno, infatti, a meno di un patteggiamento che dovrebbe accontentare entrambi le parti e che potrebbe arrivare solo nel caso in cui il club bianconero si arrendesse al fatto che quella penalizzazione inflitta dalla Corte d’appello federale in diversa composizione è quella corretta per quello che ha fatto per il caso plusvalenze, il prezzo da pagare potrebbe essere molto più alto.
Secondo alcuni giornalisti, uno in particolare come Paolo Ziliani – che si è preso la briga di leggere la mole di pagine tra intercettazioni e documenti che hanno prodotto nell’inchiesta Prisma del capoluogo piemontese -, la squadra di Massimiliano Allegri rischierebbe la Serie B. Se, infatti, per aver alterato il costo del cartellino di alcuni calciatori sono dovuti scendere dalla seconda alla settima posizione, molto più pesante dovrebbe essere la scure che potrebbe abbattersi sulle loro teste per la manovra stipendi, per gli accordi con gli agenti e anche per i rapporti di partnership con altri club (di cui risponderanno anche loro non appena i lavori delle rispettive procure di appartenenza saranno conclusi).
Ciò che è certo è che quei 59 punti, che si leggono ora nella classifica del nostro massimo campionato riferiti alla Juventus, saranno meno nel momento in cui tutto sarà finito, tanto da non permetterle neanche di arrivare in Conference League, che invece diventerebbe fattibile per chi insegue, ovvero il Torino, la Fiorentina e anche il Monza e il Bologna in base a come andrà l’ultima giornata – i granata saranno impegnati contro l’Inter, che è già sicura di un posto d’onore in Champions League e avrà la testa alla finale di Istanbul del 10 giugno, i Viola di Vincenzo Italiano se la vedranno contro il Sassuolo e tre giorni prima di un’altra finale, che potrebbe regalare loro l’Europa League, i brianzoli saluteranno il campionato contro l’Atalanta che invece deve confermare il quinto posto e, infine, gli uomini di Thiago Motta faranno visita al Lecce già salvo.
Quella Conference League come obiettivo minimo, perché nei fatti sarebbe ancora possibile arrivare anche più in alto, specie perché la distanza con il quinto posto è di appena due lunghezze e con il sesto è addirittura solo una, dicevamo, che potrebbe non arrivare perché potrebbe essere la Uefa, prima del 30 giugno, quando di fatto si chiude definitivamente il discorso con la stagione 2022/23, a punire i bianconeri estromettendoli dalle coppe sulla base di un fair play finanziario che non è stato rispettato.
Non solo, perché ad aggravare la posizione della squadra di Allegri per quanto riguarda i contenziosi con l’unione che amministra il calcio europeo c’è anche quell’idea di Superlega che il club, assieme a Real Madrid e Barcellona, non ha mai abbandonato e che tanto aveva fatto infuriare (e in effetti neanche ora è troppo tranquillo) il presidente Aleksander Ceferin. La scia di eventi giudiziari, insomma, ha resto la stagione della squadra sotto il profilo sportivo praticamente ingiocabile.
Non è affatto semplice affrontare un’annata con tanti impegni con quindici punti in meno a carico sulle spalle e poi con la speranza che presto si potesse tornare ad avere nuovamente le lunghezze in classifica che gli organi competenti avevano comminato. Poi un meno dieci pesantissimo per le ambizioni della squadra e che stavolta sembra davvero definitivo, a meno di ribaltoni dell’ultimo momento e con margini veramente risicati. Però, non può essere una scusante, una giustificazione o un alibi, non per la squadra che ai nastri di partenza doveva cercare quantomeno di lottare per lo scudetto e, invece, già a novembre si trovava tagliata fuori dalla corsa per il primo posto e con una serie di risultati negativi fino a ottobre che lasciava presagire il peggio. E ben prima che l’intero CdA, compreso il presidente Andrea Agnelli rassegnasse le sue dimissioni, durante la pausa per il Mondiale in Qatar. L’effetto complessivo è quello di un gruppo che non ha mai raggiunto un’identità ben precisa, totale, quella che ti fa superare gli ostacoli e portare a casa i trofei. E questa no, non può essere colpa di giudici e tribunali.
Se si vuole analizzare del tutto la stagione della Juventus non si può che partire dalla scorsa estate, quella in cui tutte le società mettono in atto i programmi della primavera e cercano di allestire la squadra di conseguenza. I bianconeri, con una potenza economica superiore alle altre e di conseguenza anche un appeal tecnico non indifferente, avevano già scelto di proseguire con il tecnico livornese in panchina, ma anche di seguire una direzione ben precisa per la costruzione della squadra. Puntare su Paulo Dybala no, non è più stata un’opzione, un po’ per i tanti infortuni, un po’ perché le cifre del contratto richieste non erano affatto basse, ancora per la necessità di trovare nuove alternative nel reparto offensivo e le opportunità sembrano essere all’orizzonte.
