Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La data scelta ha un particolare valore simbolico: nello stesso giorno del 1960, nella Repubblica dominicana, i corpi delle tre sorelle Mirabal – Patria, Minerva e Maria – furono ritrovati in fondo a un precipizio con addosso i segni evidenti della tortura degli uomini del regime del dittatore Rafael Leonidas Trujillo. La loro unica colpa era quella di aver avuto il coraggio di dare un volto alla resistenza contro il regime. La notizia dell’assassinio delle giovani donne conosciute come “Mariposas” (farfalle) scatenò una dura reazione popolare che portò in poco tempo alla fine della feroce dittatura di Trujillo e in loro memoria, il 25 novembre del 1981, ci fu il primo Incontro Internazionale Femminista delle donne latinoamericane e caraibiche.
La ricorrenza, poi, fu istituita ufficialmente nel 1999 con una risoluzione delle Nazioni Unite, atta a sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi nazionali sul tema per creare una maggiore consapevolezza in chi la subisce ma anche in chi la esercita, in modo che certe azioni distruttive nei confronti di donne e ragazze non rimangano più coperte da un colpevole silenzio o da una imbarazzante indifferenza.
In Italia dal punto di vista normativo ed istituzionale, negli ultimi anni si è proceduto in maniera piuttosto convinta in un’opera di modernizzazione della legislazione, culminata nel 2013 con la ratifica dell’Italia della Convenzione di Istanbul e l’emanazione della cosiddetta legge sul femminicidio (neologismo che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa per motivi basati sul genere). La Convenzione di Istanbul – ovvero la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica – è particolarmente importante poiché è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo che gli Stati firmatari devono includere nei loro codici penali per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza, ed è incentrata sulla prevenzione della violenza domestica, col fine di proteggere le vittime e perseguire i trasgressori.
La storia della violenza sulle donne è purtroppo lunga e sanguinosa. Nonostante l’archeologia fornisca una folta presenza nell’antichità di culti femminili, molti sistemi di governo hanno sempre seguito un profilo patriarcale eccezion fatta per alcuni casi nel sud est asiatico, nelle tribù del Pacifico occidentale, in parti dell’India e in altre società come i Tuareg e gli Irochesi, dove l’organizzazione della società ha previsto un principio di autorità di una matriarca e, per estensione, delle donne. Il diritto di successione, ad esempio, ha previsto sin dai tempi più antichi che la terra si tramandasse per discendenza maschile. In questo senso rappresentano delle vere e proprie eccezioni le donne dell’antica Babilonia e dell’antico Egitto, le quali godettero dei diritti di proprietà, o quelle di Sparta che amministravano di fatto l’economia. In quasi tutte le società tradizionali, però, le donne furono discriminate; la loro istruzione fu limitata all’apprendimento di abilità domestiche e ne venne limitato l’accesso a qualsiasi posizione di potere. In alcuni rarissimi casi le donne poterono accedere all’autorità religiosa, come nel caso delle sciamane siberiane e delle sacerdotesse romane. Nel corso dei millenni le donne che si sono fatte valere per il loro coraggio e la loro intelligenza non hanno avuto vita facile. La volontà di liberarsi dal patriarcato e di emancipare la propria posizione è stata spesso vista come una minaccia dalle autorità politiche e religiose.
Tra le prime vittime illustri della violenza maschile ricordiamo la matematica, astronoma e filosofa Ipazia, vissuta ad Alessandria D’Egitto nel 300, che insegnò le basi delle scienze agli uomini, una colpa imperdonabile agli occhi dei suoi carnefici che la torturarono uccidendola. A pagare furono anche delle religiose, poi santificate per il loro coraggio, come Sant’Agnese che si rifiutò di essere sedotta dal figlio di un dignitario romano perché voleva rimanere vergine e servire Dio oppure Santa Petronilla che fu legata e poi uccisa o Sant’Agata alla quale vennero tagliati i seni per aver resistito al corteggiamento di un prefetto romano. La situazione, poi, non migliorò con il passare dei secoli tanto che nel Medioevo le donne subivano ancora la dominanza maschile. Artemisia Gentileschi, pittrice italiana vissuta nel 1600, fu violentata da Agostino Tassi, un pittore con cui lavorava più volte da lei rifiutato. Furono secoli duri per le donne, oggetto di possesso maschile talmente manifesto da risultare addirittura come giustificazione negli atti dei processi.
