Università: si registra un calo di iscrizioni, nonché di abbandoni del corso di studio scelto. Ecco i dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato – recentemente – un dato che evidenzia un aumento degli abbandoni al primo anno di università, il quale indica un crescente stato di disagio tra i giovani.
Molti di loro vedono nell’università un buono sbocco per il futuro. Successivamente, abbandonano il proprio percorso di studi a causa di difficoltà personali o economiche, dedicandosi ad altro.
Purtroppo, in alcuni casi gli abbandoni portano addirittura al suicidio, il quale rappresenta solo la punta dell’iceberg di una problematica giovanile che richiede ulteriori approfondimenti. Ecco cosa emerge dai dati diramati dal MIM.
Università, calo delle iscrizioni e frequenti abbandoni del percorso di studio
Secondo i nuovi dati pubblicati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, si è registrato un aumento nella percentuale di abbandoni al primo anno di università.
Ciò indica un crescente stato di disagio tra i giovani i quali, nonostante abbiano inizialmente progettato di costruire un futuro attraverso l’università e il lavoro, spesso cambiano idea – a causa di difficoltà personali o economiche – dedicandosi, poi, ad altro.
Purtroppo, in alcuni casi estremi, l’abbandono del percorso di studi può portare al suicidio, che rappresenta un problema che le istituzioni devono, in qualche modo, fronteggiare.
L’abbandono del percorso di studio all’università
L’ultimo rapporto pubblicato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) rivela che l’anno accademico 2021/2022 ha visto un record di abbandoni al primo anno di università nell’ultimo decennio, pari al 7,3%.
A confronto, nel 2011/2012 il tasso era del 6,3%, dimostrando un aumento significativo. Sia uomini che donne sono stati colpiti da questa tendenza, anche se gli uomini hanno abbandonato gli studi leggermente più delle donne (7,4% contro il 7,2%).
In totale, ci sono stati circa 23.600 studenti che hanno deciso di non proseguire gli studi. Nel 2020/2021, l’anno precedente all’ultima rilevazione, gli abbandoni si sono mantenuti poco al di sopra del 7%, precisamente al 7,1%.
Il calo dei laureati nel nostro Paese
L’aumento degli abbandoni al primo anno di università – unito al calo di 6.600 immatricolati tra il 2020/2021 e il 2021/2022 – rappresenta una cattiva notizia per l’Italia.
Gli studi economici e sociali degli ultimi decenni mettono in evidenza l’importanza dell’istruzione della popolazione e del valore aggiunto che la laurea apporta alle economie degli Stati.
In particolare, in un’epoca sempre più tecnologica e complessa, dove l’intelligenza artificiale avrà un ruolo fondamentale, avere una popolazione poco istruita rappresenterà un grave gap.
Secondo i dati della Commissione europea, l’Italia si colloca al penultimo posto nel Vecchio Continente con solo il 31,2% di giovani tra i 25 e i 29 anni laureati.
Il nostro Paese è ben dieci punti sotto la media europea, che raggiunge il 41,1%, mentre Francia e Spagna hanno superato il 50%.
Università: problemi sociali ed economici alla base del calo di immatricolazioni e degli abbandoni
Gli abbandoni universitari pesano – non solo sulle famiglie – ma anche sul bilancio pubblico.
Per le prime, considerando una spesa media di circa 1.500 euro per l’iscrizione all’università, il costo degli abbandoni annui è pari a circa 35 milioni di euro.
Sulla collettività, gli abbandoni al primo anno dell’università rappresentano una perdita economica di circa 170 milioni di euro all’anno.
Secondo la banca dati della Commissione Europea, infatti, l’Italia spende circa 7.267 euro (a parità di potere d’acquisto) per ogni studente e per ogni anno.
Questo significa che, in sei anni, può andare in fumo fino a un miliardo di euro di spesa pubblica.
Cosa che grava negativamente sia sul piano economico che sociale.