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Ucraina, la Russia minaccia: “Stop a ispezioni su nostro arsenale militare”

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La Russia reagisce alle prese di posizione di Usa e Nato in merito alla crisi in Ucraina e annuncia, tramite un alto funzionario del ministero della Difesa di essere pronta a sospendere le ispezioni del suo arsenale militare, dotato di missili nucleari. La reazione è seguita dopo che Washington ha deciso di fermare la cooperazione militare con Mosca. Le ispezioni al materiale bellico sono previste dal trattato per la riduzione delle armi nucleari New Start e dall’accordo di Vienna del 2001 tra la Russia e la Nato, ma il clima di fiducia, nelle ultime ore, è stato messo a repentaglio. Gli Stati Uniti e l’Unione europea nei giorni scorsi hanno infatti introdotto sanzioni contro la Russia, in risposta alla decisione di Mosca di inviare soldati in Crimea. Inoltre il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov ha annuncato che Mosca ha chiesto all’Osce di fare luce sull’uccisione di decine di persone da parte di cecchini, durante gli scontri di fine febbraio tra polizia e antigovernativi a Kiev.

Intanto una colonna di camion militari senza insegne, presumibilmente russi, si dirige a Simferopoli, la capitale della repubblica autonoma di Crimea.

I mezzi in colonna – si vede anche nella foto – sono numerose e trasportano soldati. Secondo prime ricostruzioni il convoglio è arrivato da est, dalla città di Feodosia, attraverso Belogorsk.

Le condizioni di salute di Yanukovich

Viktor Yanukovich sarebbe ricoverato in ospedale in gravi condizioni, probabilmente colpito da infarto. È l’ultima notizia che arriva sulla crisi in Ucraina, riportata dall’edizione online del quotidiano russo Moskovski Komsomolets, ma dallo stesso non confermata. Ancora dunque non è chiaro se il presidente ucraino deposto sia ricoverato, ma di certo il nuovo governo di Kiev sta cercando di impedire lo svolgimento del referendum indetto dalla Crimea per l’annessione alla Russia. Se da una parte le autorità ucraine hanno chiesto all’Interpol di emettere un mandato d’arresto per Yanukovich, dall’altro sono stati bloccati gli accessi al database delle liste elettorali in Crimea, in modo da bloccare la formazione delle liste e rendere illegale la consultazione. Sul referendum è arrivato però anche il parere positivo della Duma: il presidente Serghiei Narishkin ha dichiarato che la Russia rispetterà “la scelta storica della popolazione di Crimea”.

Intanto la diplomazia continua a lavorare: Barack Obama e Vladimir Putin hanno avuto una lunga conversazione telefonica durata più di un’ora dopo la decisione degli Stati Uniti di imporre sanzioni a cittadini russi e ucraini “responsabili o complici delle minacce alla sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina”. Ridotti i visti a funzionari e negati a coloro che sono coinvolti nell’abuso dei diritti umani, Obama intende proseguire la via diplomatica pur rimanendo fermo nella condanna delle azioni di Mosca.

Anche il referendum indetto dalla Crimea, per il presidente USA, è incostituzionale: c’è però ancora un “modo per risolvere la situazione con mezzi diplomatici, in modo da venire incontro agli interessi della Russia, del popolo ucraino e della comunità internazionale”, fa sapere Obama.

Nella telefonata con Putin, conferma la Casa Bianca, è arrivata la conferma della condanna americana sulle azioni russe in Crimea che “violano sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina”. La soluzione passa solo dalla diplomazia, con l’invio di “osservatori internazionali, in Ucraina e Crimea, per accertarsi che i diritti di tutti gli ucraini vengono rispettati, compresi di quelli di etnia russa”, avviando nello stesso tempo “consultazioni tra i governi di Russia e Ucraina con la partecipazione della comunità internazionale”.

