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Un premio Nobel per la pace ucraino ha chiesto che venga istituito un tribunale speciale per processare Putin

Oleksandra Matviichuk, premio Nobel per la pace 2022, di origini ucraine, ha chiesto espressamente che possa essere istituito un tribunale ad hoc per Putin e le truppe russe in cui tutti loro possano essere processati con l’accusa di aggressione. A detta sua, infatti, per il popolo ucraino uno dei peggiori incubi sarebbe che tutti loro restassero impuniti (come, di fatto, sta accadendo attualmente). Ma non solo, perché la Matviichuk ha anche chiesto all’occidente di aiutare il procuratore ucraino, alle prese con troppe indagini sugli innumerevoli crimini di guerra commessi dallo scoppio del conflitto – che risale a un anno fa – ad oggi.

Putin – Nanopress.it

Cosa accadrà a Putin e alle sue milizie quando la guerra sarà finita? Questo è ancora tutto da vedere. Solo pochi mesi fa, intervistato da Euronews, il procuratore capo della Corte penale internazionale dell’Aja, Karim Khan, aveva affermato senza mezzi termini che Putin e i militari russi non avrebbero goduto di alcuna immunità per i crimini di guerra commessi, ma che questo sarebbe potuto accadere solo se ci fossero state abbastanza prove a loro carico. Si parla infatti di bombardamenti indiscriminati, stupri, torture nei confronti della popolazione civile: tutti questi capi di accusa sono gravissimi, ma per essere puniti dovranno essere comprovati. Per farlo, comunque, il procuratore capo può contare anche su Eurojust, l’agenzia di cooperazione giudiziaria dell’Unione Europea, e su sei Paesi membri. Riportiamo per completezza alcune delle sue parole: “Non c’è immunità per i crimini internazionali. E uno dei principi di Norimberga è che non esiste prescrizione per crimini di guerra o crimini contro l’umanità. (…) Non si possono prendere di mira deliberatamente e intenzionalmente obiettivi civili: scuole, ospedali o luoghi di residenza, a meno che essi non vengano utilizzati dall’avversario per ottenere un netto vantaggio militare”. Oggi un premio Nobel per la pace, Oleksandra Matviichuk, ha rincarato la dose, chiedendo che possa essere istituito un tribunale speciale proprio per poter punire tutti loro.

Il premio Nobel per la pace chiede un tribunale speciale per Putin

Un premio Nobel per la pace ucraino ha chiesto di creare un tribunale speciale per processare Vladimir Putin e i suoi “associati”. Quali sarebbero le accuse è molto chiaro a tutti: del resto, solo pochi giorni fa c’è stato il (tristissimo) anniversario del conflitto e quello che è accaduto negli ultimi 12 mesi è ormai noto. E sì, lo è anche quello che non si dice (ma si sa). E allora l’accusa principale sarebbe l’aggressione. Questa potrebbe servire per “raffreddare” Putin e i militari russi e cercare di ridimensionare le atrocità da loro commesse. 

Il premio Nobel in questione è Oleksandra Matviichuk, capo del Centro per le libertà civili (CCL), grazie a cui ha vinto nel 2022 insieme ad Ales’ Bjaljacki e all’organizzazione russa Memorial. Fondato nel 2007, il Centro ha condotto una campagna per il cambiamento democratico in Ucraina. Dal 2014 ad oggi – quindi negli ultimi nove anni, cioè da molto prima che il conflitto scoppiasse – ha documentato più di 26.000 crimini di guerra nella Crimea annessa alla Russia e nelle due repubbliche autoproclamate a Donetsk e Luhansk gestite da delegati russi.

Secondo la Matviichuk intraprendere un’azione legale contro il presidente e le truppe potrebbe dissuadere loro dal commettere altri crimini, salvando quindi di fatto numerose vite. Del resto ricordiamo che lei è innanzitutto avvocato, quindi con la legge ha rapporti molto stretti. Ma in questo caso possiamo affermare a gran voce che il suo reale obiettivo non è di certo mostrare le sue abilità professionali, ma è difendere il suo Paese.

Come lei stessa ha affermato, infatti, in questo modo alcuni soldati – non tutti, ma almeno alcuni sì – si renderebbero conto che il regime autoritario di Putin avrà una fine e che saranno chiamati a rendere conto delle loro azioni. Sapere che non potranno più “nascondersi” dietro Putin, che saranno responsabili in prima persona del loro operato, potrebbe indurli a non commettere ulteriori crimini. Potrebbe, ma non è neanche detto e l’avvocata in fondo lo sa bene.

Il punto però è questo: attualmente processare Putin, e gli altri leader politici con l’accusa di aggressione è difficile, perché il primo ministro russo non può essere perseguito presso il tribunale penale internazionale dell’Aia (fermo restando che, come abbiamo anticipato, il procuratore capo della Corte penale internazionale dell’Aja Karim Khan si sta comunque impegnando per cercare di bypassare la sua impunibilità, considerando che i crimini di cui si è macchiato insieme ai suoi soldati sono andati al di là della guerra e sono sfociati nella violenza più totale contro il popolo ucraino).

Ecco perché – probabilmente – gli alleati dell’Ucraina stanno discutendo l’idea, che per adesso però è ancora in fase embrionale dato che i colloqui attualmente, come hanno affermato diversi funzionari, sono ancora in fase iniziale.

