Domani, 31 maggio, alle 21, prenderà il via la prima delle finali europee. Una sfida, quella di Europa League, che metterà di fronte la Roma di José Mourinho, che mai ha perso un ultimo atto di una competizione, e il Siviglia, che invece è il re della seconda competizione Uefa. Un incontro, ancora, in cui entrambe le squadre si giocano la stagione, oltre che un trofeo da alzare al cielo, da cui arriverà anche l’accesso alla Champions League del prossimo anno.
E in vista di questa finale di Europa League, il tecnico dei giallorossi ha parlato in conferenza stampa delle sanzioni che accompagnano questo secondo traguardo, in due anni, della squadra, ma anche del suo futuro, che al momento non è lontano da Roma, anzi, e della possibilità di rivedere in campo Paulo Dybala, fermo ai box dalla partita di andata contro il Bayer Leverkusen, in cui ha giocato solo pochi minuti. E pochi minuti, in effetti, dovrebbe giocare anche domani a Budapest.
Non sappiamo se per un padre sia più importante la laurea della figlia o la finale di Europa League della Roma contro il Siviglia, sicuramente la partita di domani di Budapest, il secondo ultimo atto dei giallorossi in Europa in due anni, è fondamentale per la squadra e per José Mourinho, per la storia certo, per portare a casa un trofeo che è un tabù per le italiane, e anche per rendere perfetta una stagione che forse non è andata nel migliore dei modi per quanto riguarda il campionato. L’avversario non è dei più semplici, e come potrebbe dato che è riuscito a eliminare la Juventus, e soprattutto perché nella seconda competizione Uefa è (quasi) imbattibile.
Ma la Roma, come ha detto lo Special One nella conferenza stampa pre partita, questa finale l’ha meritata, eccome se l’ha meritata: “Il percorso è stato lungo e diverso da quello del Siviglia – ha spiegato il tecnico portoghese -, loro vengono dalla Champions League, noi abbiamo fatto 14 gare per arrivare qui. Ora sta arrivando l’ora, e siamo in corsa per lottare per questo titolo“.
Su come è stata preparata questa partita in cui ci saranno tantissimi tifosi giallorossi, Mourinho quasi non si è sbilanciato, anzi ha messo l’accento sui tanti impegni che ci sono stati negli ultimi due mesi, tra ottavi, quarti, semifinale, ma anche infortuni e viaggi, per cui di tempo per lavorare ce n’è stato poco, piuttosto c’è stato del tempo per recuperare e stare al meglio. E infatti non c’è un favorito, perché malgrado tutto quello che si può dire, ovvero che la squadra di José Luis Mendilibar non ha mai perso una finale e l’allenatore giallorosso pure, “la storia non gioca“, anche se per “loro giocare una finale di Europa League è diventata una cosa abituale, per noi è un evento straordinario. Per i loro tifosi viaggiare per una finale europea è come se stessero viaggiando in Spagna, per i nostri è qualcosa di storico“.
Nel merito, però, il tecnico ha anche detto che gli andalusi “hanno solo giocatori di alto livello, noi abbiamo bambini che giocavano nella squadra B come si dice in Spagna“, mentre lui ha avuto “più opportunità di Mendilibar di giocare in Europa ma abbiamo gli stessi anni di esperienza e con gli stessi capelli bianchi. Siamo in una situazione simile“, anche perché la Roma e Mourinho vengono da “due anni di lavoro insieme, 30 partite europee in due anni e non siamo angioletti“.
A proposito della sua esperienza, lo Special One è stato imbeccato dai giornalisti perché tredici anni fa, dopo aver vinto il triplete con l’Inter, ha preparato le valigie per lasciare Milano e trasferirsi a Madrid, sponda Real – quella stessa squadra che lo ha incensato prima della finale -, e potrebbe fare la stessa cosa ora, anche per tanto si è scritto sul suo futuro. “Questa domanda non dovete farla a me, ma all’allenatore del Siviglia, perché lui non ha un contratto e sembra che la sua situazione sia più complicata della mia“, ha iniziato Mourinho prima di spiegare che lui è stato chiaro con i suoi giocatori, ma anche che c’è tanta differenza rispetto al passato: “Con il Real Madrid era tutto fatto. Ora io ho zero contatti con altri club e per questo stiamo parlando di una situazione completamente diversa. Contiamo noi e domani saremo noi ed è cosi che vogliamo giocare“.
