Una sentenza della Corte europea dice che per provare il nesso di causalità tra vaccini e malattie successive all’iniezione non c’è la necessità di prove scientifiche, ma basta che emergano ‘gravi indizi’ che soddisfino determinati requisiti, come il fatto di essere ‘precisi e concordanti’ ad altri casi segnalati in letteratura medica. Secondo i giudici UE possono essere considerati ‘indizi sufficienti’ il poco tempo trascorso dalla vaccinazione alla reazione patologica, il fatto che non ci siano precedenti medici né a livello personale né familiare, nonché l’esistenza di ”un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni”.
VACCINI OBBLIGATORI: DIBATTITO APERTO La sentenza dei giudici della Corte di Giustizia Europea è destinata ad alimentare il dibattito sui vaccini obbligatori per legge. In cosa consiste? In pratica nel documento redatto dai giudici UE si legge che per denunciare un rapporto di causa-effetto tra la vaccinazione e la malattia seguente all’iniezione svolta, non serve il pronunciamento scientifico, ossia una prova da parte della comunità dei ricercatori, e non serve nemmeno la prova certa che la patologia sia stata causata direttamente dalla somministrazione del vaccino.
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VACCINI E MALATTIE, IL CASO Nel dettaglio, i giudici sono stati chiamati ad analizzare il caso di un uomo francese morto nel 2011 dopo essersi ammalato, undici anni prima, di sclerosi multipla. L’uomo, che godeva di ottima salute, riteneva di essersi ammalato in seguito all’infusione di un vaccino contro l’epatite B, e dal 2006 aveva iniziato una battaglia legale contro la casa farmaceutica produttrice del vaccino in questione, la Sanofi Pasteur. Il suo scopo era poter ottenere un risarcimento del danno.
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I giudici della Corte di Appello di Parigi chiamti a pronunciarsi sulla vicenda non hanno accolto il ricorso dell’uomo, spiegando in sostanza che mancava sia una prova certa del nesso di casualità tra la vaccinazione contro l’epatite B e l’insorgenza della malattia, la sclerosi multipla, e sia – soprattutto – una dichiarazione di consenso a questa teoria da parte della comunità scientifica. Il caso è arrivato in Cassazione, la quale ha portato la controversia alla Corte di Giustizia dell’Ue.
I giudici europei hanno sentenziato in base alla direttiva Ue sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, decidendo quindi che un giudice ”in mancanza di prove certe e inconfutabili, può concludere che sussistono difetti del vaccino e un nesso di casualità tra quest’ultimo e una malattia sulla base di un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti”.
Per i giudici non è quindi necessaria la ”prova certa”, anche perché ”quando la ricerca medica non permette di stabilire né di escludere l’esistenza di un nesso” sarebbe ”impossibile far valere la responsabilità del produttore”. I giudici hanno anche precisato che ”non è consentito né al legislatore nazionale né a giudici nazionali istituire un metodo di prova per presunzioni che permetta di stabilire automaticamente un nesso di casualità”.
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In definitiva, dicono i giudici Ue, occorre sempre valutare e analizzare caso per caso gli episodi, rischiando un certo grado di discrezionalità, ma senza per forza ottenere la conferma da parte della ricerca medica per spiegare il nesso causa-effetto tra vaccini e malattie.