Un fazzoletto con tracce di Dna nel giallo di Alice Neri e i vestiti del terzo uomo distrutti e quindi impossibili da sottoporre ad analisi: sono le ultime novità nel caso della 32enne morta carbonizzata in un campo a Fossa di Concordia (Modena).
In carcere, principale indiziato del delitto, c’è il 29enne tunisino Mohamed Gaaloul. Per la difesa, gli elementi a carico sarebbero insussistenti e non ci sarebbe uno straccio di prova a inchiodarlo al profilo del killer.
Nel mistero che avvolge la morte di Alice Neri a Fossa di Concordia, nel Modenese, spunta un reperto che potrebbe aprire alla svolta.
Si tratta di un fazzoletto con tracce di Dna, riporta Il Resto del Carlino, che sarebbe stato trovato dai consulenti del marito, Nicholas Negrini, e che gli stessi ora chiedono di analizzare con un ampliamento dell’incidente probatorio.
Il fazzoletto sarebbe stato repertato durante un sopralluogo condotto da Katia Sardori e Luciano Garofano, rinvenuto attaccato ad un pezzo di pneumatico anteriore, lato guida.
Stando a quanto riferito allo stesso quotidiano, su quel reperto sarebbe stato isolato del Dna maschile su cui ora sarebbero state sollecitate delle indagini più approfondite.
Un’altra novità, in termini negativi, si aggiunge a quella potenzialmente utile relativa al Dna isolato sul fazzoletto che potrebbe essere un reperto del delitto di Alice Neri.
La riporta sempre Il Resto del Carlino, secondo cui gli indumenti del terzo uomo, cioè del collega mai indagato che avrebbe nutrito un interesse sentimentale per Alice Neri, non possono essere analizzati.
A chiedere che venissero condotti accertamenti sui vestiti indossati dall’uomo sarebbe stato il marito della 32enne, ma questi esami non potrebbero essere effettuati perché sarebbero stati già distrutti.
La distruzione di reperti potenzialmente utili alle indagini è materia scottante tra le cronache italiane.
In molti altri casi famosi, infatti, si è verificata l’impossibilità di condurre accertamenti per via di questa circostanza, con l’effetto di un deficit insuperabile in sede di indagine.
Nel giallo di Alice Neri, in particolare, l’analisi sui vestiti del “terzo uomo” chiesta dal marito, secondo i consulenti avrebbe potuto dissipare i dubbi sull’eventuale presenza di tracce riconducibili al caso.
Gli indumenti sequestrati dai carabinieri di Modena lo scorso 25 novembre al collega di Alice Neri, alcune tute da lavoro, sarebbero stati distrutti.
Ad alimentare l’attenzione su quei vestiti sarebbe stata la segnalazione di un altro dipendente dell’azienda che, insospettito dalla richiesta di un cambio di indumenti consistente e senza preavviso, avrebbe parlato della circostanza con gli inquirenti.
Dai primi accertamenti, stando alla ricostruzione del quotidiano, sarebbero emerse tracce di terra ed erba.
Per questo, lo scorso 31 marzo l’avvocato Antonio Ingroia, legale del marito della vittima, Nicholas Negrini, avrebbe chiesto alla Procura accertamenti irripetibili su quella tuta così da comparare il materiale con il terreno del luogo del ritrovamento di auto e corpo bruciati di Alice Neri.
Gli indumenti del terzo uomo, però, non essendo soggetto indagato, nel frattempo sarebbero stati restituiti all’azienda ed infine distrutti.
Un “buco” che non potrà essere colmato: “Analizzare quella tuta – ha spiegato Sartori – sarebbe servito anche a mitigare tutti quei dubbi che sono saltati fuori attraverso varie trasmissioni e testate giornalistiche. Sarebbe servito anche a lui stesso“.
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