L’Unione Europea compie un altro, dibattuto, passo verso un’economia verde e priva di emissioni inquinanti. Ciononostante si sollevano dubbi dal mondo politico ed economico su tempi e modalità della rivoluzione ecologica dell’UE.
Nella giornata di ieri, 8 giugno, il Parlamento europeo ha approvato con 339 voti favorevoli, 249 contrari e 24 astenuti il provvedimento emesso dalla Commissione riguardante i veicoli a motore.
Dal 2035 niente più sgassate da gradassi, non perché non ve ne siano più in giro di spacconi, ma in quanto da quella data non sarà più possibile acquistare veicoli a combustione interna (alimentate quindi a benzina o diesel).
Con l’approvazione parlamentare, l’UE vieta la produzione ed immissione sul mercato di questo tipo di mezzi di locomozione: da quel momento in poi solo veicoli elettrici nelle concessionarie del continente.
Il provvedimento è teso a ridurre le emissioni inquinanti di CO2 attraverso la resa del mercato dell’auto ad impatto zero. Quindi spazio a auto e colonnine di ricarica elettriche.
Una decisione forte quella del parlamento di Strasburgo che non ha abbozzato nemmeno di fronte alla richiesta del Partito Popolare Europeo (PPE) di moderare l’obiettivo di riduzione delle polluzioni dal 100 al 90%.
Ora i principali produttori di autoveicoli avranno poco più di un decennio per adeguare e/o riconvertire gli impianti di realizzazione.
L’Associazione dei Costruttori Europei di Automobili (Acea), che riunisce alcuni dei più importanti marchi automobilistici del Vecchio Continente, dimostra insofferenza per l’impegno a cui sono chiamati, chiedendo maggiori tutele e certezze sul futuro.
Non si parla però di una totale bocciatura: il comparto si dice impegnato nella campagna green europea e darà il suo contributo per un’Unione a impatto zero entro il 2050 come da accordi.
Tuttavia la nuova imposizione che entrerà in vigore dal 2035 lascia troppo poco tempo alle catene produttive per mettersi in regola con le richieste.
L’incertezza e la volatilità attualmente presente sui mercati consiglierebbero, secondo Acea, di muoversi con cautela nel riformare un settore che attrae forti investimenti e fornisce lavoro a migliaia di persone.
Questa prudenza trae anche origine dalle ampie innovazioni già in atto (auto e colonnine di ricarica elettriche) le quali non hanno ancora mostrato il loro reale impatto su filiere e consumi.
Perciò l’associazione, pur non contestando nel merito la disposizione UE, chiede che i cambiamenti legati alla svolta ambientale siano organizzati in un pacchetto unico e coerente che dia tempo e modo ai produttori di adeguarsi avendo le giuste garanzie.
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