Ci sono aziende che non aspettano il ddl Cirinnà sulle unioni civili gay per estendere a tutti i dipendenti benefit e diritti. Aziende in cui non si pongono paletti rigidi attorno alla cosiddetta famiglia tradizionale e anche lavoratori Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) godono degli stessi diritti. Si tratta soprattutto di grosse multinazionali di stampo anglosassone, come Google, Twitter o General Electric, ma ci sono anche aziende italiane.
Esempi di come il privato anticipi i tempi senza aspettare che il pubblico approvi una legge. Il ddl Cirinnà, in questo caso, che da settimane sta incendiando l’opinione pubblica e che questi giorni sarà votato in Senato.
Parks, un’associazione di datori di lavoro che aiuta le aziende a realizzare le potenzialità di business legate a strategie inclusive della diversità Lgbt, ha divulgato i dati del Global Diversity Index. Quasi tutte le aziende, l’86%, hanno detto di aver introdotto politiche non discriminatorie. Ad esempio, l’estensione di benefit come auto aziendali e assicurazioni è comune. La percentuale si dimezza, però, quando entrano in gioco permessi familiari e congedi matrimoniali per unioni contratte all’estero, permessi per l’assistenza al compagno o alla compagna. Si scende sotto il 50% quando, toccando i temi della stepchild adoption, entrano in gioco i figli del conviventi dello stesso sesso.
Facciamo un po’ di esempi. Nel 2014 Intesa Sanpaolo ha siglato il “Protocollo quadro sull’inclusione e le pari opportunità”, che estende il congedo matrimoniale a chi si sposa all’estero e dà la possibilità di avere permessi di cura per handicap. Un’altra banca, la Unicredit, estende alle unioni civili permessi per ricongiungimento familiare, agevolazioni finanziarie e coperture assicurative. Un altro caso virtuoso è quello di Tim, che prevede la figura del diversity manager. È Fabio Galluccio: “Abbiamo iniziato l’attività sull’orientamento nel 2009 e molti colleghi hanno fatto coming out. Siamo diventati un punto di riferimento anche per colleghi-genitori che hanno figli gay”.
E ancora, Twitter permette anche in Italia di estendere l’assicurazione medica ai partner di qualunque sesso; Google riconosce benefit come licenza matrimoniale, congedo parentale e assicurazione sanitaria a tutte le coppie riconosciute, non solo eterosessuali. Al passo con i tempi l’italiana Vector. Giada (ha una compagna che aspetta un bambino grazie a un percorso di fecondazione eterologa a Madrid) racconta: “Le cose stanno cambiando a livello aziendale, e io sono il simbolo di questo cambiamento. È una trasformazione dell’azienda che non fa altro che rispecchiare quello che c’è già là fuori, nella società”.
Nella scelta di queste aziende all’etica si aggiunge, ovviamente, l’interesse economico. Elena Bonanni, direttrice delle risorse umane del Sud Europa di GE Oil & Gas, assicura che queste iniziative “hanno un ritorno sugli investimenti altissimo”, e mettono i “dipendenti nelle condizioni di lavoro migliori possibili. Perché, come afferma l’avvocato Ferdinando Poscio, partner dello studio legale Clifford Chance, padre insieme al proprio compagno di un bimbo: “Più una persona si sente a proprio agio nella realtà in cui si lavora, più riesce a essere produttiva”. Concetto confermato da Camilla Buttà, anche lei di Vector: “Da due anni stiamo percorrendo una strada di diversity management, abbiamo dipendenti dichiaratamente Lgbt. Anche se non siamo un’azienda grande nei numeri, sappiamo quanto è importante investire sul personale. Non tanto per ottenere risultati economici, ma per rendere questo posto di lavoro un posto piacevole, dove le diversità vengono esaltate. Anche perché abbiamo un ruolo sociale: le aziende devono essere un luogo educativo”.
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