Si allungano in Italia i tempi per gli accertamenti: i cittadini iniziano a spendere sempre di più di tasca propria, e i medici continuano a mancare.
Quella che una volta era una succursale si appresta a diventare la prima scelta degli italiani. Stiamo parlando della sanità privata, arrivata a ricoprire il 35% delle visite e delle analisi nel nostro Paese secondo i dati forniti dall’Agenzia sanitaria delle Regioni.
La Sanità verso il privato: un italiano su tre paga per analisi e visite
Nella giornata di ieri il presidente della Repubblica presente al festival delle Regioni aveva posto l’accento sul Servizio sanitario, ricordandone l’importanza e la necessità di tutela. Un appello coerente, quello di Sergio Mattarella, visti i tempi difficili per la Sanità italiana. I cittadini stanno infatti iniziando a spegnere sempre di più per curarsi, mentre i medici scarseggiano o scappano dal Paese.
Il trend è in crescita per quanto riguarda le consultazioni private, con un italiano su tre ormai disposto a farsi visitare o a sottoporsi a esami diagnostici pagando di tasca propria. Una crisi, quella del servizio pubblico, che sta facendo secondo gli ultimi dati statistici scivolare sempre di più le prestazioni mediche verso il privato – settore che un tempo era residuale, adesso è l’epicentro -.
Lo confermano i dati Agenas (l’Agenzia sanitaria delle Regioni) che hanno confermato come il 35% di chi ha bisogno di chiedere il consiglio di uno specialista o soltanto di effettuare accertamenti, si rivolge ai centri privati (anche per operazioni che richinerebbero solamente il pagamento del ticket in ospedale o addirittura consultazioni gratuite) o alla libera professione dei dipendenti.
Le liste d’attesa, l’offerta e le prestazioni inutili
Gravano e non poco le liste d’attesa su queste decisioni. Ci sono per legge diverse classi di priorità per i pazienti, che fanno da U di urgente, i quali vanno accolti entro 72 ore. C’è la B di breve, che invece ha un limite di 10 giorni massimo, e la D di differibile, che invece prevede prestazione entro i 30 giorni per le visite e 60 giorni per gli esami. Infine c’è la P di programmata, per la quale classe la prestazione dovrà essere garantita entro 120 giorni, tre mesi.
La classe al momento più in crisi è quella D, ossia la più diffusa in Italia. Nelle Regioni del Nord per una gastroscopia i tempi di attesa potrebbero arrivare anche a un anno, mentre le una risonanza non si riesce in certi casi a fissare un appuntamento con liste piene fino all’orlo. Ed ecco che il privato diventa l’unica soluzione per i cittadini, costretti a pagare per delle prestazioni che in teoria dovrebbero essere garantite.
Ma ci sono anche altre dinamiche secondo i recenti dati a influire su questo andamento. Intanto le liste d’attesa interminabili nascono da alcuni fattori tra cui l’offerta pubblica, sempre più bassa rispetto alla domanda. C’è da considerare anche le richieste di prestazioni inutili, inappropriate. Su questo punto da tempo si spinge, senza arrivare ad alcuna conclusione, per delle riforme per tenere sotto controllo le prescrizioni di visite o di esami inutili.
L’offerta secondo Agenas rimane inadeguata. Il servizio pubblico non lavora – e questa è una certezza – con i ritmi pre Covid, con il 2019 archiviato a 228milioni di visite, mentre sono state 163 e 194 milioni le visite nel 2020 e nel 2021. L’anno scorso una risalita, ma ancora l’11% in meno rispetto al 2019 (205milioni di visite). Anche la domanda però è aumentata, e questo non fa altro che alimentare l’inefficienza.
Anche i medici sono in fuga
C’è anche da considerare la fuga dei medici. La questione si allarga in questo senso visto che il sottofinanziamento rimane un tema centrale nella vicenda, con i lavoratori del sistema sanitario che chiedono ormai da tempo stipendi più alti. Lo hanno fatto gli infermieri, soprattutto, insieme ai medici. La paga però per i dottori è rimasta di circa 3mila euro al mese, e fino a quando rimarrà tale pare ovvio che ci saranno trasferimenti nel privato.
I sindacati hanno fatto sapere in questo senso che i medici che lasciano il Sistema sanitario ogni anno sono circa 2mila, per raggiungere all’estero strutture più funzionanti e guadagnare fino al doppio dei soldi; ci sono quelli che si dedicano invece alla libera professione.