La posizione della Chiesa sul ddl Cirinnà è chiara: il Vaticano sta dalla parte della famiglia tradizionale. Dire così però sarebbe riduttivo. Con l’avvento di Papa Francesco, qualcosa è cambiato, non certo a livello ideologico ma almeno a livello politico. La linea ufficiale è di non interferire nelle vicende politiche italiane. La conferma arriva dallo stesso Pontefice. Di ritorno dal viaggio in Messico, Bergoglio parla ai giornalisti in aereo. “Io non so come stanno le cose nel Parlamento: il Papa non si immischia nella politica italiana“. Parole che segnano un cambiamento nel secolare rapporto tra politica italiana e Chiesa Cattolica. “Ho detto ai vescovi: il Papa è per tutti e non può mettersi in politica“, ha continuato. “L’Italia non è il primo Paese che passa quest’esperienza e altri Stati hanno all’attenzione la questione delle unioni tra persone dello stesso sesso“, ricordando le parole dette nel 2013, al ritorno dal Brasile quando disse “Chi sono io per giudicare i gay?“. Niente indicazioni dunque ai cattolici, anche se è chiara la posizione ufficiale della Chiesa. “Ciascun parlamentare deve votare secondo la propria coscienza ben formata. Ben formata non è la coscienza di quello che mi sembra meglio in quel momento“, ha concluso.
Non c’è però solo la linea ufficiale del Pontefice. Il Vaticano vive una “doppia anima” anche in questa vicenda. Molto diversa infatti è la posizione del cardinale Angelo Bagnasco, molto più intransigente dello stesso Papa sulla questione unioni civili tra gay. Così, capita che il segretario della Conferenza episcopale intervenga di persona a ridosso delle prime votazioni in Senato, augurandosi che il provvedimento passi a voto segreto. “Ci auguriamo che il dibattito in Parlamento e nelle varie sedi istituzionali sia ampiamente democratico, che tutti possano esprimersi, che le loro obiezioni possano essere considerate e che la libertà di coscienza su temi fondamentali per la vita della società e delle persone sia, non solo rispettata, ma anche promossa con una votazione a scrutinio segreto”, ha dichiarato il numero uno dei vescovi italiani. Immediata è arrivata la reazione del governo, a partire da Matteo Renzi. “Il voto segreto lo decide il Parlamento, e lo dico con stima per il cardinal Bagnasco, e non la Cei”, ha risposto il premier dai microfoni di Radio Anch’io.
I vescovi hanno difeso la famiglia tradizionale dalle unioni civili, definite “un’alternativa”, poco prima del Family Day e a pochi giorni dal voto al ddl Cirinnà. La Cei ha così diffuso il documento con le conclusioni del Consiglio Episcopale Permanente, riunitosi a Roma dal 25 al 27 gennaio e aperto dal presidente della Cei Angelo Bagnasco. Tema principale, ovviamente, la famiglia.
Questo il passaggio nel comunicato: “Negli interventi si è espressa la consapevolezza della missione ecclesiale di dover annunciare il vangelo del matrimonio e della famiglia difendendo l’identità della sua figura naturale, i cui tratti sono recepiti nella stessa Carta costituzionale. L’equiparazione in corso tra matrimonio e unioni civili – con l’introduzione di un’alternativa alla famiglia – è stata affrontata all’interno della più ampia preoccupazione per la mutazione culturale che attraversa l’Occidente”. Insomma, la Chiesa ribadisce la difesa della famiglia “naturale” da quella “alternativa”.
Tra gli altri temi trattati dalla Cei gli interventi a sostegno delle famiglie a fronte alla crisi e alla povertà. Si avanza “la richiesta di politiche familiari consistenti ed efficaci“, per aiutare “le famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, molte delle quali si trovano a non saper soddisfare nemmeno i bisogni primari”. E ancora, “ecco la piaga della disoccupazione, per affrontare la quale non bastano i richiami alla solidarietà, ma serve una nuova, forte imprenditorialità e un welfare di comunità; ecco la preoccupazione per l’inverno demografico, la richiesta di maggior sostegno per i diritti dei figli – a partire dal concepimento – e la denuncia per l’assenza di politiche familiari efficaci“.
Il comunicato è arrivato alla vigilia del Family Day di Roma, organizzato da Massimo Gandolfini, e a pochi giorni dalla discussione in Parlamento del ddl Cirinnà sulle unioni civili. Voto che rischia di mettere a dura prova la maggioranza.
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