La Crimea chiede l’annessione alla Russia
Mentre la diplomazia è al lavoro, la tensione in Crimea è sempre più palpabile. Nella penisola il Parlamento ha votato all’unanimità il referendum per chiederer l’adesione alla Russia, anticipato al 16 marzo, mentre nel paese truppe filorusse sono scese in strada, contestando gli osservatori dell’Osce. A descrivere la tensione anche la vicenda che ha visto protagonista il consigliere speciale delle Nazioni Unite Robert Serry: in un primo momento era stata data la notizia di un suo rapimento, da lui smentita. Il diplomatico infatti è stato fermato in aeroporto a Simferopoli da uomini armati filorussi che lo hanno bloccato in un caffè. Liberato dalla polizia, ha lasciato il paese, mettendo fine alla sua missione, mentre la folla inneggiava alla Russia e a Putin.

La richiesta del Parlamento della Crimea complica e non poco il lavoro della diplomazia: oggi a Bruxelles è in corso l’incontro straordinario del Consiglio Europeo che vede l’esordio del premier Matteo Renzi. Nel frattempo sono arrivate le prime sanzioni da parte dell’UE che ha congelato in via ufficiale i beni del deposto presidente ucraino Viktor Yanukovich e di altre 17 personalità legata alla leadership ucraina esautorata dalla piazza, tra cui il figlio dell’ex presidente, Aleksandr. Nel frattempo continuano gli incontri bilaterali tra USA e Russia: è infatti in corso a Roma l’incontro tra il segretario di Stato John Kerry e il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov.

Solo 24 ore prima era arrivata una nuova prova di forza da parte della Russia nella crisi dell’Ucraina: Mosca ha infatti effettuato un lancio di un missile intercontinentale Icbm, RS-12M Topol, dalla regione di Astrakhan, vicino al Mar Caspio: il missile è adatto al trasporto a lunghissima gittata di testate nucleari. Vladimir Putin mostra i muscoli dopo la notizia delle prime sanzioni da parte degli Stati Uniti, anche se dalla Casa Bianca confermano che si è trattato di un test di routine, di cui il Cremlino aveva già informato gli USA nei giorni scorsi. Lo stesso presidente russo sta cercando di smorzare i toni, con l’ordine di ritirare le truppe dopo le operazioni improvvise al confine con l’Ucraina del 26 febbraio, ma nel corso della conferenza stampa tenuta dalla sua dacia nei pressi della capitale moscovita, ha già chiarito la sua politica: la Russia non vuole annettere la Crimea, ma si riserva il diritto di difendere le popolazioni filorusse anche con le armi se necessario.

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La posizione di Mosca sulla crisi in Ucraina non cambia: Viktor Yanukovich è stato deposto con “un’azione anticostituzionale, con le armi”, in quello che definisce “un vero e proprio colpo di Stato”. Se al momento “non c’è la necessità dell’uso delle armi”, Mosca non rinuncia a tale possibilità: un possibile intervento armato in Ucrainasarà legittimo” perché chiesto da Yanukovich, unico presidente legittimo anche se ora senza potere effettivo.

L’annessione della Crimea, ha spiegato Putin, non è nei piani di Mosca: spetta alla popolazione scegliere con il referendum, ma se la Russia interverrà lo farà solo perché “è un’azione umanitaria”, in difesa dei filorussi. Anche le minacce arrivate dalle potenze occidentali non spaventano Putin che rilancia: Mosca è pronta per il G8 di Sochi, tocca alle altre potenze decidere cosa fare, anche perché “chi vuole introdurre le sanzioni contro la Russia deve pensare alle loro conseguenze perché i danni saranno reciproci”.

Nel mentre, gli Stati Uniti stanno continuando a muovere le pedine: il segretario di Stato John Kerry da Kiev ha ribadito la posizione già espressa da Barack Obama: la Russia sta lavorando “per creare un pretesto e poter invadere ulteriormente” l’Ucraina. “Non è un comportamento di un Paese del G8, non è il comportamento del 21esimo secolo”, insiste, confermando anche il piano di aiuti economici da un miliardo di dollari per il paese promesso da Obama.

