Prima che scoppiasse lo scandalo con l’inchiesta de Le Iene, l’Unar aveva già scatenato polemiche, facendo arrabbiare Giorgia Meloni ma soprattutto gli ultracattolici. Argomenti al centro delle diatribe immigrati e gay. Categorie sotto la tutela dell’Unar, l’Ufficio Nazionale anti-discriminazioni razziali del Dipartimento Pari opportunità che gestisce soldi pubblici finanziando progetti tramite la pubblicazione di bandi.
E, secondo quanto emerso dal servizio della Iena Filippo Roma, anche circoli che organizzavano festini gay a pagamento. Circoli a cui sarebbe iscritto anche Francesco Spano, direttore dell’Unar, che si è dimesso: «Ho deciso di rimettere il mio mandato non perché ritenga di avere responsabilità, perché rivendico la piena correttezza del mio operato in questo anno, ma per rispetto al ruolo affidato all’ufficio che fino ad oggi ho avuto l’onore di guidare. Occuparsi di contrasto alle discriminazioni presuppone, infatti, entusiasmo e generosità: due doti che ho provato ad avere sempre in questi mesi e che questa squallida vicenda mi ha tolto».
Torniamo indietro di qualche anno ricordando le vecchie polemiche che hanno coinvolto l’Unar. La prima è stata quella per gli opuscoli che, come gridarono scandalizzati i cattolici più integralisti, avrebbero sponsorizzato la teoria gender nelle scuole a discapito della famiglia tradizionale. Il caso scoppiò nel marzo 2014, quando il cardinale Angelo Bagnasco chiese al governo Renzi di mettere al bando i nuovi libri di testo per le scuole elementari e le medie autorizzati dai governi Monti e Letta per combattere l’omofobia. I tre volumetti incriminati, dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, erano stati curati dall’Unar e realizzati dall’istituto Beck. Obiettivo era combattere l’omofobia e il bullismo.
Ad esempio, nella sezione domande e risposte dei volumi c’era scritto questo: «I rapporti sessuali omosessuali sono naturali? Sì. Il sesso tra le persone dello stesso sesso è presente in tutta la storia dell’umanità, sin dall’antica Grecia. Inoltre, molti eterosessuali possono avere sporadiche fantasie omosessuali, così come molti omosessuali possono avere sporadiche fantasie eterosessuali. Un pregiudizio diffuso nei paesi di natura fortemente religiosa è che il sesso vada fatto solo per avere bambini. Di conseguenza tutte le altre forme di sesso, non finalizzate alla procreazione, sono da ritenersi sbagliate. Un altro pregiudizio è che con l’omosessualità si estinguerebbe la società. In realtà, come afferma l’Organizzazione mondiale della sanità, la sessualità è un’espressione fondamentale dell’essere umano. L’unica cosa che conta è il rispetto reciproco dei partner».
Frasi che hanno fatto rivoltare l’abito talare di Bagnasco, che attaccò i libretti rei di «instillare preconcetti contro la famiglia e la fede religiosa», parlando di «strategia persecutoria contro la famiglia». E ancora: «Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei campi di rieducazione, di indottrinamento. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? I genitori non si facciano intimidire…non c’è autorità che tenga». La tesi di Bagnasco fu sostenuta da media e associazioni cattoliche, che dichiararono guerra alla cosiddetta teoria gender attaccando pesantemente l’Unar.
Family Day contro l’Unar
Massimo Gandolfini, presidente del Comitato promotore del Family Day, dopo lo scandalo per il video de Le Iene è tornato all’attacco: «Siamo indignati e offesi di fronte alla notizia del finanziamento da parte dell’UNAR di un’associazione gay che organizza serate con sesso a pagamento, così come emergerebbe dall’inchiesta del programma Le Iene. È un fatto scandaloso ma che, purtroppo, non ci coglie di sorpresa: sono anni che denunciamo come nel nostro Paese sia in atto una strategia che vuole demolire quei valori morali su cui è stata costruita la nostra civiltà, cominciando dalla famiglia naturale. Già nel 2012 venne organizzato l’ignobile tentativo di introdurre l’educazione gender nelle scuole, con libretti costati 20mila euro, e che la nostra azione ha fermato. Chiediamo al Governo perché l’UNAR, nato per contrastare le discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica – e ce ne sarebbe tanto di lavoro da fare! – debba ficcare il naso in temi delicatissimi come l’educazione all’affettività e alla sessualità nella scuola, tema di competenza quasi assoluta della famiglia. Esortiamo il Governo ad annullare l’accreditamento alle 29 associazioni LGBTQ, cui venne affidato il compito di scrivere la strategia educativa a favore della cosiddetta identità di genere».
Scontro tra Unar e Giorgia Meloni
No #bavagliodistato No alla #censura del Governo #Renzi pic.twitter.com/whBSqLPlwZ
— Giorgia Meloni ن (@GiorgiaMeloni) 2 settembre 2015
Nello scontro con la leader di Fratelli D’Italia Giorgia Meloni i gay non c’entravano niente. A settembre 2015 è successo che la Meloni aveva scritto un post su Facebook lamentandosi della questione dei migranti che stava diventando ingestibile. Pochi giorni dopo si è ritrovata nella cassetta della posta la lettera dell’Unar, vidimata dalla Presidenza del Consiglio, che la invitava a «voler considerare per il futuro, l’opportunità di trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore». Giorgia Meloni urlò alla censura, facendosi un selfie con tanto di bavaglio, arrivando a scomodare persino Matteo Renzi e lanciando una petizione con l’hashtag “Bavaglio di Stato”.
Dopo il video delle Iene, la Meloni ha rimarcato il suo parere sull’Unar con questo post su Facebook.