Svolta nel caso di Giulio Regeni, morto nel 2016 al Cairo, in Egitto. Il gup ha accolto la richiesta della Procura, mandando gli atti del processo alla Consulta, perché possa esprimersi in merito all’assenza dei quattro 007 egiziani, ritenuti colpevoli di aver torturato e ucciso il dottorando. La Corte Costituzionale dovrà decidere sul via libera per il processo anche in contumacia ai quattro agenti Tariq Sabir, Athar Kamel Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Abdelal Sharif. Lo scorso 3 aprile i pm avevano chiesto di inviare la documentazione alla Consulta, per superare lo stallo in cui era finito il processo in seguito alle mancate notifiche agli imputati.
Notizie confortanti per quanto riguarda il processo di Giulio Regeni, il dottorando ucciso al Cairo nel 2016, per la cui morte sono imputati quattro 007 egiziani, oggi irrintracciabili e dei quali il governo de Il Cairo non ha mai voluto fornire gli indirizzi di residenza, nonostante le richieste della Procura di Roma nel 2019 e il loro inserimento nel registro degli indagati l’anno prima. Oggi il gup ha accolto le richieste dei pm, decidendo di inviare gli atti del processo del giovane alla Corte Costituzionale, che dovrà esprimersi in merito al via libera al processo anche in contumacia dei quattro imputati.
Questa mattina, la famiglia di Regeni era presente al sit-in organizzato a Piazzale Clodio, a cui hanno partecipato, tra i tanti, anche l’ex presidente della Camera Roberto Fico e il comico Pif.
“Siamo tutte e tutti in attesa di sapere se la Corte Costituzionale darà il via libera, anche in contumacia, al processo contro i quattro imputati, tutti militari, egiziani, amici di Al Sisi, accusati di essere sequestratori, torturatori, assassini di Giulio” ha dichiarato con un comunicato Beppe Giulietti, ex presidente della Federazione nazionale della stampa.
Il 3 aprile scorso la Procura, nella figura del procuratore capo Francesco Lo Voi, aveva portato all’attenzione dell’aula la questione della costituzionalità dell’art.420 bis del codice di procedura penale, ovvero quello che vuole come la mancata conoscenza di un processo da parte di un imputato sia da collegarsi alla non collaborazione da parte di uno Stato straniero.
“Oggi è una giornata importante nella quale si decideranno le sorti di questo processo. Tutta la gente che è qui sta a dimostrare che non è una storia di famiglia ma è una storia che riguarda la dignità di questo Paese e la sicurezza di tutti i cittadini nel mondo” aveva detto questa mattina Alessandra Ballerini, avvocato della famiglia Regeni presente in Piazzale Clodio.
Nato nel 1988 a Trieste, studente brillante con studi all’estero e un dottorato che avrebbe conseguito di lì a poco a Cambridge, Giulio Regeni si trovava in Egitto per una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani presso l’istituto universitario americano a Il Cairo.
Giulio fece perdere le sue tracce la sera del 25 gennaio 2016, venendo ritrovato ormai senza vita e orribilmente mutilato solo dieci giorni dopo, riconosciuto dalla madre solo grazie alla punta del naso.
Nei giorni successivi, vennero rilasciate le tesi più disparate da parte del governo egiziano, alcune persone testimoniarono a un mese di distanza di averlo visto litigare con un vicino di casa che lo avrebbe minacciato di morte. In seguito, poi, vennero tirati in ballo cinque componenti di un gruppo criminale, ritenuti responsabili, e poi uccisi dalle forze dell’ordine del Paese straniero.
Tesi, tuttavia, smentite dalla Procura italiana, ritenendo Regeni sia stato torturato e ucciso dagli 007 egiziani, ai quali sarebbe stato denunciato come spia da un sindacalista degli ambulanti.
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