Tornando, però, al presente, il portoghese ha ricordato che lui “non gioca, lavora tanto prima della partita ma durante poco. Io ho detto al mio staff tecnico che il nostro lavoro è finito. Adesso siamo solo li per aiutare, ora la storia la fanno i ragazzi“, sicuramente “il Siviglia è una grande squadra. Anzi, sono due grandi squadre perché ha 25 giocatori di grandissimo livello, sono tutti professionisti di alto livello, tante opzioni. Però loro non conoscono i miei ragazzi, non conoscono la mia squadra in quanto squadra e domani saremo lì“, appunto, e ancora. E lì potrebbe esserci anche Paulo Dybala, che giocherà, perché, ha concluso Mourinho, “trenta minutini ce la fa“.
In conferenza stampa ha parlato anche il tecnico degli andalusi, che ha ripercorso un po’ le parole dello stesso Mourinho, ma prima di tutto ha spiegato cosa significhi per il Siviglia vincere ancora una volta la seconda competizione Uefa: “Quando sono arrivato – ha iniziato Mendilibar -, il club aveva fatto diverse gare in Europa League. La storia non mente, negli ultimi 20 anni il Siviglia è stata la migliore. I trofei stanno in bacheca. La gente non si accontenta delle buone prestazioni, ma vuole l’Europa League. Abbiamo fatto bene nel cammino, domani giocheremo contro una squadra diversa. Sono convinto di poter fare una buona prova“.
Certo è che entrambe meritano questa partita magica di Budapest, ed entrambe se la giocheranno fino alla fine anche perché, ha precisato, “in un momento del genere, il budget non conta. Non bisogna commettere degli errori, toccherà farne il meno possibile“. Come lo stesso allenatore della Roma, quello degli spagnoli ha ribadito come la storia non giochi, certo, “ma neanche le buone parole nei confronti dell’avversario lo faranno. Abbiamo battuto grandi squadre e domani il nostro approccio sarà lo stesso. Vedremo chi vincerà“.
Sul fatto, poi, che li abbia dati come favoriti, il basco ha detto che non è importante. “Sicuramente lo è per i bookmaker, ma questo piccolo vantaggio non si traduce in campo. I calciatori devono essere tranquilli per fare al meglio domani sera“, ha risposto prima di spiegare che ha già in mente la formazione che scenderà in campo, anche perché lui ha studiato gli avversari, e sa che “non si fanno problemi a difendere, mentre noi vogliamo attaccare. Sanno giocare in entrambe le metà campo. La Roma è ostica. Non è una squadra nervosa con il passare dei minuti. Dovremmo essere tranquilli anche noi“.
La Roma, in effetti, “non c’entra nulla con il Manchester United e la Juventus. Sono tutte forti, ma la Roma è diversa. Cercheremo di battere questo avversario. Senza perdere il possesso palla potremmo avere delle chances per vincere la partita“, ha detto ancora Mendilibar che sicuramente dormirà stanotte, anche se qualche emozione potrebbe tradirlo.
Non per il futuro, sicuramente: “Non ho firmato nulla, se ci avessi tenuto avrei firmato un biennale. Cercherò di vincere la partita di domani, finire il campionato al meglio e poi vedremo. Non ci penso al momento“, piuttosto si gode il suo calcio, scendendo “in campo convinto della possibilità di vincere. Poi può non succedere, ma l’idea è quella sempre“, dopo tutto non cambierà poi granché, ha concluso.
