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Vaccini: 17 milioni di italiani hanno animali in casa ma più della metà non li cura adeguatamente

Ormai sono milioni, e per la precisione 7,7 milioni, le famiglie che convivono con almeno un cane o un gatto, un esercito di 16,8 milioni di italiani (il 34% della popolazione adulta), il cui 17% dichiara di trattarli come figli. Eppure da un’indagine scopriamo che oltre la metà dei proprietari di pet non cura adeguatamente il proprio animale domestico, a cominciare dai vaccini per finire alle visite veterinarie.

La ricerca di Gfk Eurisko, commissionata da Msd Animal Health su un campione di 1.000 proprietari di animali domestici maggiorenni mette nuova luce sulla relazione uomo-animale. Anche se si dichiara di amare il proprio animale, questo non significa automaticamente proteggerli o fare in modo che stiano in buona salute. Quindi, anche se l’80% dei padroni di un pet ritiene importante che gli animali siano curati e in buona salute, soltanto il 46% poi dichiara di “farli vaccinare regolarmente”, il 42% li porta dal veterinario soltanto se ammalati, mentre soltanto il 12% fa fare esami del sangue e visite di controllo anche se sono in salute.

Inoltre solo un 8% dei proprietari di cani e gatti pensa che ci sia un’elevata possibilità che cani e gatti trasmettano malattie all’uomo, su un 48% di persone che sa dell’esistenza di questo rischio. Nella vita reale questo si traduce in errori quotidiani: non sono in molti a pulire le zampe al cane (44%) o al gatto (17%) dopo la passeggiata, ancora meno si preoccupano di controllare il pelo (26% cane, 15% gatto).

I dati sulla prevenzione sono in linea: solo il 56% fa le vaccinazioni di base; il 43% la profilassi contro parassiti come zecche o pulci; il 29% contro la filaria, la leishmaniosi e così via, il 25% le vaccinazioni specifiche come l’antirabbica. E c’è anche un 17% che non fa nessuna vaccinazione o profilassi. Il veterinario resta comunque il punto di riferimento per il 61%, la principale fonte di informazione sulla salute del pet. Ma c’è chi attinge anche ad altri canali, da Internet al passaparola, e solo il 46% verifica sempre o spesso i consigli fai da te col veterinario.

Gli esperti evidenziano il problema: c’è una scarsa percezione dell’importanza di un animale in salute in relazione anche al benessere e alla sicurezza dell’uomo e dell’ambiente in cui si vive. E così solo l’11% fa riferimento alla necessità di proteggere il proprio pet per evitare possibili contagi o trasmissioni di malattie, e solo il 17% correla questo aspetto con la salute di tutta la famiglia. Ma amare il nostro animale “non deve equivalere a umanizzarlo, a comprargli un cappottino alla moda o garantirgli una toilette” a 5 stelle, dice Emanuele Minetti, presidente dell’Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari italiani) Lombardia e coordinatore Italia Nord Ovest. “Se lo amo parto dalla prevenzione. La salute è un diritto costituzionale anche per gli animali“.

La ricerca ha analizzato anche l’approccio verso gli animali da allevamento: per il 97% del campione è importante che venga fatta prevenzione, il 48% ritiene che “se l’animale sta bene è più sano anche l’uomo che ne utilizza il prodotto”. E a tal proposito il 53% degli italiani legge sempre o spesso le etichette. E si dà tanta importanza al made in Italy: il 69%, per esempio, non acquisterebbe mai carni non italiane e l’80% lavorate fuori dai nostri confini. Cosa si teme? “Restano paure un po’ legate al passato – riferisce Isabella Cecchini, Health Director Gfk Eurisko – come quella di mangiare prodotti che contengono ormoni/anabolizzanti (37%) o additivi/coloranti (33%). E infine c’è l’uso degli antibiotici, temuto dal 36%” soprattutto in un’era in cui l’antibiotico-resistenza è una preoccupazione emergente.

Ma un uso degli antibiotici per gli animali si può ridurre eliminando il concetto di uso preventivo di massa e limitandolo a situazioni mirate e ricorrendo alle vaccinazioni con maggior frequenza, oltre che prestando maggiore attenzione al benessere, all’igiene e alle condizioni degli allevamenti. Msd Animal Health, spiega l’ad Paolo Sani: “ha deciso in Italia di abbandonare la strategia della terapia di massa con antibiotici orali. Sul fronte ricerca stiamo puntando molto sui vaccini e sul loro utilizzo, con strategie come la somministrazione intradermica che ha dimostrato di dare risposte immunitarie positive più alte per il fatto che l’animale è meno stressato. Il nostro messaggio è che un animale ben accudito riduce notevolmente il rischio di diffusione di malattie, rende appagato il proprietario e diventa parte integrante di un ecosistema in salute“.

In collaborazione con AdnKronos

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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