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Un tribunale del Regno Unito ha accusato un politico nigeriano di traffico di organi

L’uomo ha sostenuto di aver sperato di trovare “un buon samaritano” in Nigeria che di sua spontanea volontà e mosso da compassione volesse donare un rene alla figlia malata e bisognosa di un trapianto.

Londra, archivio – Nanopress.it

L’accusa è di traffico di organi.

Politico nigeriano ha pagato un medico per avere un organo

Un politico nigeriano accusato di traffico di organi nel Regno Unito ha ammesso di aver pagato un dottore che si era offerto di trovare un donatore compatibile con la figlia. A raccontare la storia è stato il quotidiano inglese The Guardian citando una udienza svolta all’Old Bailey di Londra, il principale tribunale penale della città.

Ike Ekweremadu, 60 anni, ex vicepresidente del Senato nigeriano, ha ammesso di aver pagato Obinna Obeta, un medico che ha offerto aiuto all’uomo in cambio di denaro. Il politico ha confermato di aver dato al dottore una somma iniziale pari all’equivalente di 1,800 sterline.

Il rene per un trapianto

I fatti risalgono al settembre 2021. La quota di partenza, secondo quanto ricostruito nell’udienza, serviva al dottore per cercare un rene idoneo alla donazione. Alla figlia malata di Ekweremadu, infatti, serviva un trapianto. La ragazza all’epoca dei fatti era una studentessa all’università di Newcastle. “Il dottor Obeta aveva richiesto 1 milione di naira (la valuta nigeriana, ndr) per avviare la ricerca e lo screening, così ho trasferito i soldi”, ha raccontato l’uomo in tribunale.

Il politico ha quattro figli, tutti hanno studiato nel Regno Unito, ma nessuno di loro è compatibile per il trapianto. Sonia, questo il nome della figlia, ha infatti un gruppo sanguigno diverso rispetto a quello dei fratelli. Nemmeno i familiari più stretti sono risultati idonei all’operazione. L’uomo ha allora pensato di “espandere” la ricerca rivolgendosi appunto al medico.

Vendere organi propri o altrui è vietato e illegale, soprattutto per chi è ancora in vita. L’avvocato difensore del politico ha chiesto all’uomo se avesse capito la normativa inglese relativa al trapianto di organi. Il padre di Sonia ha risposto che “non ci deve essere coercizione nei confronti del donatore. Deve essere una libera scelta e non dovrebbe esserci ricompensa, salvo per le spese mediche necessarie e un rimborso” per il tempo sottratto al lavoro produttivo.

Il fratello come tramite e il precedente

Ekweremadu, che tra l’altro è stato il delegato della Nigeria alla conferenza sul clima tenutasi a Glasgow nel 2021, la Cop26, era entrato in contatto con con il dottor Obeta tramite suo fratello, in quanto i due erano stati colleghi di corso a medicina. L’uomo ha sostenuto in tribunale di aver sottolineato al fratello di “mettere in chiaro con il dottore” che la vicenda si doveva svolgere “seguendo la legge”.

Ekweremadu si è appellato all’“altruismo degli estranei”. Ha sostenuto infatti che sia “legale per le persone donare i reni, a patto che siano mosse da compassione. Deve essere un gesto altruistico. Ci deve essere un desiderio del buon samaritano”, ha detto l’uomo, raccontando di avere avuto la speranza di poter trovare un donatore in Nigeria. La Nigeria è una società compassionevole, più della maggior parte degli altri paesi africani”, ha aggiunto nella corte di tribunale.

Il dottor Obeta stesso aveva ricevuto un trapianto di rene nel 2021 nella stessa struttura ospedaliera dove si trovava Sonia. Il medico la scorsa settimana ha ammesso di aver mentito riguardo il legame di parentela con il suo donatore, che era stato identificato come suo cugino. Aveva infatti fatto carte false per convincere l’ospedale a eseguire l’operazione. Probabilmente questa esperienza precedente lo ha poi spinto a riproporre lo stesso schema anche con la figlia del politico nigeriano. Ekweremadu, la moglia, la figlia Sonia e Obeta hanno negato di aver organizzato o facilitato il viaggio di un giovane ragazzo dalla Nigeria al Regno Unito per poi poter avere il suo organo. Hanno poi respinto tutte le accuse a loro carico mosse in sede di tribunale.

Diana Sarti

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