Con il fallimento di molti centrocampisti che si erano affacciati a Torino con le stigmate dei predestinati, parliamo di gente come Arthur, McKennie e Kulusevski, una delle priorità della società è dare un nuovo volto alla manovra e, quindi, acquistare un calciatore in grado di interpretare quelle caratteristiche e anche di garantire una fase difensiva all’altezza dei principi di Allegri. Sono queste le motivazioni che portano a due dei più grossi investimenti estivi, quelli per Angel Di Maria e Paul Pogba che non sono di certo dei calciatori di primo pelo o con molti anni di carriera davanti, ma che sicuramente sanno come trattare il pallone e dare una svolta offensiva a tutta la squadra.
Non si tratta neppure di due operazioni semplici da portare a buon fine sul calciomercato, dato che gli ingaggi sono alti e la Juventus ha bisogno praticamente di tutto il mese di giugno e di buona parte di quello di luglio per portare a termine e ufficializzare entrambe le operazioni. Alla fine, però, la fumata bianca arriva e non è l’unica di un’estate in cui la società trova anche il modo di centrare un’operazione per il presente, ma anche per il futuro del club, quella per Gleison Bremer. Il costo del cartellino è alto, molto più alto delle cifre a cui il calciatore sarebbe dovuto passare all’Inter, ma alla fine la Juventus si trova costretto a pagarlo per bruciare la concorrenza e blindare la difesa con uno dei migliori prospetti nel ruolo, almeno in Serie A.
Il risultato è una sessione di calciomercato opulenta e che porta in dote anche Filip Kostic, ma che poi sul campo non rispetta le attese dell’estate. Intanto, perché il ritorno romantico di Pogba trova sulla sua strada ostacoli fisici importantissimi, un infortunio al ginocchio che apre immediatamente e già dalla tournée negli Stati Uniti un’altra telenovela, ma questa volta sul trattamento a cui il centrocampista deve sottoporsi. Per non perdere il Mondiale in Qatar, il calciatore insiste sulla terapia conservativa, facendo storcere il naso a molti tifosi, gli stessi che l’avevano accolto con i cori di festa, andando all’aeroporto e poi al centro sportivo bianconero, riabbracciando un campione che aveva lasciato solo ottimi ricordi alla Vecchia Signora e in chi la ama.
Il tutto si traduce in un’operazione tardiva e obbligata, in uno stop lunghissimo e in dei guai muscolari che non permetteranno mai davvero a Pogba di tornare davvero in campo e con continuità, se non a primavera e per brevi stralci, prima di dover tornare nuovamente ai box. La sua assenza, nonostante Adrien Rabiot invece faccia molto bene e trovi la sua versione migliore, si fa sentire non poco per la manovra della squadra che resta sempre nella sua versione abbottonata, con un baricentro basso che ormai Allegri usa come suo marchio di fabbrica, ma che spesso non riesce neppure a garantire clean sheet ai bianconeri.
Le cose precipitano già nella prima parte di stagione, dunque, almeno fino alla sconfitta contro il Monza che intanto era diventato di Raffaele Palladino. I tifosi in massa chiedono la testa di Allegri, lo stesso che nel 2021 non era comunque riuscito a fare bene sulla panchina dei torinesi, non quanto ci si aspettava e soprattutto con tanto da recriminare sul gioco della squadra. Proprio per questo, sono tanti i supporters a far spopolare (e non era la prima volta) l’hashtag Allegri out e senza troppi alibi per il tecnico ex Milan. Poi un po’ le cose cambiano, la difesa si registra e Wojciech Szczesny lascia la sua porta imbattuta per molti match consecutive, che diventano vittorie. Serve a far rifiatare il club dalle critiche ossessive, ma soprattutto a salvare la panchina del tecnico che comunque non era mai stato realmente messo in discussione dalla sua società. La maggior parte, però, sono vittorie sofferte, di corto muso, e che quindi non palesano grossi miglioramenti dal punto di vista del gioco, il più importante dei capi d’accusa che viene imputato all’allenatore.
Nel frattempo questo diventa un grosso problema anche per altri due dei calciatori più importanti in rosa: Angel Di Maria e Dusan Vlahovic. Il primo, nonostante le grosse aspettative che accompagnano il suo arrivo a Torino, non lega praticamente mai con il pubblico e in molti lo accusano di vedere la Juventus solo come una preparazione scomoda al Mondiale. In realtà, alla base ci sono anche gli infortuni che portano il Fideo a stop continui e ripartenze lente e anche questa volta motivi di natura tattica. Infatti, l’argentino è costretto spesso a operare molto lontano rispetto alla porta avversaria e lì no, non può proprio essere efficace. È un leitmotiv importante di tutta la stagione e che ha in comune con Vlahovic. Entrambi infatti saranno protagonisti di momenti di nervosismo evidenti e a favore di telecamera che denunciano una frustrazione chiara per la posizione in campo e i pochi palloni giocabili in posizione utile.
