Oggi Roberto Spada è stato condannato in via definitiva a 10 anni per mafia, questo hanno deciso i giudici nell’udienza di oggi.
L’esponente di spicco del clan che ha il potere su Ostia, litorale romano, è stato condannato nell’ambito del processo che vede alla sbarra degli imputati molti membri del clan. Si è discusso anche della sua assoluzione per il duplice omicidio di due esponenti di un gruppo rivale, avvenuto nel 2011. I giudici della Suprema Corte hanno invece annullato con rinvio la condanna all’ergastolo per il fratello Ottavio nell’ambito del medesimo episodio, disponendo un terzo processo di secondo grado.
Confermata la condanna per mafia a Roberto Spada
Di Roberto Spada abbiamo parlato ieri perché, forse in un tentativo di fuggire prima del processo, è stato beccato a Civitavecchia mentre evadeva il regime di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel territorio di Roma.
Nell’udienza di oggi si sono discussi temi importanti, sul tavolo dei giudici del Tribunale di Roma c’era infatti il duplice omicidio di due esponenti di un gruppo rivale, ovvero Giovanni Galleoni e Francesco Antonini, uccisi con colpi di arma da fuoco nel centro di Ostia, nel 2011, mentre stavano lavorando alla ristrutturazione di un immobile.
Con la sentenza dello scorso settembre Roberto era stato assolto e per lui era stata ipotizzata la pena che ha trovato conferma oggi ma non perché abbia avuto un ruolo nell’omicidio, piuttosto per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, caratteristica che di certo non stupisce poiché la sua famiglia da generazioni è nota nel sud della Capitale come una delle organizzazioni criminali più radicate insieme ad altri nomi di spicco come i Casamonica, con cui è imparentata.
Sempre a settembre, venne incriminato il fratello Ottavio, giudicato invece il mandante ma anche l’esecutore materiale di quella doppia morte dovuta a un regolamento di conti, anche se oggi quella decisione non è stata confermata. Lo scorso 21 giugno poi il pm ha chiesto l’ergastolo anche per Carmine Spada, detto “Romoletto”, sempre per lo stesso evento.
Una decisione quella di oggi che arricchisce il curriculum criminale di Roberto Spada, nome che spesso leggiamo nella cronaca per violenze e aggressioni, come quella a Daniele Piervincenzi. La fuga di ieri era stata ben pianificata, infatti al volante c’era la compagna perché a lui è stata revocata la patente, questo non è servito però, infatti le forze dell’ordine di Ostia lo hanno arrestato nuovamente in attesa dell’udienza di oggi davanti alla quinta sezione penale.
L’aggressione a Daniele Piervincenzi
Roberto Spada era tornato ufficialmente in libertà il 6 ottobre scorso e Ostia lo accolse per quell’occasione con fuochi d’artificio e festeggiamenti, per lo meno la parte corrotta e criminale, e non quella degli onesti cittadini che invece chiedono da anni che Ostia venga ripulita e diventi un posto tranquillo mentre invece è l’arena della lotta fra clan.
Venne arrestato per una testata data al giornalista Daniele Piervincenzi, della trasmissione “Nemo”, infastidito dalle domande che questo gli stava ponendo. Dopo l’arresto venne trasferito a Regina Coeli ma il carcere romano non è attrezzato per questo tipo di detenzione mentre le altre case circondariali della regione non hanno le condizioni ambientali per ospitarlo, così venne trasferito nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo, a Udine.
L’aggressione al cronista avvenne il 7 novembre del 2017 e due giorni dopo Roberto venne fermato dai carabinieri. Piervincenzi si trovava nel litorale romano per chiedere a Spada del suo appoggio a Luca Marsella, candidato di CasaPound con il quale aveva scattato diverse foto pubblicate poi sui social.
L’obiettivo era quello di indagare sui rapporti fra il movimento politico di estrema destra con orientamento fascista e la famiglia criminale più potente di Ostia. I due si incontrarono fuori dalla palestra di Spada ma le domande erano troppo scomode e così per mandarlo via, Roberto diede una violenta testata al giornalista rompendogli il naso, anche se ha sempre giustificato il gesto dicendo che negli ultimi giorni i giornalisti lo avevano assillato e non ne poteva più, fra l’altro Piervincenzi era insistente nonostante i rifiuti di rilasciare interviste e aveva cercato di entrare con forza nel centro sportivo spaventando il figlio dell’uomo.
Oggi una piccola vittoria per uno dei 4 fratelli che hanno preso il timone del defunto Enrico, morto nel 2016. Si chiamano Carmine, Ottavio, Vincenzo e appunto Roberto e la mafiosità della loro famiglia è stata riconosciuta proprio nel 2017, nell’inchiesta “Sub Urbe” che portò anche alla condanna totale di 50 anni per 7 membri del clan.