Costano pochi spiccioli i ‘video dello stupro‘ che si possono acquistare in India – da 20 rupie, che corrispondono a circa 30 centesimi, a 200 rupie (circa 3 euro) – e per questo si assiste a una vera e propria esplosione del business della compravendita (illegale) di tali filmati che avviene tramite smarthphone e Internet. A fare luce sul fenomeno è stata l’emittente araba Al Jazeera che ha svolto un’inchiesta in diversi villaggi dell’Uttar Pradesh, zona tristemente nota per i numerosi casi di violenza e abusi sulle donne.
Sappiamo che le donne in India sono oggetto di maltrattamenti e violenze di ogni genere, soprattutto sessuale. I numeri della violenza alle donne sono agghiaccianti, e secondo le statistiche ufficiali, nel Paese che conta 1,2 miliardi di persone avviene uno stupro ogni mezz’ora. Inoltre, sono aumentati anche i casi di altri reati sessuali, come le molestie, lo stalking e il voyeurismo. Nello stato indiano dell’Uttar Pradesh, tristemente noto per i numeri particolarmente alti del fenomeno, ora gli uomini si scambiano pure i video degli stupri commessi.
Tali video vengono ceduti, seppur illegalmente, a prezzi molto bassi, da 30 centesimi a pochi euro (dipende da cosa si vede nel filmato). Ma quali sono le dinamiche di questi traffici? A fare luce su questo nuovo commercio ci ha provato l’emittente Al Jazeera, che è partita dalla città di Meerut per indagare sulla compravendita dei video degli stupri. Che per il momento resta un’attività prettamente locale, dal momento che gli uomini ”non si fidano” degli stranieri.
Il traffico illegale dei video dello stupro avviene tramite cellulare e applicazioni tipo Whatsapp. Ma non tutti mettono a disposizione volontariamente i video delle violenze sulle donne. In genere questi filmati sono girati per altri motivi, ad esempio per ricattare le vittime. In diversi casi, quindi, è stato appurato che i filmati rivenduti sono stati ”rubati” dagli smartphone mentre erano in assistenza in centri specializzati per la riparazione.
I video rubati – si parla di migliaia di file – sono poi rivenduti a negozianti che li mettono in vendita nei loro chioschi a chiunque ne faccia richiesta. Per evitare rischi legali si usano frasi, gesti e parole concordate. Dopo essersi messi d’accordo sull’acquisto del video, il file viene inviato direttamente sul telefono del cliente e in pochi secondi può visionare il ‘prodotto’ tutte le volte che vuole.
Al momento le autorità locali non sembrano avere idea di cosa sta accadendo, tanto che l’ispettore generale della polizia di Meerut, Ajay Anand, ha raccontato ad Al Jazeera di non essere al corrente di questo nuovo abietto fenomeno. “Ciò dimostra come questo governo sia insensibile verso la questione della sicurezza delle donne e della loro dignità”, ha dichiarato un membro del parlamento sentito dall’emittente araba che ha curato l’inchiesta. Il timore principale è che la diffusione di video di questo tipo possa legittimare ulteriormente lo stupro in un paese già dominato dalla violenza contro le donne.
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