Padre perdona l’assassino del figlio e lo abbraccia: ‘Il perdono è il più grande regalo dell’Islam’

padre abbraccia killer del figlio

[didascalia fornitore=”altro”]Il signor Jitmoud abbraccia il killer del figlio/Facebook Lex18[/didascalia]

Ha perdonato l’assassino del figlio e lo ha abbracciato, chiedendogli di fare buone azioni una volta uscito dal carcere. Il gesto di Abdul-Munim Sombat Jitmoud da Lexington, Kentucky, ha fatto il giro del mondo, commuovendo tantissime persone, a partire dai presenti nell’aula del tribunale, compresa il giudice Kimberly Bunnell, che ha faticato a trattenere le lacrime. Jitmoud era in tribunale per assistere alla condanna di Trey Alexander Relford, responsabile con altri due complici della morte del figlio Salahuddin, 22 anni, derubato e accoltellato nel 2015 mentre stava consegnando delle pizze. “Ti perdono”, gli ha detto. “Il perdono è il più grande regalo di carità nell’Islam”, le sue parole mentre tutta l’aula scoppiava a piangere di commozione.

Le parole del signor Jitmoud sono arrivate dritte al cuore del giovane Relford, condannato a 31 anni per complicità in omicidio e rapina. Nel corso dell’udienza, lo stesso giovane si era rivolto ai familiari di Salahuddin e aveva chiesto scusa. “Mi dispiace per quello che è successo quel giorno. Non posso fare niente per restituirti tuo figlio”, aveva dichiarato. Anche la madre del giovane aveva voluto parlare, spiegando di sentirsi in colpa per non aver vigilato sul figlio, finito presto in un turbine di droga e violenza.

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Durante l’udienza finale è stato Abdul a voler prendere la parola, lasciando tutti senza parole. “Non ti do la colpa, non sono arrabbiato con te. Anche Salahuddin, se fosse vivo, ti perdonerebbe. Io ti perdono”, ha detto rivolgendosi all’assassino del figlio.

Perdonare è una pratica essenziale dell’Islam che è una religione di pace, ha spiegato, e come credente non poteva esimersi dal farlo, trovando anche nella fede la forza di sopravvivere ai “due anni e sette mesi di sofferenza e di incubi”, come li ha descritti.

Ad aiutarlo sono stati la fede e il Corano, in particolare alcuni versetti che ha voluto citare in aula. “Null’altro ci può colpire di quello che Allah ha scritto per noi. È il nostro patrono e chi crede deve avere fiducia in lui”, ha declamato il signor Jitmoud. “L’Islam insegna che Dio non sarà in grado di perdonare finché anche la persona offesa non sarà in grado di farlo”, ha voluto aggiungere.

Alla fine del suo discorso, si è poi rivolto a Trey. “Non preoccuparti, è finita, ora inizia un nuovo capitolo della tua vita”, gli ha detto. “Un nuovo inizio. Devi andare avanti e dedicarti al bene, iniziando già in prigione. Quando uscirai tra 31 anni, sarai pronto per essere una persona produttiva”, gli ha augurato, prima di dargli un forte abbraccio, circondato da tutta la sua famiglia.

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