Lucio Dalla è stato – ed è ancora oggi – uno degli artisti italiani più amati di sempre. La sua musica ha letteralmente influenzato migliaia di cantanti: lo testimoniano i tantissimi rapper che hanno deciso di campionare i suoi brani. Ecco chi sono.
Oggi sono esattamente undici anni che Lucio Dalla ha detto addio a questo mondo, ma quello che è certo è che la sua eredità – artistica, si intende – è ancora viva più che mai. Quello che ci ha lasciato qui sono le sue canzoni, che lo hanno reso immortale. E infatti, non a caso, tantissimi rapper – italiani e non solo – negli anni hanno deciso di campionare alcuni suoi brani celebri. Ecco chi sono.
Parlare di artisti come Lucio Dalla è sempre complesso, perché riassumere la loro carriera sarebbe come voler rinchiudere un oceano in una bottiglia di vetro. Sì, perché il cantante ha scritto letteralmente la storia della musica italiana, diventando, di fatto, immortale. Ha accompagnato – e accompagna ancora oggi – le nostre serate, i nostri momenti di introspezione, quelli di riflessione. Continua a essere presente nelle playlist italiane di moltissime persone perché la sua musica è stata talmente tanto vasta e varia da riuscire ad accontentare tutti i gusti. Chi non ha mai ballato sulle note di Attenti al Lupo? Non si è mai emozionato ascoltando Anna e Marco? Oppure non ha mai cantato Caruso? Potremmo continuare così all’infinito.
C’è poi un particolare su cui troppo poco spesso ci si sofferma quando si parla di Lucio. La sua stessa carriera ci ha lasciato un enorme insegnamento: non bisogna mai sentirsi arrivati, perché c’è sempre tempo per evolversi, riscoprirsi, esplorare nuovi mondi. Lo stesso artista lo ha fatto: per quasi tutta la sua vita aveva sempre ritenuto di essere un ottimo musicista – ha suonato il pianoforte, il sassofono e il clarinetto per tempo immemore – per poi scoprire solo dopo molti anni di saper essere anche un ottimo autore. Strana la vita, no? Un talento come lui, un cantante così navigato, un uomo conosciuto in tutto il Paese che non sapeva di poter anche scrivere. Eppure è stato davvero così. Magari un giorno tutti noi scopriremo un nostro talento nascosto, ma se così non dovesse essere, è comunque bello pensare che tutto sia possibile.
In effetti, se volessimo fare un discorso globale sulla sua arte, la propensione di Lucio Dalla a imparare sempre cose nuove, senza fermarsi mai, è sempre stata chiara: anche dal punto di vista prettamente musicale, ha sempre avuto il coraggio di sperimentare, di tentare, di rinnovarsi. E così, negli anni, ha attraversato la fase beat, quella della canzone d’autore e non solo.
Potremmo riassumere la sua carriera in quattro fasi (ma tenete sempre bene a mente l’esempio della bottiglia prima di fermarvi a quello che vi stiamo per dire): quella jazz – che va dal ’62 al ’72 – la collaborazione con il poeta Roberto Roversi – che va dal ’73 al ’76 – la maturità artistica – che inizia intorno al ’77 e termina negli anni ’90 – e infine la fase pop – contaminata da millemila ispirazioni, tra cui la musica lirica – che durerà dalla fine del decennio fino alla sua morte.
Arriviamo al 2012. L’anno si aprì non nel migliore dei modi, ma comunque in un modo “di tutto rispetto”, se così si può dire. Alla fine di gennaio Rolling Stone pubblicò una classifica dei 100 album italiani più belli di sempre e indovinate chi c’era (tra i tanti)? Proprio Lucio, che si collocò alla 40esima posizione con Lucio Dalla, il suo omonimo album del ’79. Certo, sarebbe potuta andare meglio: la 40esima posizione non è poi altissima, ma già solo comparire in una classifica incentrata sulla musica italiana – che tra gli anni ’60 e ’90 ha accolto talenti smisurati come Fabrizio De Andrè, Franco Battiato, Pino Daniele – era già un enorme traguardo. E chissà se Lucio ha fatto in tempo a comprenderlo.
Sì, perché in quei primissimi mesi del 2012 tutto iniziò a correre veloce: dopo un paio di settimane – il 14 febbraio precisamente, il giorno di San Valentino – tornò sul palco dell’Ariston, per accompagnare Pierdavide Carone, artista emergente (proveniente da Amici), che aveva portato a Sanremo Nanì, scritto a quattro mani proprio insieme a lui. Dalla in quell’occasione ricoprì una triplice veste: quella di co-autore, quella di cantante e quella di direttore d’orchestra. Come uscita di scena fu fenomenale.
Ma andiamo avanti. Quel singolo non fu inizialmente un successone: fu addirittura ripescato, ma poi si collocò al quinto posto nella classifica finale. A questo proposito, la finalissima quell’anno andò in onda il 18 febbraio e quella sera sul palco dell’Ariston tornò nuovamente Lucio: se solo avessimo saputo che sarebbe stata quella l’ultima volta che lo avremmo visto in tv, avremmo assaporato tutti molto di più quegli attimi probabilmente.