La condanna degli USA e le prime sanzioni

Il presidente degli Stati Uniti aveva già duramente condannato l’atteggiamento della Russia che si è messa “dal lato sbagliato della Storia” e che, continuando su questa strada, “rischia l’isolamento” dalla comunità internazionale. Non solo parole: dagli USA arrivano anche le prime sanzioni con lo stop di tutte le forme di cooperazione militari: fermate le “esercitazioni, gli incontri bilaterali, le visite ai porti e la pianificazione di conferenze”, fanno sapere dal Pentagono, ma non solo. Anche gli scambi bilaterali e gli investimenti con Mosca sono stati bloccati.

Prime sanzioni dunque che arrivano da oltreoceano e che mirano a forzare la mano di Putin, facendo leva anche sul lato economico della crisi ucraina: ieri la borsa di Mosa ha segnato un forte calo e la chiusura in rosso ha spaventato gli investitori. La politica di mediazione messa in atto da Obama ha portato inoltre il segretario di Stato John Kerry a Kiev nella giornata di martedì, a ribadire come l’occupazione della Crimea “viola i principi riconosciuti in tutto il mondo, le norme internazionali e la sovranità territoriale”dell’Ucraina.

Anche l’Europa si muove, seguendo la linea della diplomazia tentata da Angela Merkel che ha offerto a Putin la mediazione di un gruppo Osce: intanto giovedì è stata convocata il Consiglio Generale, mentre all’Onu Mosca ha ribadito il suo giusto operato in Ucraina.

L’ambasciatore russo Vitaly Churkin ha spiegato che il paese è “in preda al caos e all’anarchia, sull’orlo di una guerra civile” e che è stato lo stesso Victor Yanukovich a chiedere l’intervento armato russo. “Le azioni della Russia in Ucraina sono dunque legittime”, ha concluso l’ambasciatore.

Le sanzioni americane hanno visto anche una prima risposta di Mosca, come dichiarato dal consigliere economico del Cremlino Serghiei Glaziev, citato da Ria Novosti: la Russia potrebbe essere costretta a lasciare il dollaro e creare un proprio sistema di calcolo e pagamenti, il che porterebbe a vendere le riserve in valuta estera, che valgono miliardi, e non dare più prestiti alle banche americane

Il falso ultimatum e l’occupazione russa della Crimea

Nella giornata di lunedì 3 marzo era infatti arrivata la notiza dell’ultimatum lanciato dalla flotta del Mar Nero della Russia all’Ucraina in Crimea. Se i militari fedeli al nuovo governo di Kiev non si arrenderanno entro le 5 di martedì mattina, le 4 ora italiana, scatteranno attacchi nei loro confronti. A dirlo il Kiev Post e il sito internet della Bbc, che citano l’agenzia di stampa Interfax-Ukraine. “Se non si arrenderanno entro le 5 di domani mattina, ci saranno reali attacchi a unità e sezioni delle forze militari ucraine in tutta la Crimea“, avrebbe detto il comandante della flotta del Mar Nero Aleksandr Vitko. Secondo la Bbc, l’ultimatum non è confermato da altre fonti e il corrispondente da Mosca del Guardian Shaun Walker ha scritto su Twitter che la notizia non sarebbe confermata dalle sue fonti interne al ministero della Difesa ucraino.

L’ultimatum si è poi rivelato un falso, ma nel frattempo, bandiere russe sono state fatte sveltolare da uomini armati non identificati anche a Odessa: in città davanti al palazzo della regione manifestanti filorussi, con l’appoggio di militari russi, hanno istallato dei gazebo per raccogliere le firme per il referendum, fronteggiati però da manifestanti pro Kiev.