I casi sopra descritti non vogliono dare l’idea che la storia umana sia stata completamente scevra dall’apporto femminile, anzi vuol far riflettere sugli sforzi e le difficoltà che hanno dovuto affrontare le donne nell’emergere arrivando, però, in alcuni casi all’apice della piramide del potere. Impossibile non ricordare il fascino di Cleopatra, l’ultima regina del Regno tolemaico d’Egitto, anche se pochi ne riconoscono le abilità di statista e di fine conoscitrice delle relazioni internazionali, doti che le permisero di influenzare la politica del ben più potente Impero Romano, così come Budicca, la giovane regina della tribù degli Iceni, nell’Inghilterra orientale, che ripagò le umiliazioni subite dall’esercito romano con la più feroce rivolta dell’isola, arrivando all’imperatrice Suiko in Giappone che introdusse uno dei primi trattati costituzionali o l’imperatrice Wu Zeitan, una delle donne più potenti della storia della Cina, l’unica ad aver fondato una propria dinastia, la dinastia Zhou. Arrivando fino in tempi più recenti, poi, ecco gli esempi di Isabella di Castiglia ed Aragona ed Elisabetta I d’Inghiletrra, che diedero vita a uno scontro di potere tra due grandi stati come Spagna e Regno Unito. Dalla scienza allo sport, dalla letteratura alla politica, gli esempi di donne capaci di prendersi la scena sono diversi come Golda Meir, Margaret Thatcher, Aung San Suu Kyi e Angela Merkel, tutte in grado di governare al pari dei loro colleghi uomini.
La violenza sulle donne, nonostante i passi in avanti fatti, esiste ancora; sono ancora numerosi, infatti, i casi di femminicidio in Italia e non solo anche se qualcosa sembra muoversi sotto la spinta di iniziative costanti che servono a sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema del quale si parla ancora troppo poco. Proprio nella prossima giornata di Serie A, il massimo campionato di calcio italiano, i calciatori scenderanno in campo con un segno rosso sul viso e l’hashtag #unrossoallaviolenza, un’iniziativa che per il terzo anno consecutivo avrà lo scopo di esorcizzare, insieme a tutte le vittime, la paura che vivono ogni giorno. Tantissimi i calciatori, così come gli ex, che hanno deciso di aderire all’iniziativa: da Alessandro Del Piero a Ciro Immobile, passando per Federico Bernardeschi, Marco Materazzi e Bernando Corradi, tutti si sono resi disponibili a legare il proprio nome all’iniziativa dando un segnale importante nei confronti di tutte quelle donne che, ancora oggi, sono vittime di violenza.
Una giornata, quella del 25 novembre, che sarà importante per manifestare la voglia di cambiamento. In tutto il mondo, uomini e donne scenderanno in piazza per mostrare il desiderio di un futuro in cui le donne saranno libere della violenza degli uomini, marciando con questo obiettivo e indossando un indumento arancione, il colore internazionale della protesta, o rosso, come in Italia, ossia il colore delle scarpe lasciate su tante piazze del mondo per sensibilizzare l’opinione pubblica. Questo simbolo, lanciato dall’artista messicana Elina Chauvet attraverso una sua installazione nominata appunto Zapatos Rojas (scarpe rosse), è diventato presto uno dei modi più popolari per denunciare il problema dei femminicidi. Un momento importante per far sentire la propria voce perché come scrisse William Jean Bertozzo nell’opera teatrale “Il Chisciotte”:
“Per tutte le violenze consumate su di lei,
per tutte le umiliazioni che ha subito,
per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le sue ali che avete tarpato,
per tutto questo: in piedi Signori, davanti ad una donna!”
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