“Se Trump è diventato presidente grazie a Twitter allora mi scuso“. Sono le parole di Evan Williams, co-fondatore di Twitter, che aprono una lunga conversazione con il New York Times in cui parla del destino del web e di come quello che era nato come lo strumento più democratico mai visto nella storia umana si sia trasformato in qualcosa di oscuro, che “attrae gli estremi“. La Casa Bianca non ha commentato la dichiarazione di Williams anche perché il presidente è alle prese con una situazione rischiosa in patria con il rischio impeachment nell’aria ed è impegnato nel suo primo viaggio in Medio Oriente. L’elezione di Trump per i media americani è arrivata come un fulmine a ciel sereno e i social hanno parte della responsabilità, in particolare Twitter, il medium preferito dal 45° presidente, ma per Williams è tutto il web che non va. “The Internet is broken“, internet è rotto, per usare le sue parole.
“Evan Williams è colui che ha aperto il caso di Pandora“, scrive il New Times, e non tanto per aver creato uno dei social network che più hanno fatto la storia recente (pensiamo solo alle primavere arabe e alle loro conseguenze ai giorni nostri), ma per essere il primo big del web a fare mea culpa pubblicamente.
“Internet si è rotto ed è evidente a molte persone“, dice, citando esempi tratti dal mondo del web di cui si sono riempite le pagine di cronaca: Facebook usato per omicidi e suicidi in diretta, Twitter diventato il regno dei troll, fake news create per far soldi o per propaganda, fino ad arrivare al dato di “4 adulti su 10 che hanno subìto abusi online e tutto questo prima dell’ultima campagna elettorale“.
“Pensavo che se tutti avessero potuto parlare liberamente e scambiarsi informazioni e idee, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Mi sbagliavo“, prosegue Williams che identifica nel funzionamento stesso di internet la causa del problema.
“Il web premia gli estremi. Se stai guidando e vedi un incidente è normale che guardi, tutto lo fanno. Internet però interpreta questa cosa come se tutti volessero vedere incidenti d’auto e provvede a dare questo“, spiega promettendo di voler cambiare le cose e “sistemare” quello che è oggi il web e i social, a partire dalla “architettura della creazione di contenuti, la distribuzione e la monetizzazione su Internet”, aspetti centrali per il futuro dell’informazione.
L’evoluzione dei social lo ha dimostrato, sottolinea il New York Times, ricordando come solo qualche anno fa Twitter era visto come lo strumento della libertà, grazie al quale sono nate le primavere arabe “accorciando il guinzaglio alle tirannie“. Tutto è cambiato quando sono comparsi i “troll” e hanno “reso la narrazione più oscura“, fino ad arrivare ai giorni nostri, con Trump che dice di essere arrivato alla Casa Bianca grazie a Twitter e agli oltre 30 milioni di follower.
“È una cosa negativa. Se è vero che non sarebbe diventato mai presidente senza Twitter mi scuso“, ammette Williams che va più a fondo nella questione.
Lo scorso mese in una conferenza all’University of Nebraska usò il mito di Prometeo per esemplificare quello che sta avvenendo a Internet, ricordando alla Silicon Valley, che spesso si paragona a colui che rubò il fuoco agli dei per darlo agli uomini, che Prometeo viene punito per la sua arroganza. “Quello che ci dimentichiamo è che alla fine Zeus era così arrabbiato che lo incatenò a una roccia lasciando che le aquile lo torturassero per l’eternità. C’è chi dice che è quello che meritiamo per aver dato Twitter a Donald Trump“.
Secondo Williams però la vera colpa non è del web e dei social, ma è dell’essere umano. Twitter, i social e internet erano solo “un altro sogno utopistico“, ammette. “Il problema è che nessuno può essere nel giusto perché gli essere umani sono esseri umani. Abbiamo le serrature alle nostre porte. Internet è nato senza questa consapevolezza“, conclude.