Dopo il successo riscosso con la prima edizione, Nove torna a proporci Undressed: il dating show dove il primo appuntamento si fa… a letto! E soprattutto in lingerie. Una stanza buia, un letto matrimoniale, uno schermo attraverso cui vengono date alcune indicazioni per orientare l’interazione tra i protagonisti, due persone rigorosamente single alla ricerca di una potenziale anima gemella, mezz’ora di tempo per conoscersi e decidere se continuare a frequentarsi dopo il primo incontro. Questi sono gli ingredienti della proposta firmata Magnolia, dove le logiche delle dinamiche di coppia vengono rovesciate: dimentichiamo la struttura alla Uomini e Donne, dating show della tv italiana per eccellenza, in cui il contatto fisico giunge, solitamente, dopo un minimo di conoscenza e confronto verbale, anche se magari scarsamente edificante. In Undressed si va subito al sodo: prima ci si spoglia l’un l’altro e poi si inizia a conoscersi.
Si dà vita a quello che viene presentato come un esperimento sociale, espressione ampiamente spesa per definire, tra l’altro, un prodotto per certi versi analogo, recentemente sbarcato nella tv italiana e che ha completamente sdoganato il dating senza veli: L’isola di Adamo ed Eva.
Espressione che appariva un po’ pretestuosa in quel caso, così come adesso: difficile non cogliere in questi format una più semplice volontà di alzare l’asticella del consentito, stuzzicando la curiosità voyeuristica dello spettatore. Se però ne L’isola di Adamo ed Eva la nudità veniva presentata come condizione di naturalezza – coerente con la scelta di una location selvaggia e incontaminata – che avrebbe dovuto permettere ai protagonisti di conoscersi senza orpelli e sovrastrutture, in Undressed si avverte moltissimo la contrapposizione tra l’essenzialità della nudità e l’artificiosità della situazione.
L’interazione della coppia non è spontanea, bensì guidata dalle istruzioni che provengono dal maxi schermo collocato nella stanza. La tv diventa demiurgo che plasma la relazione. Burattinaia che muove i fili e guida le mosse di persone che, in questo senso sì, sembrano diventare quasi soggetti da laboratorio, sotto la lente d’ingrandimento dello spettatore curioso di scoprire quali saranno le reazioni allo stimolo dato.
Reazioni che vengono rese tangibili da un buon lavoro di regia e montaggio: l’essenzialità del setting e del concept fanno sì che tutto si giochi sulla capacità di saper rendere, attraverso la scelta di inquadrature e di dettagli, le emozioni vissute dai protagonisti nel delinearsi della loro interazione.
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