Il serbo, infatti, è spesso costretto a farsi vedere spalle alla porta e poche volte è veramente messo nella posizione di occupare gli ultimi trenta metri come succedeva alla Fiorentina, in cui Vincenzo Italiano gli aveva cucito addosso il vestito migliore possibile per esprimersi con traversoni continui dalle fasce laterali che gli permettevano di andare in gol con grande regolarità. Un puzzle già di per sé difficile da far combaciare si mette nel peggiore dei modi quando il centravanti è costretto a fermarsi e non per poco tempo a causa della pubalgia che, si sa, è uno dei più fastidiosi infortuni da combattere nel calcio e da cui in tempi brevi non si guarisce mai, o almeno non del tutto. L’unica cura per questi problemi sembra l’asse con Kostic, visto che tra connazionali ci si intende, ma soprattutto perché sembra l’unico in grado di offrire assist con grande regolarità alle punte.
La mazzata sulla stagione della Juventus non sono solo i punti di penalizzazione e le inchieste ancora in atto, ma anche l’eliminazione prematura dalla Champions League proprio nell’anno in cui, invece, tutte le italiane (Lazio a parte) sembrano poter andare avanti e fino alla fine. I bianconeri, invece, si arrendono al primo vero e proprio step complicato, quello contro il Benfica. E sembra una vera e propria sfida tra filosofie, in cui i portoghesi puntano sul gioco, sul ritmo, sull’intensità anche a costo di lasciare più spazi alle spalle della retroguardia. Perdere due volte su due contro i lusitani non può che essere una scure importante sul destino di Allegri e dei suoi ragazzi, soprattutto impone un cambio di marcia importante per cercare di sanare la situazione e il resto dell’anno.
Da gennaio in poi, quando riprendono i giochi, ci sono Europa League e Coppa Italia per tentare di risollevare la situazione. In entrambi i casi, anche se la Vecchia Signora riesce a superare diversi turni non troppo semplici, le cose vanno male. E anche in questo caso non può centrare la penalizzazione, la procura di Torino, la FIGC o il CONI. Nel primo caso, il Siviglia mostra maggiore cattiveria, più determinazione nel raggiungere l’obiettivo, anche più esperienza, che sembra paradossale se si guarda alle due rose. Forse quanto successo nel trofeo nazionale fa anche più male, perché a mandare a casa la Juventus sono i rivali storici dell’Inter e con un paio di errori da matita blu dei bianconeri, soprattutto quello dei cori razzisti verso Romelu Lukaku che riempiono di vergogna tutto il calcio italiano anche alla ribalta internazionale. Nel complesso, la Beneamata è sembrata avere un gioco molto più convincente, la capacità di lavorare meglio il pallone e anche di gestire i diversi momenti della partita meritando di conseguenza l’accesso alla finale, poi vinta contro la Fiorentina. E anche in questo caso le colpe ricadono su Allegri, sulla prestazione della stessa squadra che aveva battuto due volte su due i nerazzurri e sull’incapacità di mettere in condizione di fare bene i talenti migliori in rosa.
Dopo il ko di Siviglia e la penalizzazione di dieci punti inflitta dalla Corte federale d’Appello, le cose sono nuovamente precipitate con due sconfitte importanti e senza appello contro Empoli e Milan. La posizione dell’allenatore, però, non sembra comunque in forte discussione o verso l’esonero, nonostante una stagione che si concluderà senza zero titoli e senza l’Europa che conta di più. La motivazione non risiede tanto nella soddisfazione dell’ambiente e neppure nella volontà di continuare un progetto tecnico che in due anni ha portato veramente pochi frutti, piuttosto in un contratto, quello del tecnico livornese, ancora abbastanza lungo e molto oneroso. Probabilmente anche la migliore alternativa per una società dal destino incerto, visto che presto potrebbero arrivare nuovi provvedimenti giudiziari, come vi abbiamo detto in precedenza.
A far discutere ulteriormente, però, sono state anche le recenti dichiarazioni del tecnico livornese, prima dopo l’Empoli e poi contro i rossoneri. In seguito al duro ko contro i toscani, infatti, l’allenatore ha detto: “L’aspetto psicologico è fondamentale, un quarto d’ora prima della partita eravamo secondi, poi ci siamo ritrovati a 59 punti. Un conto è giocare una partita nella prima condizione, un conto è giocare con l’obbligo di vincere, ogni volta che buttiamo la testa fuori ci rischiacciano, non sono delle giustificazioni ma un po’ di attenuanti a questa squadra possono essere date”.
