A soli 17 anni ha ucciso la madre con un colpo alla tempia perché le aveva vietato l’uso del computer. È quanto hanno stabilito gli inquirenti in merito all’omicidio di una donna, un’infermiera di 44 anni, a Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, trovata morta nella sua camera da letto lo scorso 25 maggio. Secondo l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale dei minori, la ragazza avrebbe premeditato l’omicidio e agito con lucida freddezza pur di rientrare in possesso del pc e dello smartphone: la madre glieli aveva tolti come punizione per lo scarso rendimento a scuola. Da qui la decisione di ucciderla, usando la pistola del padre, regolarmente registrata.
Nella prima fase delle indagini, la ragazza aveva raccontato una diversa versione dei fatti, descrivendo agli investigatori un misterioso assassino, alto circa due mesi, che sarebbe entrato in casa e avrebbe sparato alla donna, raggiungendola in camera da letto dove è stata ritrovata riversa a fianco del letto, in un lago di sangue. Fin da subito, sono emersi molti dubbi sulla sua testimonianza, dubbi che le prove scientifiche hanno definitivamente cancellato.
Dallo stub sono emerse tracce di polvere da sparo sul corpo della giovane e sono state trovate le sue impronte digitali sulla pistola. Per di più, le due donne era sole in casa al momento della tragedia: solo dopo lo sparo, la 17enne chiamò lo zio per chiedere aiuto.
Alla base del gesto, ci sarebbe dunque il divieto di usare il computer e il cellulare: madre e figlia litigavano spesso per la cattiva condotta scolastica della giovane, fino alla decisione di toglierle il pc su cui passava molte ore per collegarsi ai social network.