L’occupazione russa in Crimea

Un’occupazione “morbida” come viene definita dagli organi di stampa internazionale quella che ha portato la Russia a occupare Sebastopoli, in Crimea. Circa 15mila soldati russi si stanno muovendo sul territorio senza incontrare resistenze, la popolazione sostiene in piazza a Simferopoli l’arrivo di Mosca, mentre continuano sequestri di armi e defezioni da parte degli alti organi militari ucraini a favore della Russia: Vladimir Putin ha di fatto occupato la penisola ucraina senza sparare un solo colpo. La situazione in Ucraina si fa sempre più difficile e la diplomazia è al lavoro per evitare l’escalation armata. Nella notte è arrivato anche lo stop ai lavori per il G8 di Sochi: il G7, che vede uniti Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, insieme all’Unione Europea, ha condannato in una nota ufficiale la “chiara violazione della Russia della sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina”.

L’occupazione di Sebastopoli è avvenuta senza spargimenti di sangue: dalle base navali russe, soldati armati hanno preso il controllo dei luoghi strategici, entrando in basi radar e nell’accademia della Marina militare ucraina, sequestrando armi e munizioni. Nella notte sono arrivati in Crimea anche sette aerei russi per le truppe e undici elicotteri.

Oltre a Sebastopoli, le truppe russe hanno preso il controllo della caserma del reparto A-0669 della Marina militare vicino a Kerch: secondo il vice comandante ucraino, Alexiei Nikoforov, i militari russi sorveglierebbero la caserma insieme agli ucraini. Uomini armati non identificati, secondo quanto riferisce l’agenzia ucraina Unian, hanno poi preso il controllo del quartier generale della Guardia di frontiera ucraina a Simferopoli, la capitale della Crimea, dove davanti al Parlamento fin dalle prime ore della mattinata ci sono manifestanti filorussi che chiedono il ritorno della penisola sotto la Russia, sostenendo i militari e le decisioni di Putin in attesa del referendum del 30 marzo.

Ad aggravare la situazione militare arrivano anche le defezioni degli alti comandanti ucraini: il comandante in capo della Marina ucraina, l’ammiraglio Denis Berezovski, ha annunciato in conferenza stampa dallo stato maggiore della base navale russa di Sebastopoli di aver giurato fedeltà “al popolo della Crimea” dicendosi pronto a difenderlo e a prendere ordini dal “comandante supremo della Repubblica autonoma di Crimea”, autorità che Kiev invece ritiene nominata in violazione della Costituzione. Scelto solo lo scorso venerdì dal presidente ad interim Olexandre Tourtchinov, ora Berezovski è accusato di alto tradimento.

La diplomazia al lavoro

Le potenze internazionali stanno cercando una soluzione per via diplomatica. Se Vladimir Putin ha accettato una mediazione, dopo una lunga telefonata di 90 minuti con Barack Obama, il premier russo Dmitri Medvedev ha lanciato il guanto di sfida con un messaggio su Facebook in cui definisce Yanukovich il solo presidente dell’Ucraina eletto secondo la Costituzione, nonostante “la sua autorità sia praticamente insignificante”. Se fosse colpevole, dovrebbe “essere sottoposto a impeachment e processato”, altrimenti la sua rimozione è “un’azione arbitraria. I nuovi leader – conclude Medved – hanno usurpato il potere, prevedo che il loro governo sarà molto instabile e si concluderà con un’altra rivoluzione e altro sangue”.

Le potenze internazionali hanno condannato all’unanimità l’occupazione russa, il segretario di Stato USA John Kerry sarà martedì a Kiev, mentre Obama ha ottenuto lo stop del G8 e una prima apertura di Putin a un tavolo diplomatico. Le azioni militari in Crimea hanno messo a rischio le relazioni USA-Russia, ma la Germania di Angela Merkel preme per non espellere Mosca dal G8: la Cancelliera ha proposto a Putin di usare un gruppo di contatto dell’Ocse, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, per avviare l’accertamento dei fatti e il dialogo tra le forze in causa.