Prima della partita della Roma contro il Siviglia della Puskas Arena hanno parlato anche il capitano Lorenzo Pellegrini e Gianluca Mancini. Il primo a commentare la finale è stato il romano, che ha detto che arrivano alla gara “consapevoli perché quando arrivi a giocare una partita così hai fatto un percorso che ti ha lasciato qualcosa. Sappiamo quanto abbiamo voluto essere qui oggi e domani. Siamo concentrati e determinati e anche tesi“, ma insomma, è normale, dopo tutto si tratta di un ultimo atto, in cui per arrivarci ci sono voluti “tanti sacrifici ed è giusto avere quell’emozione che ti aiuta a fare le cose meglio“.
Rispetto allo scorso anno, “c’è qualcosa di più grande – ha detto Pellegrini -, ma alla fine la cosa più grande che ti può rimanere è quella di non accontentarti mai. Come abbiamo dimostrato l’anno scorso, abbiamo dato il 100% alla Conference e vincerla è stata una grande emozione. Quest’anno abbiamo dato il 100% all’Europa League e vogliamo vincerla. Siamo abituati così anche grazie al mister che è una persona attenta sia sul lato calcistico che in quello umano. Ti spinge sempre a dare il 100%“. “È stato un cammino difficile, abbiamo avuto tante partite da dentro fuori dove dovevano scendere in campo undici uomini e undici calciatori. Questa finale è il coronamento di questo percorso difficile ma bello che abbiamo fatto“, ha spiegato ancora il capitano, che poi ha parlato dei cambiamenti rispetto agli anni con l’arrivo di Mourinho.
Nel 2020, infatti, la Roma aveva perso 2-0 contro il Siviglia, ed è evidente che già si fosse “qualche cambiamento in vista. Quello che è successo dopo credo che sia stato quello che abbiamo voluto cioè creare un gruppo di persone che ci tiene. Sacrificarsi e fare una corsa in più per il compagno non è mettere il pullman davanti alla porta ma voler essere qui oggi. Poi dopo è arrivato il mister e ci ha forgiato con la sua mentalità“.
Ecco, a proposito del pullman davanti alla porta, al numero 7 giallorosso “viene da ridere. Saper affrontare una gara a livello tattico non significa per forza attaccare come dei pazzi e permettere alla squadra avversaria di farci fare gol. Per me affrontare la partita in una maniera tattica giusta è cercare di limitare la squadra avversaria. Abbiamo analizzato tutte le squadre e cercato di capire il modo per arginare i loro punti di forza. Ci siamo riusciti visto che siamo in finale mentre chi parla tanto non c’è“.
Ci sono gli spagnoli, che in gara secca sono davvero forti e il perché, secondo Pellegrini, è perché lo sanno “e sono abituate a giocare a un certo livello di intensità sarà una gara difficile anche per loro, è quello che abbiamo preparato. Siamo orgogliosi di essere qui. Il percorso ci ha migliorato e siamo qui per giocare questa finale fantastica“. Quanto al futuro dello Special One, il capitano non si è sbilanciato: “Ci siamo parlati con onestà e queste cose rimangono tra noi come ha detto lui. Parlerà lui del suo futuro. Il colloquio ci ha lasciati carichi per domani“.
Mancini, invece, si è concentrato più che altro sulla preparazione della partita, che è stata preparata, ha detto, “come una finale ed è chiaro che le finali vanno giocate, vanno interpretate al meglio a livello di testa, di cuore, grinta, tattica. È una partita diversa rispetto a tutte le altre. Il percorso che ci ha portato fin qui è stato molto difficile e lungo, siamo consapevoli che ce la meritiamo alla grande. La partita di domani è un mix di diverse cose che devono far si che in 90 o 120 minuti, in campo ci sia la Roma. Sappiamo che davanti c’è una grande squadra, siamo stati giorni a prepararla e siamo consapevoli di quello che abbiamo visto per prepararla nel migliore dei modi“.
L’ex Atalanta, però, ha parlato della scelta di allenarsi a Trigoria e di Dybala. È stato optato per il campo di allenamento solito, ha spiegato, “perchè ci sentiamo più a casa, abbiamo a disposizione tutto e abbiamo sempre fatto cosi e ci troviamo bene“, mentre “Paulo ha visto il campo con noi, cammina, sta bene e speriamo possa darci una mano“.
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