E non fa attendere neanche un giudizio complessivo su quello che sarà il futuro, per la Juventus e anche per la sua panchina: “Bisogna sapere dove si gioca, poi bisogna parlare con la società, bisogna accettare la realtà, se saremo fuori da tutto dobbiamo essere bravi a non perdere quanto di buono abbiamo fatto, l’importante è essere tutti allineati, abbandonare la Juve sarebbe da vigliacchi, sono molto arrabbiato e deluso, è stato tutto un rincorrere, una fatica enorme ma alla squadra non ho da rimproverare nulla. In questo momento gira tutto male, bisogna stare fermi e zitti, ma ribadisco che la Juve sul campo è seconda in classifica, poi si poteva fare meglio stasera ma questa sera era una situazione particolare”.
Il pensiero più interessante, e anche quello più forte, arriva però soprattutto sulle questioni giudiziarie: “È stato uno stillicidio, che finisca questa storia e ci dicano dove dobbiamo stare. E’ una mancanza di rispetto verso gente che lavora, bisogna decidere punto e basta. La sentenza era meglio se fosse stata definitiva due mesi fa almeno sapevamo di che morte morire”.
Parole forti, sì, ma non le uniche, visto che dopo lo 0-1 in favore del Milan sono arrivate delle sentenza ancora più importanti: “Per fortuna la stagione è finita: è stata molto dura, non la auguro a nessuno, e nonostante tutto siamo terzi. Le nostre energie nervose sono finite a Siviglia. La Juve ha una buona base, serve lucidità. Per noi stagione anomala, sul campo abbiamo fatto 69 punti e disputato le semifinali di coppa Italia ed Europa League. Altre squadre sono andate in Champions perché a noi hanno tolto punti”. Allegri si è eretto ancora una volta a protezione del lavoro della squadra e dei suoi ragazzi: “Dopo la gara ho ringraziato i ragazzi, hanno fatto una stagione importante che va chiusa con onore a Udine. Una stagione così veramente credo di non augurarla a nessuno. Stasera non si parla di niente, abbiamo fatto quello che potevamo fare. È stata una stagione anomala. Poi se si guarda la classifica e si dice che la Juve ha fatto una stagione sbagliata non lo accettiamo, abbiamo fatto 69 punti nonostante tutte le difficoltà”.
Infine, le dichiarazioni più complicate da digerire, quelle che stanno facendo discutere di più nelle ultime ore: “La stagione è finita a Siviglia. E’ brutto dirlo ma è così, a livello di energie mentali. Abbiamo sbagliato sulla marcatura su cross, era un gol evitabile. Parlare della gara di stasera o dell’annata non ha senso, è stata una stagione anomala. Poi ringrazio i ragazzi. Un altro gruppo non avrebbe fatto 69 punti, ma forse 50. Bisogna essere orgogliosi. Ricordo comunque che al momento saremmo ancora in Champions giocando delle partite come le ultime”.
Dopo una stagione del genere, una delle più brutte degli ultimi quindici anni, il pensiero non può che arriva a una pausa che sembra necessaria per ricaricare le batterie e programmare il futuro: “In questo momento voglio riposare. Prima stacchiamo velocemente e meglio è. Ora bisogna andare a Udine cercando di onorare al meglio l’ultima partita, poi con calma faremo delle scelte. La base è buona, non è tutto da buttare, l’errore sarebbe quello di non tenere il buono per il futuro della Juventus. Speriamo che prima del 20 agosto ci dicano se ci saranno altri punti di penalizzazione per non passare un altro anno impallinati da tutti”.
Ma quelle di Allegri non sono state le uniche parole a descrivere una stagione fallimentare sotto tutti i punti di vista. Sempre contro il Milan, infatti, ha parlato anche Leonardo Bonucci e il difensore, uno dei leader assoluti del gruppo, non poteva che avere delle dichiarazioni nette, ma reali: “C’è un mix di tristezza e delusione. È stata un’annata lunga e difficile senza girarci troppo intorno. Nella prima parte per demeriti nostri, poi nella seconda parte quello che è successo fuori dal campo ci ha portato via energie ed attenzioni anche se abbiamo tenuto tutto sotto controllo fino al Siviglia, poi una volta uscita dall’Europa League abbiamo fatto fatica a ritrovare le energie sprecate durante l’anno”.
Una cosa è sicura: ora la Vecchia Signora, comunque vada, ha bisogno di lasciarsi tutto alle spalle e di ripartire da una nuova identità. Dai giovani, visto che comunque quest’anno sono stati lanciati prospetti importanti come Samuel Iling-Junior, Nicolò Fagioli e Fabio Miretti, dalla qualità, da una tattica moderna e corretta per tornare a vincere. Quello che da sempre è il primo movente e anche l’obiettivo finale del club torinese, ma che pare anche maledettamente difficile al termine di una stagione disastrosa. E per troppi motivi.
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