Il presidente russo ha infatti ribadito a Obama e alla Merkel di essere intervenuto per proteggere le popolazioni russofone minacciate dalla politica nazionalista del nuovo governo di Kiev: di contro, la cancelliera gli ha contestato la violazione del memorandum di Budapest del 1994 in cui la Russia si è impegnata a rispettare l’indipendenza e la sovranità di Kiev, oltre ad aver violato il trattato del 1997 sulla presenza della flotta russa nel Mar Nero.

La tensione in Crimea

Dopo le proteste in Ucraina la tensione scoppia in Crimea. Vladimir Putin ha chiesto l’approvazione del Parlamento per usare forze armate russe nel territorio dell’Ucraina “per normalizzare la situazione sociopolitica in quel Paese“. L’annuncio è arrivato poche ore dopo che il neo-primo ministro del governo autonomo filo-russo in Crimea, Sergiy Aksyonov, aveva esortato Mosca a intervenire per aiutare a “ristabilire la calma e la pace” nel territorio.

Arseniy Yatsenyuk, premier ad interim ha definito inaccettabile la presenza di soldati russi nel centro delle città dell’Ucraina. Sollecitando Mosca di cessare ogni operazione militare. Kiev, ha aggiunto il premier, non cederà alle “provocazioni”. Il ministro della Difesa ucraino, Igor Tenyukhe ha aggiunto che Mosca, oltre ad aver portato il contingente russo in Crimea ad un totale di “6.000 soldati, ha spostato dalle loro basi abituali 30 blindati”, mentre il Consiglio di Sicurezza Nazionale di Kiev ha richiamato i riservisti .

Immediata la reazione del presidente dell’Europarlamento Martin Schulz: “L’integrità territoriale dell’Ucraina va rispettata. Dobbiamo dire al Governo russo che non accetteremo violenze. Deve essere garantita l’autodeterminazione dell’Ucraina“. Poco prima si era espresso anche il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.

Intanto il referendum sullo status della Crimea all’interno dell’Ucraina, come annunciato da Aksyonov, è stato anticipato dal 25 maggio al 30 marzo. La Crimea è già un repubblica autonoma, ma all’interno dello Stato ucraino. La penisola, che si protende nel Mar Nero, già territorio russo, venne donata nel 1954 da Nikita Kruschev a Kiev, quando l’Ucraina era una delle repubbliche sovietiche.

La fuga di Yanukovich e dei ministri

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Intanto il presidente rimosso Yanukovich è ricercato per strage. Ad effettuare questo annuncio è stato il ministro dell’Interno ad interim Arsen Avakov. E’ stato emesso, quindi, un mandato di cattura internazionale nei confronti dell’ex presidente ucraino, rimosso dal suo incarico sabato 22 febbraio dal Parlamento del Paese.

Il presidente Viktor Yanukovich e la maggior parte dei ministri hanno lasciato Kiev. L’ex vice primo ministro, Oleksandr Turchynov, ha reso nota la fuga e la notizia è stata riportata dal Kiev Post. Intanto, secondo quanto riferito dall’agenzia Interfax, il presidente del Parlamento Volodymyr Rybak ha presentato le sue dimissioni per “motivi di salute”. Non è chiaro dove siano andati, alcune voci li danno nella parte orientale russofona dell’Ucraina, in particolare nella città di Charkiv, roccaforte del sostenitori del capo dello Stato.

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Anche la polizia ha abbandonato le postazioni intorno alla capitale. “È un colpo di stato”, ha detto lui, attaccando l’opposizione e paragonandola “ai nazisti degli Anni Trenta”. In piazza intanto gli attivisti hanno occupato il palazzo presidenziale. Il Parlamento ha approvato elezioni presidenziali anticipate per il 25 maggio, come avevano chiesto Vitali Klitschko, leader del partito Udar, e il capo del partito nazionalista, Oleg Tiaghnibok.

Lorena Cacace

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