Ad auspicarlo è il Direttore generale dell’Organizzazione, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che invita i governi internazionali a non commettere con il vaiolo delle scimmie gli stessi errori di epidemie passate.
La condivisione dei dati e la trasparenza informativa sono per il capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la prima e fondamentale risposta al diffondersi di una malattia potenzialmente pandemica.
Innanzitutto un po’ di chiarezza sull’oggetto della trattazione. Il vaiolo delle scimmie, o Monkeypox, è un’infezione da tempo nota al mondo scientifico (fu individuata nel 1958) ed endemica soprattutto di alcune zone africane dove si trasmette tra primati e piccoli roditori.
Il salto verso l’uomo è raro e si ha perlopiù al contatto con saliva o sangue di un animale infetto (ad esempio un morso), mentre ancora più difficile è la diffusione intra-specie, da persona a persona. È difatti necessario il contatto con fluidi corporei o lesioni cutanee di individui infetti per essere contagiati. Ciò spiega la fetta specifica, ma non esclusiva, di pazienti colpiti: gli MSM, acronimo che sta per “Men who have Sex with Men”, ossia soggetti che hanno rapporti sessuali con persone dello stesso sesso, pur per questo non riconoscendosi come omosessuali o bisessuali.
A livello diagnostico il morbo presenta le caratteristiche del comune vaiolo, ma fortunatamente gravità dell’infezione e trasmissibilità del virus sono assai inferiori del comune ceppo. Attualmente la variante di Monkeypox maggiormente letale sfiora il 10% di mortalità.
La malattia affiora dopo un’incubazione tra i 5 e 21 giorni e causa febbre, mal di testa, dolori articolari e piccole pustole o croste che lasciano la pelle segnata dopo la naturale caduta delle stesse.
Per ovviare al ripresentarsi di possibili epidemie regionali o pandemie globali, il Direttore Generale dell’OMS Ghebreyesus ha rammentato l’importanza della prevenzione, da attuare mediante un attento programma di controllo e tracciamento dei casi nonché di isolamento degli infetti.
Soprattutto, l’epidemia di Covid (peraltro ancora presente) è qui a ricordarlo, è fondamentale la trasparenza con la quale le diverse nazioni renderanno noti alla comunità scientifica i dati su contagi e trasmissione virale.
Al fine quindi di evitare ciò che avvenne tra fine 2019 ed inizio 2020, quando la Cina, per motivi di immagine e possibile stigma internazionale, obliò al resto del mondo l’insorgere a Wuhan di un nuovo ed invasivo ceppo virale simile alla Sars, quest’oggi l’organizzazione sanitaria indica nella stretta collaborazione con le comunità colpite la via per non ripetere errori e periodi fin troppo vicini nel tempo.
Questo in quanto ben più dannosa della malattia, ribadisce Tedros Adhanom Ghebreyesus, è lo stigma e la disinformazione, che possono tramutare un problema locale in una minaccia globale.
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