Fratelli d’Italia ha presentato un disegno di legge che inasprisce la pena per i detenuti trovati in possesso di cellulari.
Guardando più ampiamente questo provvedimento depositato a Palazzo Madama con la firma del senatore Menia, ci sono pene severe anche per chi fornisce non solo questo ma anche tutti i dispositivi elettronici in grado di connettersi a Internet e quindi intrattenere contatti con l’esterno ed effettuare operazioni bancarie.
Con un nuovo disegno di legge, Fdi impone una stretta importante sull’uso illecito di cellulari in cella. Non è raro purtroppo che in qualche modo, utilizzando canali illegali, i detenuti riescano a farsi consegnare smartphone con cui poi rimangono in contatto con persone esterne. Questo diventa molto pericoloso se parliamo di detenuti di spicco come i terroristi e i mafiosi, quindi laddove la sorveglianza non riesce a controllare perfettamente tutti, interviene il governo.
Depositato a Palazzo Madama con la firma del senatorie Menia, il disegno di legge prevede pene più sostanziose per coloro che forniscono dispositivi elettronici con connessione internet, ai detenuti.
“è opportuno intervenire con risoluzione per contrastare e sanzionare l’uso illecito dei cellulari, anche gli operatori penitenziari lo chiedono da tempo”
questo uno dei commenti a caldo di chi ha lavorato a questo ddl, contenuto anche nella premessa del testo. In effetti da tempo di occupiamo della carenza di personale della polizia penitenziaria, il cui sindacato autonomo Sappe denuncia la mancanza di uomini in rapporto alla quantità dei detenuti delle carceri italiane.
Anche per questo motivo le operazioni di sorveglianza non riescono a coprire il bisogno effettivo e quindi capita che in maniera illecita vengano introdotti oggetti in carcere, come appunto i dispositivi elettronici, utilizzati per far arrivare all’esterno messaggi pericolosi, favorire il contatto fra i gruppi criminali ed effettuare movimentazioni di denaro tramite banche.
Nel ddl si leggono alcuni passaggi importanti di questo provvedimento, ad esempio, è chiaro che anche se i dispositivi in questione vengono individuati, non si può contare su una risposta sanzionatoria adeguata, sia penale che dal punto di vista disciplinare. In questo modo il sistema penitenziario e quello giudiziario vengono a mancare di credibilità.
Inoltre, le notizie che provengono dalla stampa in merito a questi illeciti inducono le persone a pensare che attraverso i cellulari i detenuti continuino a curare i loro affari loschi, quindi si crea un clima di paura e sfiducia nel sistema giudiziario, che bisogna cambiare.
Da qui nasce appunto l’urgenza di intervenire evitando possibili rischi correlati alla mancanza di professionalità da parte di chi fornisce i dispositivi elettronici, alcuni sotto minaccia, altri perché ne traggono profitto.
Attualmente i numeri sono molto critici, infatti parlano di fenomeno in crescita negli ultimi anni, specialmente nel 2020, dove sono stati 1761 gli apparecchi sequestrati nelle carceri italiane. L’anno precedente erano stati 1206 mentre nel 2018, 394.
È chiaro che bisogna intervenire in maniera decisa perché osservando i numeri si capisce che la situazione sta sfuggendo di mano. La mossa di Fratelli d’Italia potrebbe essere finalmente la soluzione decisiva al problema.
Al momento le norme prevedono una pena da 1 a 4 anni per chi introduce o viene trovato in possesso di cellulari, tablet o altri dispositivi elettronici e strumenti per comunicare con l’esterno dell’istituto penitenziario.
La pena arriva a 5 anni se il fatto è commesso da un membro del personale penitenziario ma con il nuovo disegno di legge questa arriva a 7 anni, mentre aumentano a 6 mesi quelli per il detenuto che viene scoperto in possesso degli apparecchi o che comunque viene denunciato di aver fatto pressioni o minacce verso il pubblico ufficiale per ottenere tali oggetti.
Se poi questo porta a conseguenze peggiori, come crimini che avvengono all’esterno, la pena aumenta ancora di più.
Il ddl si compone di 3 articoli principali che vanno ad agire su altrettanti aspetti della dinamica dell’introduzione dei dispositivi negli istituti detentivi. Come afferma Menia, la logica del provvedimento è molto chiara e le sue parole sono state riprese dal presidente dell’osservatorio internazionale della legalità di Trieste, nonché ex responsabile regionale delle carceri del Triveneto, Enrico Sbriglia:
“chi porta un telefonino in carcere causa un problema enorme e provoca comportamenti dolosi. con questa legge si puniscono coloro che disonorano con questo gesto il loro ruolo istituzionale e si macchiano di un reato grave. al tempo stesso si tutela chi fa sempre il proprio dovere in modo corretto”.
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