Come dicevamo, quello per lui era un periodo assai turbolento, caotico, pieno di impegni. Nonostante i suoi 68 anni (ne avrebbe compiuti 69 il 4 marzo), Dalla aveva ancora un’energia, una grinta e un carisma pazzeschi, che non gli avrebbero di certo impedito di portare a termine tutti gli appuntamenti della sua fitta agenda. E infatti, terminata l’esperienza sanremese, partì alla volta di Lucerna, per dare il via al suo tour europeo. Era il 27 febbraio, il cantante si esibì, per poi fare la stessa identica cosa la sera seguente a Zurigo e quella successiva ancora a Montreaux. Era il 29 febbraio esattamente: l’artista cantò sul palco dell’Auditorium Stravinski Concert Hall. Fu quello il suo ultimo concerto: il giorno dopo – il 1 marzo cioè – fu stroncato da un infarto fatale.
A trovare il suo corpo privo di vita fu il suo compagno, Marco Alemanno, e in poco tempo la notizia arrivò in Italia, creando scompiglio tra tutta la popolazione. Chissà se proprio dopo la sua morte iniziarono ad apprezzarlo tutti di più. In genere capita così.
Quello che è certo è che la musica di Lucio Dalla ha ispirato intere generazioni, come abbiamo anticipato: ecco gli artisti che hanno preso spunto dalle sue canzoni negli anni.
Se vi dicessimo che la musica di Lucio Dalla è arrivata anche oltreoceano? Ebbene sì, il sample – che altro non è che il campione – di Ulisse coperto di sale (brano del ’75 estratto dall’album Anidride solforosa) nel suo lavoro del 2011, compare in Indecent proposal, l’album di Timbaland del 2001, solo che al posto dell’urlo “imbiancate!”, il rapper dice “indian carpet!”.
A questo punto una digressione è doverosa: l’artista negli anni ha dimostrato che anche un emiliano doc come lui può essere un “uomo del sud”, di Napoli per essere precisi. Sì, perché Lucio ha amato follemente la città di Pulcinella e non ne ha mai fatto mistero. Lui, un uomo del Nord, di Bologna, abituato a vivere lontano dal mare, proprio sul mare partenopeo ha mosso i primi passi nel mondo della musica.
Non tutti sanno che uno dei suoi primissimi studi di registrazione sorgeva proprio all’interno di una barca ormeggiata alla Marina di Stabia, il porticciolo di Castellammare. Si chiamava la “Billy&Brilly” e sancì il suo amore per tutta la città e i suoi abitanti. Come Dalla affermò non molto tempo prima di morire: “Io non posso fare a meno, almeno due o tre volte al giorno di sognare di essere a Napoli. Sono dodici anni che studio tre ore alla settimana il napoletano, perché se ci fosse una puntura da fare intramuscolo, con dentro il napoletano, tutto il napoletano, che costasse 200mila euro io me la farei, per poter parlare e ragionare come ragionano loro da millenni”.
Perché era necessario aprire e chiudere questa parentesi? Per anticipare il rapper che ha preso la musica di Dalla e ne ha fatto il suo punto di riferimento. Parliamo ovviamente di Clementino, che nel 2015 decise di utilizzare un sample del brano Sotto lo stesso cielo.
Ma non solo, perché in realtà un lavoro analogo lo ha svolto perfettamente anche Frankie Hi-Nrg, che nel 2008 ha deciso di far confluire pezzi di Sylvie (singolo del 1970) dentro i suoi Pugni in tasca. Esattamente come fece poi cinque anni dopo anche Nitro, del resto, nella sua Piombo e Fango (in cui però aveva campionato anche il brano omonimo di Danno e Mr Phil).
Ma non finisce di certo qui, perché anche gruppi come gli Articolo 31 avevano optato per il campionamento di un brano di Dalla: quest’ultimo era Disperato Erotico Stomp (del ”77), che hanno voluto rendere Eccezionale. Come non citare poi Attenti al lupo, che negli ultimi anni ha avuto altre due vite: la prima è venuta al mondo grazie a Moreno, ex allievo di Amici, che nel 2015 decise di riutilizzare il brano trasformandolo Un mondo piccolo così, la seconda, circa cinque anni dopo, grazie Ceri che, in collaborazione con Franco126, se n’è servito in HappySad.
E ancora, i campionamenti quando si parla di Lucio Dalla sembrano non finire davvero mai. Se volessimo citarli tutti forse potremmo finire domani, ma possiamo menzionare, ad esempio, Stelle nel flipper di Emis Killa (da Anna e Marco, vi dice qualcosa “Quante stelle nei flippers, sono più di un miliardo”), Una lacrima di Rocco Hunt (da Cosa vuol dire una lacrima del ’96), Sdraiato su una nuvola dei Two Fingerz (Se io fossi un angelo), Profondo di Ensi (Com’è profondo il mare).
Alcuni di questi brani – tra cui Stelle nei flipper, Profondo, Sdraiato su una nuvola – hanno poi dato vita a una compilation dal titolo Bella Lucio, composta da undici tracce, prodotta da Franco Godi, e nata da un’idea di Marcello Balestra, da cui si evince quanto l’influenza di Lucio Dalla nell’hip hop sia viva, tangibile, reale.
Oggi sono undici anni che l’artista ha lasciato questo mondo, ma le sue canzoni continuano a vivere qui tra noi. Non è questo il finale migliore per una persona che ha fatto della musica il centro della sua vita?
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