Nella serata di martedì 5 aprile, con 30 voti a favore, 8 contrari e un astenuto si è chiusa la seduta per l’approvazione della legge definita ‘anti moschee’, che regola la realizzazione o l’attivazione di nuovi luoghi di culto in Veneto.
Le votazioni di ogni singolo articolo e la discussione dei 42 emendamenti presentati (36 dalla minoranza e 6 dalla maggioranza), sono state caratterizzate dalle forti contestazioni del Pd alla maggioranza. Nello specifico, il contro relatore Fracasso affiancato dai consiglieri Ruzzante e Sinigaglia, ha contestato la normativa che vieta di creare nuovi luoghi di culto nelle aree industriali e artigianali, e anche quella che impedisce la celebrazione di funzioni religiose, in maniera temporanea, in luoghi aperti.
E’ stato contestato anche l’obbligo dell’uso della lingua italiana nelle funzioni religiose e la possibilità concessa ai Comuni, di sottoporre a referendum le normative di natura urbanistica.
A tal proposito, gli esponenti del Pd hanno espresso le propria perplessità: ‘Esistono forti dubbi di costituzionalità in special modo per l’articolo 2 come è stato emendato. Non siamo riusciti a far comprendere le conseguenze che questa legge porterà’.
In tutta risposta il relatore della Lega Nord, Montagnoli, ha dichiarato: ‘Autonomia locale seria’; mentre Bassi ha aggiunto: ‘Siamo convinti che serva un intervento legislativo come questo che è stato discusso oggi’.
Patrizia Bardelle, dal canto suo, ha annunciato con queste parole il voto contrario del Movimento 5 Stelle: ‘Bisogna cercare di governare attraverso la comprensione dei fenomeni. La repressione non porta da nessuna parte’.
Tuttavia, al di là delle aspre contestazioni, la maggioranza (Lega Nord, Lista Zaia, Forza Italia, FdI-An) affiancata dalla Lista Tosi e da Veneto del Fare si è mostrata favorevole alle legge anti moschee, mentre la minoranza composta da Pd, Movimento 5 Stelle, Veneto Civico, Lista Moretti ha espresso il proprio voto contrario. Area Popolare, al momento del voto, è risultata assente.
La norma è dunque passata e ‘non costituisce una discriminazione, ma solo una regolamentazione che finalmente mette ordine dove prima non c’era’, ha concluso Montagnoli.