Nadine Kurti, la 68enne accusata di aver ucciso il marito Shefki Kurti e aver soppresso il cadavere, è stata giudicata sana di mente.
Dopo gli iniziali dubbi sulla sua capacità di intendere e di volere, ora è confermato: la donna sapeva bene cosa stava facendo e per questo motivo potrà affrontare il processo e rispondere al capo di imputazione di omicidio volontario aggravato.
L’omicidio di Shefki Kurti
Shefki Kurti era un manovale di 72 anni ucciso brutalmente dalla moglie, che poi ne ha smembrato il cadavere.
Pensionato e di origine albanese come la moglie, è stato ucciso e poi fatto a pezzi nel bagno dell’abitazione della coppia, per stessa ammissione di lei.
Partiamo dal luglio di questo anno, quando nella frazione di Villanova del Ghebbo, in provincia di Rovigo, sono stati trovati dei resti umani nell’Adigetto.
Prima un tronco, poi la testa e in seguito gli arti chiusi in diversi sacchi dell’immondizia abbandonati da qualcuno nel corso d’acqua.
Subito la Procura ha aperto un fascicolo per omicidio e ha disposto gli esami per capire chi fosse la vittima. All’inizio non si sapeva nulla, nemmeno il sesso.
A dare l’allarme erano stati i tecnici del Consorzio di bonifica della zona, che hanno avvisato i Carabinieri, giunti con il medico legale che poi ha confermato che nei sacchi neri che galleggiavano non c’erano semplicemente dei rifiuti ma qualcosa di molto più macabro.
I resti erano in acqua da diverso tempo e a completare i ritrovamenti di tutte le altre parti del corpo sono stati i Vigili del Fuoco.
Pochi giorni dopo, ovvero a inizio agosto, arriva l’identificazione del cadavere, ovvero il pensionato albanese Shefki Kurti e questo porta inevitabilmente a concentrare le indagini sulla persona a lui più vicina, ovvero la moglie.
Grazie alle analisi medico legali successive al ritrovamento, i resti hanno ricondotto il corpo a quello dell’uomo albanese che da tempo risiedeva a Badia Polesine, in provincia di Rovigo, ma cosa fosse accaduto è rimasto un giallo per diverso tempo.
La confessione
Gli inquirenti cominciarono a concentrarsi sui familiari dell’uomo e a fine agosto arrestarono la moglie Nadine con gravi indizi di colpevolezza a suo carico.
I familiari non avevano mai denunciato la scomparsa in maniera formale, il figlio però aveva comunicato alle forze dell’ordine l’allontanamento del 72enne dopo una lite con la moglie nei giorni precedenti.
Verso la donna sono state formulate le pesanti accuse di omicidio volontario aggravato e distruzione e soppressione di cadavere. Lei stessa, che fra l’altro era stata l’ultima a vederlo, ha confessato di averlo fatto a pezzi per poi gettarlo nel canale Adigetto, ma c’era il dubbio della sanità mentale che pare essersi sciolto in queste ore.
Dalla confessione di Nadine si è evinto che nella notte fra il 21 e il 22 luglio scorso la donna ha colpito il marito con un’ascia all’interno della loro camera da letto, poi ha trascinato il corpo il bagno e lo ha fatto a pezzi utilizzando dei coltelli e un’accetta, che poi sono stati ritrovati nell’Adigetto.
Dopo il sezionamento, i resti sono stati chiusi in sacchi della spazzatura e messi nel freezer in attesa che arrivasse la notte per gettarli nel torrente che si trova molto vicino all’abitazione.
Riguardo al movente, la 68enen ha riferito agli inquirenti che lo voleva punire per la presunta infedeltà e perché voleva lasciarla e andare a vivere con la sua amante. Nadine ha raccontato di essere esasperata dalla situazione che ormai era diventata invivibile, infatti il era spesso in contatto telefonico con questa donna, anche davanti alla moglie.
Tramite diverse perizie, lo psichiatra Silvano Finotti, ha confermato che al momento dei fatti Nadine era in grado di intendere e volere. Ora la donna si trova nel carcere femminile di Verona ma i risultati dello specialista indicano che potrà affrontare un processo, inoltre egli ha confermato che non sarebbe più pericolosa.
Ora spetterà alla Procura decidere se chiudere le indagini con la richiesta di rinvio a giudizio oppure proseguire con ulteriori accertamenti.