La “sindrome di Peter Pan” ti può salvare dall’accusa di molestie sessuali. Sembra incredibile eppure è quello che ha deciso il tribunale di Palermo nell’assolvere l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate 1, Domenico Lipari, dall’accusa di aver palpeggiato due colleghe. Nonostante abbia 65 anni, Lipari ha agito in modo “scherzoso”, “per gioco”, “senza trarne soddisfazione sessuale”. I virgolettati fanno parte delle motivazioni della sentenza, depositate in questi giorni dopo la sentenza del 23 novembre. La tesi dei giudici è che l’ex direttore abbia agito solo per divertirsi: non importa che abbia palpeggiato due donne in zone intime. Lo ha fatto perché è un eterno ragazzino che si diverte in questo modo, e quindi non ha commesso reato.
I media locali hanno dato risalto alla notizia, finita poi sulle pagine nazionali. Le motivazioni dell’assoluzione sembrano davvero incredibili anche per la tempistica: mentre in Italia donne di ogni età muoiono per mano di uomini, compagni e mariti, un tribunale sentenzia che la molestia sessuale sul luogo di lavoro non è reato se è per gioco.
Perché è di quello che si è trattato. Le due donne hanno trascinato l’ex direttore in Aula perché sono state palpeggiate: una ha ricevuto una pacca sul sedere, l’altra è stata toccata sulla camicetta, all’altezza del seno, e una seconda volta nella zona genitale.
Come è stato possibile che i giudici abbiano ritenuto questi gesti innocui? Per il contesto, che sarebbe stato giocoso. Lipari non aveva intenzione di “danneggiarle” o “limitarle nella loro libera autorizzazione”, si legge nelle motivazioni, perché i gesti erano “privi di connotato sessuale”. I magistrati hanno sì riconosciuto i palpeggiamenti, ma hanno stabilito che erano dettati “da un immaturo e inopportuno atteggiamento di scherzo, frammisto ad una larvata forma di prevaricazione e ad una, sia pur scorretta, modalità di impostazione dei rapporti gerarchici all’interno dell’ufficio”.
Quindi, il tribunale certifica le molestie, la prevaricazione di un dirigente nei confronti dei sottoposti, ma tutto questo non è reato perché l’uomo è “immaturo”, anche se ciò “non è consono al ruolo del dirigente”.
I giudici spiegano il concetto in maniera molto chiara. “Non si deve cioè fare riferimento alle parti anatomiche aggredite e al grado di intensità fisica del contatto instaurato, ma si deve tenere conto dell’intero contesto. Nel comportamento del Lipari non era ravvisabile alcun fine di concupiscenza o di soddisfacimento dell’impulso sessuale”.
La sentenza è incredibile perché sembra infrangere il senso di giustizia che dovrebbe aiutare le vittime e non certo i carnefici. Nessuno ha il diritto di violare lo spazio privato del corpo di una persona, neanche per gioco.
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