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Venti di guerra: cosa cerca di ottenere la Russia?

La versione aggiornata della Guerra Fredda è pronta a esplodere e ad avere la mano sul classico pulsante rosso è la Russia di Vladimir Putin. L’ultima notizia sul fronte è l’invio di soldati Nato in Lettonia, al confine russo, trapelata in un’intervista al segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg: tra questi ci sono anche militari italiani. Nello specifico, il piano prevede l’invio di una forza multinazionale Nato sotto comando canadese, per un totale che oscilla a rotazione tra i 3 e i 4mila uomini, con lo scopo di difendere le frontiere di repubbliche baltiche e della Polonia orientale (paesi che fanno parte della Nato), da eventuali azioni aggressive della Russia. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha confermato le parole di Stoltenberg e ha specificato che i soldati italiani partiranno nella primavera del 2017, in base a quanto deciso nel vertice di Varsavia dello scorso luglio, molto prima dunque del fallito cessar del fuoco in Siria e del gelo tra USA e Russia.

Qualcosa si muova dietro l’ex cortina di ferro. Negli ultimi giorni Mosca avrebbe allertato la popolazione a prepararsi allo scontro con l’Occidente: in alcuni distretti della capitale si raccolgono fondi per la costruzione di bunker antiatomici di quartiere, dal cuore dello Stato arrivano ordini di razionare le scorte di grano in un crescendo di psicosi proporzionale all’aggressività in politica estera del suo presidente. Putin ha annullato il viaggio in Francia dopo aver litigato con Francois Hollande e con mezza Europa per il veto russo sulla risoluzione Onu sulla Siria, creando l’ennesimo caso di rottura con il blocco occidentale e aumentando il gelo con gli Stati Uniti di Barack Obama. Sì, perché nel 2016 ormai è chiaro che lo scontro Est-Ovest sta tornando in primo piano, lasciando sullo sfondo la causa di tutto, ossia l’intervento russo in Siria a fianco di Bashar al Assad. La domanda è legittima: cosa pensa di ottenere la Russia con una guerra su scala mondiale?

Cerchiamo di tirare le fila di quanto sta avvenendo. Dal 2011 la Siria è teatro di una guerra che ha già fatto centinaia di migliaia di vittime tra i civili, senza contare i 4 milioni di sfollati che affollano i campi profughi in Libano o Giordania: qui il campo di Za’tari ospita 90mila siriani, di cui il 54% sono bambini, diventando la terza città più grande del paese e il campo profughi più grande al mondo dopo quello di Dadaa, Kenya (dati Unicef).

Putin si è sempre schierato a fianco di Assad in un conflitto che vede almeno tre contendenti: il regime, gli oppositori e l’Isis che, nel frattempo, ha conquistato ampie zone del paese. In realtà ci sono un quarto (i curdi) e un quinto contendente (l’Iran), in una mappa che vede contrapposto il blocco sunnita-sciita (e che lascia in secondo piano lo sterminio che sta avvenendo in Yemen dove l’Arabia Saudita e i suoi alleati sta massacrando un’intera popolazione). Putin non ha mai lasciato solo Assad, al contrario lo ha aiutato in tutti i modi possibili, bombardando senza alcun limite e colpendo anche i civili, fino a essere accusato all’Onu di crimini di guerra.

IL CORAGGIO DELLE GUERRIGLIERE CURDE CONTRO L’ISIS

Come se non bastasse, la Russia ha trovato un nuovo inaspettato alleato in Recep Tayyp Erdogan, il presidente padrone della Turchia: messe a tacere le scaramucce dopo l’abbattimento del jet russo, i due si sono avvicinati sempre più un po’ perché simili (dopo il fallito golpe la Turchia assomiglia sempre più alla Russia tra limitazioni della libertà di stampa e controllo del dissenso), un po’ perché gli interessi economici contano più di ogni orgoglio nazionale. Così, due giorni fa è arrivata la notizia dell’accordo per il Turkish Stream, il gasdotto che porterà il gas russo in Europa passando dalla Turchia (dopo che l’UE ha detto no al South Stream). In più, i due presidenti si sono accordati per eliminare le barriere e aiutare l’import di prodotti turchi (soprattutto agroalimentari): in una Russia messa alle strette dalle sanzioni europee per la vicenda Ucraina è stata una manna dal cielo.

Putin ed Erdogan alla firma per il Turkish Stream


LA RUSSIA E IL BLOCCO DELL’EST

I fatti ci dicono che la Russia sta costruendo un blocco che guarda a Est e che vede nell’Occidente non un interlocutore ma un nemico. Abbiamo parlato di Siria e di Turchia, ma cosa centra il Medio Oriente con la Russia? Tutto.

È in questo angolo di mondo che nel secondo dopo guerra, i paesi occidentali si sono spartiti confini e nazioni in base ai loro interessi, lasciando fuori dai giochi la Russia. Finita (si fa per dire) la Guerra Fredda, è dall’Afghanistan che è partita l’offensiva russa in Medio Oriente contro l’occidente: con l’addestramento dei talebani e la nascita di Al Qaeda si arriva ai primi anni Duemila quando al Cremlino arriva l’uomo di potere, l’ex KGB Putin, che vuole riportare in auge la potenza russa.

Sono gli anni dei magnati, dei nuovi miliardari, del capitalismo in chiave moscovita e il tenore dei russi cresce a dismisura. La Madre Russia è tornata a dominare il mondo non più con le armi e il comunismo ma con i soldi, gli stessi che hanno fatto da fondamenta al potere dell’Occidente, almeno fino alla crisi.

Gli effetti del crack occidentale arrivano anche a Mosca e le certezze milionarie dei nuovi russi vacillano, mentre il terrorismo di matrice islamica scuote la Cecenia e le regioni più esterne del paese. La mano dura contro gli jihadisti dell’Est non basta: oggi l’Isis si avvale dei ceceni come reclutatori.

In questo contesto rispunta sempre più forte il mito dell’impero russo, versione aggiornata della leggenda ottocentesca per cui i russi sarebbero un popolo di schiavi destinati a un padre-padrone. Così, mentre il potere di Putin diventa sempre più autoritario, il consenso popolare è in continua ascesa: non importa che ci sia più disoccupazione e giri meno denaro, l’importante è che ci sia il presidente che pensa sempre a tutto.

La sua soluzione? Ricreare una sorta di impero russo, mantenendo altissima l’ingerenza in tutto il Medio Oriente, che oggi non è più prerogativa del blocco Ovest. In questo modo dimostra ai russi di avere potere, che il loro paese non è secondo a nessuno e che l’Occidente non è più il solo a dettare legge nel mondo, soffiando sul sentimento nazionalistico. C’è un nuovo contendente in campo e si chiama Russia: gli avversari sono avvisati.

Lorena Cacace

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