Vincenzo Nibali ha vinto il Giro d’Italia 2016, il suo secondo in carriera e ha portato a compimento un’enorme impresa sportiva: il siciliano in maglia Astana era dato per spacciato quando mancavano le tappe decisive piemontesi-francesi, con un ritardo di oltre quattro minuti e mezzo sul groppone. Invece, il già vincitore anche di Vuelta di Spagna e Tour de France, ha sfruttato un mix di fondo eccezionale, condizione ritrovata (anche e soprattutto sul morale) e avversari non irresistibili (anche tecnicamente, vedi caduta di Kruijswijk) per sopravanzare tutti vincendo la frazione di Risoul e staccando i rivali verso Sant’Anna di Vinadio. Onore a Vincenzo, che ora potrebbe tentare anche il Tour.
Quando tutto sembra spacciato e invece, quasi come in una trama non così originale da film sportivo, il campione un po’ decaduto, demoralizzato, abbandonato dai favori di stampa e anche tifosi, ritorna in auge sconfiggendo i rivali. Sono passati tre anni esatti dal trionfo in rosa di Vincenzo Nibali alla Tre Cime di Lavaredo, sotto una neve invernale, da vero trionfatore di quella corsa rosa e l’incredibile tappa di Sant’Anna di Vinadio, penultima fatica del Giro numero 99 che ha portato il siciliano a bissare il trionfo. Entrato nella ristrettissima cerchia di corridori in grado di vincere in tutte e tre i grandi Giri, l’azzurro classe ’84 ha ribaltato anche il suo tradizionale modo di affrontare la corsa.
Giunto in Olanda (sede della tre-giorni iniziale) con tutti i favori del pronostico e ormai già mezza maglia rosa cucita addosso, è andato completamente in crisi non soltanto fisica, ma anche e soprattutto di morale dopo una serie di batoste incredibili. A Roccaraso e poi a Sestola, nei primi arrivi in salita, ha attaccato, è stato ripreso e poi staccato. Una vera umiliazione che si è ancora ripetuta e che ha visto il suo culmine negativo in occasione della cronoscalata di Alpe di Siusi con la performance tra le peggiori di sempre e il danno del guasto meccanico. Improbabile la decisione di effettuare test fisici per comprendere il motivo di questa debacle, in realtà era tutto nascosto nel peggior antro di un atleta, la propria mente.
E così, preso coscienza della propria forza, ma soprattutto della propria debolezza di quest’anno, Nibali ha atteso le due tappe alpine finali per tentare il tutto per tutto e ci è riuscito. Per l’amor del vero è stato anche in parte facilitato dall’auto-eliminazione dell’ex-leader Steven Kruijswijk: l’olandese è cascato dalla discesa del Colle dell’Agnello fratturandosi una costola e perdendo, di fatto, il suo grande sogno. Peccato davvero per il capitano della Lotto Nl che è poi uscito anche dal podio. Grande rammarico anche per il colombiano Chaves che ha vestito per un solo giorno la rosa venendo sconfitto dall’ultima salita. Onore a Nibali dunque, il nostro più grande corridore per le grandi corse a tappe. E ora il Tour, in appoggio ad Aru oppure da guastatore?
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