“Se le ultime fasi di preparazione del vaccino Oxford-Irbm Pomezia-Astrazeneca saranno completate nelle prossime settimane, le prime dosi saranno disponibili all’inizio di dicembre”. Lo ha annunciato oggi, martedì 20 ottobre, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
“Già all’inizio di dicembre avremo i primi due o tre milioni di dosi”, ha spiegato il premier. La Commissione europea, ha continuato il primo ministro, ha già commissionato ad AstraZeneca e ad altre società alcune centinaia di milioni di dosi del vaccino per contrastare il Coronavirus. “Penso che per contenere completamente la pandemia dovremo aspettare comunque la prossima primavera”.
Il termine delle sperimentazioni del vaccino di Oxford è previsto per fine ottobre. L’EMA, l’agenzia che regola i farmaci in Europa, intanto è partita con la revisione dei dati sia di questo possibile vaccino, sia di quello di BioNTech e Pfizer, che hanno annunciato le prime dosi per la fine dell’anno.
A fine novembre, inoltre, saranno pubblicati i risultati dei test di un altro possibile candidato, il vaccino prodotto dall’americana Moderna. L’azienda sta mettendo a punto un vaccino anti Covid con il metodo pionieristico dell’Rna messaggero, utilizzato anche da BioNTech e Pfizer.
Entro novembre anche la Russia ha promesso la pubblicazione dei risultati sui primi 5-10mila volontari immunizzati con il vaccino Sputnik.
La Cina si è invece detta in grado di iniziare l’immunizzazione della popolazione entro l’anno e procede con la sperimentazione dei cinque vaccini candidati ai test finali. Tra cui troviamo Sinovac e il farmaco del China National Biotech Group, somministrato gratuitamente a tutti gli studenti cinesi che vogliono andare a studiare all’estero.
Anche la Gran Bretagna ha annunciato che testerà il primo vaccino su alcuni volontari e ha autorizzato un cosiddetto “Human Challenge”. Iniettando piccole dosi di virus in queste persone sarà possibile controllare in tempi molto rapidi l’efficacia dell’immunizzazione.
Una scelta, quella del Regno Unito, piuttosto azzardata. Questo perché il progetto prevede il contagio intenzionale di persone sane, con un virus che può portare complicazioni gravi anche nei più giovani. Il vantaggio, arrivati a questo punto, si giocherà sulla possibilità di “Human Challenge” di valutare in brevissimo tempo quanto un vaccino sia efficace.
Il test, coordinato dall’Imperial College di Londra, coinvolgerà fino a 90 volontari, tra i 18 e i 30 anni. I soggetti riceveranno un’iniezione con una minima quantità di Coronavirus attraverso le narici. Infine, saranno isolati in una struttura ad hoc.
Nel nostro Paese, il ministro della Salute Roberto Speranza ha indicato, nei mesi precedenti, quali siano le categorie più a rischio e che quindi dovranno ricevere per prime il vaccino: operatori sanitari, forze dell’ordine e anziani nelle Rsa.
Arrivare a vaccinare tutta la popolazione italiana, invece, sarà un lavoro che richiederà mesi o anni. Anche perché l’immunità del vaccino comincia circa un mese dopo l’inoculazione e la maggioranza dei vaccini allo studio, Oxford compreso, prevederanno un richiamo uno o due mesi dopo la prima dose.
“Non penso che se ne parli prima del 2022. Solo allora tutti potranno avere accesso a un vaccino che funzioni”, ha dichiarato Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia dell’università di Padova.
Nonostante tutte le sperimentazioni, rimane comunque il dubbio sull’effettiva durata della protezione da parte dei vaccini. Il timore, infatti, è che non superi gli uno o due anni. Se così dovessere essere, terminato il periodo di immunità collettivo, si tornerebbe al punto di partenza.
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