Negli USA è successo ancora: gli agenti di polizia hanno ucciso un afroamericano, che si aggiunge alla lunga lista di casi verificatisi negli ultimi anni. Questa volta, però, a complicare ulteriormente la vicenda è anche il fatto che l’uomo si trovava sulla sedia a rotelle, aveva entrambe le gambe amputate sempre per via di un altro scontro precedente con le forze dell’ordine. Quando smetteremo di sentir parlare di episodi analoghi?
Un uomo di 36 anni, Anthony Lowe è stato ucciso da alcuni agenti della polizia a Huntington park, nel sud della California. L’uomo sarebbe stato accusato di aver accoltellato una persona immotivatamente e di averla ferita gravemente, ma come lui sia morto esattamente non è ancora chiaro. La famiglia intanto chiede giustizia.
La polizia statunitense ha ucciso un (altro) afroamericano
La storia si ripete. Ancora e ancora: un altro uomo di colore è stato ucciso dalla polizia americana. Questa volta teatro di questa (a dir poco) spiacevole vicenda è Huntington park, nel sud della California, ma c’è di più: l’uomo era su una sedia a rotelle, dato che complica ovviamente le cose.
Quello che fa riflettere è che questo non è un caso, è l’ennesimo caso. Neanche un mese fa un altro – non molto diverso da questo – aveva scosso l’opinione pubblica. Attenzione: leggendo la dinamica vi sembrerà di averla già sentita. È il 3 gennaio quando Keenan Anderson, insegnante di 31enne – che, per inciso, è anche il cugino della fondatrice di Black Lives Matter, Patrisse Cullors – rimane coinvolto in un incidente stradale all’altezza di un incrocio. Come da prassi, arrivano gli agenti della polizia e (forse dovremmo dire ancora come da prassi) quando si accorgono che l’uomo è di colore, il loro trattamento diventa sempre decisamente – anzi, eccessivamente – duro.
L’uomo si sposta sul marciapiede, come gli agenti gli avevano ordinato di fare cioè, e si posiziona contro il muro, sempre seguendo le loro indicazioni. A un tratto, però, impaurito, fugge. Ahinoi, gira un video sul web che testimonia il tutto, quindi questo racconto è basato su fatti che abbiamo potuto visionare e non di cui abbiamo solo sentito parlare. Nelle immagini si vede chiaramente l’uomo sedersi a terra – come gli agenti gli avevano chiesto – assecondare tutte le loro richieste, scusarsi più volte con loro. Ma si vede anche un uomo intimorito dalla divisa, che chiede aiuto disperatamente e che invoca – non a caso – George Floyd, ripetendo continuamente “vogliono farmi fare la fine di George Floyd“.
Sempre nel video si vede chiaramente degenerare la situazione: l’uomo si dimena – visibilmente preoccupato – e a quel punto si innesca un circolo vizioso per il quale più gli agenti lo vedono muoversi più lo intimoriscono, minacciandolo di usare il taser, più lui quindi, impaurito, si muove. Alla fine l’agente il taser uno degli agenti lo usa eccome, per più di 30 secondi di seguito, poi il 31enne viene ammanettato ammanettato alle mani e ai piedi e portato in un ospedale locale dai paramedici. Qui circa circa quattro ore e mezza dopo muore per un arresto cardiaco.
Alla fine in una conferenza stampa il capo della polizia di Los Angeles, Michel Moore, ha dichiarato che Anderson si comportava “in maniera stravagante” e nel suo sangue sono state rinvenute tracce di cannabis e cocaina. Ma poco cambia: la famiglia e gli attivisti chiedono giustizia.
Passa meno di un mese e si verifica un altro caso analogo – ma probabilmente ancora più grave – in California.
L’ultimo caso registrato in California
Il 26 gennaio la polizia di a Huntington park, nel sud della California, risponde a una chiamata: qualcuno sta cercando di accoltellare qualcun altro. La situazione potrebbe diventare gravissima quindi, non c’è tempo da perdere e allora via sul posto a controllare cosa sta accadendo di fatto. Arrivati lì, gli agenti si rendono conto che c’è un afroamericano di 36 anni, Anthony Lowe, con un coltello in mano. L’uomo, per uno “strano” caso del destino, ha perso entrambe le gambe in un altro incidente con la polizia, avvenuto però in Texas.
Cercano così di raggiungerlo, ma lui fa di tutto per non farsi prendere e, in un altro video che circola sul web, girato da un testimone che passava di lì in quegli attimi, si vede chiaramente Lowe scendere dalla carrozzina e iniziare a correre sui monconi pur di tentare di seminare gli agenti. Questa volta la dinamica dei fatti non è chiarissima, perché i poliziotti hanno rivisto più volte la loro versione ma, a quanto pare, avrebbero usato il teaser sull’uomo almeno un paio di volte.
Nel video – che ha iniziato a diffondersi su Twitter solo il 30 gennaio, quindi circa quattro giorni dopo l’accaduto – si legge chiaramente che i poliziotti hanno affermato di avere paura che “Lowe lanciasse loro il coltello che aveva” in mano. Stando alle dichiarazioni delle autorità, in pratica, il 36enne precedentemente aveva “accoltellato qualcuno senza essere stato provocato” e questo qualcuno alla fine aveva rilevato “ferite critiche”.
In ogni caso alla fine l’uomo è morto e adesso i suoi familiari chiedono che gli agenti colpevoli – di cui però al momento non conosciamo l’identità – vengano licenziati e accusati di omicidio. Secondo loro, infatti, Lowe sarebbe stato “colpito alla schiena e le sue condizioni non potevano rappresentare una vera minaccia per gli agenti, che erano armati di pistole”. Proprio loro che dovrebbero proteggere e servire i cittadini, come ha rimarcato Anthony Fuller, il cugino della vittima, durante una conferenza stampa organizzata dalla famiglia della vittima. Per adesso, stando alle notizie trapelate fino ad ora, i poliziotti in questione sarebbero solo stati sospesi, ma non possiamo sapere se in futuro saranno presi altri provvedimenti oppure no ovviamente.
La famiglia di Lowe chiede che gli agenti vengano licenziati e accusati di omicidio. Lowe sarebbe stato “colpito alla schiena e le sue condizioni non potevano rappresentare una vera minaccia per gli agenti, che erano armati di pistole” dicono i familiari. “Voi ragazzi dovreste essere qui per proteggerci e servirci”, ha detto il cugino di Lowe, Anthony Fuller, di Huntington Park rivolgendosi agli agenti, in una conferenza stampa organizzata dai familiari della vittima.
Dobbiamo precisare che, secondo delle statistiche recenti, il 10% delle persone uccise dai poliziotti statunitensi sono persone fermate inizialmente per un incidente oppure una semplice infrazione stradale e che però un afroamericano rischia circa due volte e mezzo in più di un bianco di morire. A parte il succitato caso – che ha fatto il giro del mondo – se volessimo guardare solo le vicende che risalgono agli ultimi mesi, troviamo quella del 15enne morto in Mississippi circa quattro mesi fa sparato alla testa da un agente, un 20enne ucciso nel suo letto durante una perquisizione, in Ohio (precisamente a Columbus), un 22enne colpito al petto da una pistola di un poliziotto che aveva fatto irruzione nel suo appartamento mentre la vittima dormiva sul divano.
Insomma la lista dei casi è lunghissima, considerando che in realtà questi risalgono solo all’ultimo periodo, ma volendo scavare a fondo ne troveremmo probabilmente centinaia. Quando finiremo di sentir parlare di vicende analoghe?