A questo punto, però, una precisazione va fatta: verso i primi di febbraio – quindi circa tre settimane fa – l’UE aveva promesso che avrebbe reso operativo a partire da luglio di quest’anno un centro internazionale con sede a L’Aia finalizzato a raccogliere e conservare eventuali prove riconducibili al crimine di aggressione. Ad oggi, però, non è chiaro né se questa promessa sarà mantenuta e diventerà realtà né tantomeno dove esattamente queste prove saranno ascoltate.

Oleksandra Matviichuk – Nanopress.it

Ma vale la pena soffermarsi sulle parole e sulla precisa volontà della Matviichuuk, che pare invece avere le idee chiarissime attualmente.

Le sue richieste sono ben chiare

Il premio Nobel per la pace 2022, nell’esprimere la sua volontà di istituire un tribunale speciale per punire Putin e le sue truppe per aggressione, ha esortato le nazioni occidentali ad aiutare Andriy Kostin, il procuratore generale dell’Ucraina, impegnato attualmente a indagare su decine di migliaia di crimini di guerra.

Quello che vorrebbe, in pratica, è vedere giudici e pubblici ministeri di tutto l’Occidente lavorare in sinergia con il suo Paese natale, che attualmente è oberato di lavoro date le ultime vicende (appare anche abbastanza chiaro). Basti pensare che esattamente dieci giorni fa, il 17 febbraio cioè, Kostin ha dichiarato che, insieme al suo ufficio, stava lavorando precisamente a 67.000 casi di crimini di guerra. E con questo abbiamo detto tutto: probabilmente se volessimo quantificarli tutti, prendendo in esame anche quelli insabbiati, celati, nascosti in una scatola immaginaria chiusa a tripla mandata, non basterebbe un anno intero. Le notizie che arrivano continuamente sono troppe, alcune delle quali non sono neanche proponibili data la loro atrocità.

Come ha affermato la Matviicuk, infatti: “È ovvio che anche il miglior ufficio del pubblico ministero del mondo non potrebbe indagare efficacemente su così tanti procedimenti penali in modo efficace, specialmente durante la guerra. Quindi la domanda è: chi indagherà?”. La risposta che si è data è chiarissima: gli altri procuratori occidentali. Ma bisogna vedere se anche loro saranno d’accordo e saranno disponibili a lavorare praticamente incessantemente.

Il premio Nobel per la pace 2022 ha poi aggiunto che le due iniziative – quella del tribunale speciale e quella del sostegno al procuratore dell’Ucraina – non solo possano iniziare parallelamente, ma possano anche farlo nel minor tempo possibile: attualmente non c’è proprio tempo da perdere, anzi. Secondo l’avvocata non bisogna di certo aspettare che la guerra finisca (ammesso e non concesso che finisca a breve, perché a conti fatti la fine non sembra poi così vicina), anche perché, sempre a detta sua ovviamente, il mondo è ancora troppo abituato a vedere la giustizia internazionale com’era ai tempi dei processi di Norimberga, quando cioè i criminali di guerra vennero processati solo dopo il crollo del regime nazista.

Alla fine Oleksandra Matviichuk ha aggiunto: “È importante stabilire questi meccanismi ora, perché quando ho parlato con le vittime, mi hanno detto che i loro autori si sono sempre sentiti molto fiduciosi che avrebbero evitato la responsabilità. Hanno goduto dell’impunità”.  Quindi, ricapitolando, Putin e le sue truppe sono tutti sicuri di “scamparla”, di restare impuniti, di farla franca insomma. Possiamo dirlo in mille modi diversi, ma la situazione è sempre la stessa. Davvero sapendo che le loro azioni avrebbero un riscontro giudiziario, si fermerebbero sia il presidente russo che i suoi soldati? Chi lo sa.

Fatto sta che appare difficile oggi, a un anno dallo scoppio del conflitto, pensare che basti così poco per placare la furia – perché di fatto di questo si tratta – di Putin e la propensione delle sue truppe ad assecondare tutte le sue volontà.

C’è da dire che questa non è la prima volta che qualcuno propone una simile iniziativa: già nell’aprile del 2022 – quindi quasi un anno fa – il Presidente USA, Joe Biden, aveva dichiarato di voler avviare un processo internazionale contro Putin, accusato di genocidio. Alla sua voce, diversi mesi dopo, cioè verso la fine del 2022, si era aggiunta quella di Ursula Von der Leyen, che aveva proposto la costituzione di un Tribunale ad hoc per il crimine di aggressione commesso dalla Russia (a cui ovviamente gli Stati Uniti avevano promesso massimo supporto). Entrambi poi avrebbero voluto esautorare la Corte penale internazionale, il Cpi.

In ogni caso, come ha affermato sempre l’avvocata, da un sondaggio del Kyiv International Institute for Sociology (risalente a diversi mesi fa, quando la guerra era iniziata da sei mesi al massimo), si evince che circa due terzi degli intervistati (il 65,8% per essere precisi) ha dichiarato che la sua più grande delusione alla fine della guerra sarebbe stata l’impunità per i crimini di guerra.

Forse, però, oggi che di mesi ne sono passati altri sei, che di sangue sparso gli ucraini ne hanno visto tantissimo, che finalmente sono trapelate anche notizie circa il vero trattamento che le truppe russe hanno riservato ai civili innocenti (tra cui bambini), forse tutti loro vorrebbero in primis che tutto finisse e basta e poi, solo dopo, che i crimini ormai già commessi possano essere puniti.

Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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