I dati Eures per i primi dieci mesi del 2020 rivelano che la violenza sulle donne è una piaga che ancora affligge il nostro Paese e uccide una donna ogni 3 giorni. Dall’inizio dell’anno, infatti, sono 91 le vittime di femminicidio in Italia e la maggior parte avviene in ambito familiare.
In effetti, il 2020 ha segnato, secondo i dati Eures raccolti in collaborazione col Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno, una leggera flessione sul numero dei femminicidi in questi primi dieci mesi. L’anno scorso erano state 99 vittime dello stesso periodo, a diminuire significativamente sono però soltanto le vittime femminili della criminalità comune, che passano da 14 del 2019 a 3 nel periodo gennaio-ottobre 2020.
Il numero di vittime stabile è invece quello fatto dai femminicidi familiari, da 85 dell’anno precedente a 81 questo 2020. Tra queste, le donne che perdono la vita per mano del comopagno sono 56 in entrambi i periodi, mentre aumentano le donne uccise nel contesto di vicinato (da 0 a 4).
3.344 le donne uccise in Italia tra il 2000 e 31 ottobre 2020, pari al 30% degli 11.133 omicidi volontari complessivamente censiti ed elaborati dall’Istituto di Ricerca Eures.
Le vittime di sesso femminile hanno registrato negli anni una costante crescita, raggiungendo l’apice proprio quest’anno: il 40,6% dei casi censiti, ovvero la percentuale più alta di sempre, riguarda casi di femmicidio.
Inoltre, si evince che, negli ultimi due decenni, i femminicidi familiari abbiano avuto un’incidenza progressivamente crescente, registrando proprio nell’ultimo anno la maggiore incidenza: l’89%, a fronte di una percentuale media del 73,5% (pari a 2.458 femminicidi familiari dal 2000 ad oggi).
La coppia continua, purtroppo, a rappresentare il contesto più a rischio per le donne. Le donne uccise per mano di coniugi, partner, amanti o ex partner negli ultimi 20 anni sono sono 1.628, ovvero il 66,2% dei femminicidi familiari e il 48,7% del totale delle donne uccise.
56 Solo negli ultimi 10 mesi, pari al 69,1% dei femminicidi familiari e a ben il 61,5% del totale delle donne uccise. Gli autori sono uomini nella quasi totalità dei casi (94%), con valori che nel corso dei singoli anni oscillano tra il 90% e il 95%.
“Alcuni dati mostrano che qualcosa comincia a funzionare meglio che in passato ma siamo consapevoli che il Codice Rosso non è la panacea. I dati sui dati dei femminicidi ci dicono che il percorso da fare è ancora lungo“, ad usare queste parole riguardo la violenza sulle donne è stato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in un messaggio per la presentazione del rapporto “Un anno di Codice Rosso”.
“Il Codice è solo un tassello fondamentale importantissimo che riguarda il momento in cui la violenza è già avvenuta: non basta. Un intervento serio richiede tempo, un approccio sinergico e la consapevolezza che la strada per invertire darà i suoi frutti nel tempo ed è questa la strada che come governo, insieme ai ministri, ci impegniamo a percorrere“, ha poi concluso.
“La violenza contro le donne riguarda tutti, di questa degenerazione siamo tutti involontari complici dopo anni di lotta. Neanche una pandemia di portata globale deve fare arretrare dalla tutela dei diritti delle donne. Ognuno di noi può fare davvero molto per ogni donna“, spiega la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, intervenendo all’iniziativa della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio.
“Il contrasto alla violenza sulle donne parte da quelle prospettive di autonomia morale ed indipendenza materiale che sono l’arma più potente contro ogni forma di martirio al femminile. Armi che si costruiscono lottando contro stereotipi e penalizzazioni, battendosi affinché nessuna emergenza, neanche una pandemia di portata globale, possa segnare un arretramento di fronte al cammino di emancipazione femminile” ha spiegato Casellati, concludendo poi il suo intervento: “Questo è l’impegno comune che oggi dobbiamo insieme rinnovare. Un impegno che parte dal ruolo delle istituzioni e dal sistema di tutele sociali e penali, ma che al contempo chiama in causa ciascuno di noi. Perché ognuno di noi, come padre o madre, fratello o sorella, amico o amica, può fare davvero molto perché ogni donna possa godere del diritto più grande: quello ad essere libera, ad essere semplicemente donna“.
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