La Procura di Trieste ha riaperto il caso Unabomber poco prima della fine dell’anno. Dopo l’ultimo attentato avvenuto nel 2006, il pm ha chiesto al gip di poter effettuare un incidente probatorio per sottoporre a indagine genetica alcuni reperti tra gli oggetti sequestrati al fine di individuare i responsabili.
Sarebbero circa 10 i nuovi indagati del caso; le persone coinvolte nel passato, invece, sono state scritte nel registro degli indagati onde evitare questioni di inutilizzabilità.
Il pm di Trieste chiede incidente probatorio per il caso Unabomber
Sono trascorsi 16 anni dall’ultimo attentato Unabomber e a distanza di tempo, meno di due mesi fa, il caso è stato riaperto. Il pm di Trieste, Federico Frezza, ha chiesto al giudice di poter effettuare incidente probatorio su alcuni reperti sequestrati al fine di individuare i responsabili della vicenda:
“nel fascicolo risulta indagata una persona la cui attendibilità appare problematica ed è tutta da verificare e altre nove, tutti coloro che avevano rivestito tale posizione nel corso dei procedimenti avviati all’epoca dalla stessa Procura“.
Queste le parole del pm il quale dichiara che il numero degli indagati sale a quota 10; Antonio De Nicolo, il procuratore capo, ha spiegato che soltanto l’accertamento genetico sarà utile al fine di individuare i responsabili o il responsabile.
La riapertura del caso Unabomber
Forse in molti non conoscono il caso Unabomber. Ritornato alla cronaca nazionale solamente due mesi fa dopo 16 anni di silenzio e di una vicenda lasciata irrisolta. Per i pochi informati, Unabomber non è altro che un bombarolo seriale mai identificato: la sua strategia consisteva nel lasciare in luoghi pubblici o aperti ordigni esplosivi improvvisati senza un movente definito.
Poco prima della fine dell’anno la decisione di riaprire il caso, dopo l’istanza presentata dal giornalista Marco Maisano e da Francesca Girardi e Greta Momesso, entrambe vittime di Unabomber.
La speranza risiede nel fatto che a distanza di anni, la scienza abbia sviluppato dei progressi e quindi dal materiale del DNA messo a disposizione, si potrebbe risalire a degli indizi importanti per poter smascherare il volto del responsabile o dei responsabili che nell’arco di tempo dal 1993 al 2006 molte persone sono rimaste vittime di molte stragi.
Dai tubi in ferro imbottiti di esplosivo agli oggetti utilizzati nell’uso quotidiano, come ad esempio un uovo all’interno di un supermercato, un evidenziatore, un ovetto kinder, una scatola di sgombri, sino ad arrivare nei bagni del tribunale di Pordenone, la sede dove all’epoca dei fatti s’indagava sul caso.