È prevista per questa mattina la visita della premier Giorgia Meloni in Tunisia. Un incontro, quello con Kais Saied, organizzato in 48 ore. La visita si concentrerà non solo sulle relazioni tra Tunisi e l’Italia, ma anche sul tema dei migranti e gli aiuti del Fondo monetario internazionale. Una visita che ha alle spalle un lavoro diplomatico di mesi da parte non solo di Meloni ma anche del ministro degli Esteri Tajani e che ha due obbiettivi su tutti: sbloccare gli aiuti dell’Fmi e portare a più miti consigli Saied sulle riforme richiestegli dal Fondo e che il presidente rifiuta, ritenendole inaccettabili.
Una visita organizzata in appena 48 ore e di grande importanza, quella di Giorgia Meloni a Tunisi. La premier incontrerà il presidente tunisino Kais Saied e Najla Bouden Ramadan (suo corrispettivo nel Paese nordafricano). Il compito di Meloni è duplice, ovvero cercare di sbloccare gli aiuti internazionali mediando tra Tunisia e Fmi, e dall’altro cercare di addolcire la posizione del presidente sulle riforme richiestegli dal Fondo a fronte di centinaia di milioni di dollari, e che l’uomo vede come diktsat inaccettabili e che impoverirebbero ulteriormente il suo Paese. Inoltre, al centro del tavolo di incontro, c’è anche la questione migranti: la situazione nel Paese nordafricano è caotica e nonostante a maggio si è registrato un calo dei flussi migratori, la paura di Meloni è di una nuova ondata in arrivo in caso le cose si mettessero male in Tunisia.
“Oggi la Tunisia è in difficoltà. Vive una situazione molto delicata perché rischia un default finanziario e chiaramente se va giù il governo tunisino vivremo uno scenario assolutamente preoccupante. Ed è su questo scenario che lavoriamo” ha dichiarato la premier. Dell’allarme Tunisia Meloni ne aveva già parlato durante il recente G7, discutendone con Kristalina Georgieva, dg dell’Fmi, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea e Emmanuel Macron presidente francese.
La missione italiana è incentrata sul portare a un accordo equilibrato la Tunisia, per scongiurare una catastrofe umanitaria che vedrebbe implicati potenzialmente 900.000 rifugiati, qualora le cose si inasprissero ulteriormente nel Paese. Da quando Saied ha accentrato su di sé la maggior parte dei poteri, con una svolta internazionalmente vista come autoritaria, la democrazia è in bilico.
La Banca Mondiale non ha esitato a definire la situazione attuale della Tunisia molto simile a quella del Libano, ovvero pericolosamente vicina alla bancarotta, a causa di un’inflazione galoppante, n tasso di disoccupazione del 16% e un debito pubblico da brividi. L’Fmi si è detto disponibile ad aiutare con 1,9 miliardi di dollari, probabilmente una somma già insufficiente per la condizione dello Stato, ma a fronte di riforme sui dipendenti pubblici o i sussidi di farina e benzina.
Il presidente tunisino, tuttavia, pare non volerne sapere: “Non accettiamo diktat dall’estero che portano solo a un ulteriore impoverimento” ha dichiarato lo scorso aprile. Compito di Meloni, quindi, è quello di provare a convincerlo a venire a patti con queste richieste.
Ma sul piatto non ci sono solo questi temi, ma anche il Piano Mattei, che verrà presentato il prossimo ottobre durante il summit inter-governativo Italia-Africa, ovvero la volontà di trasformare il nostro Paese in una sorta di “succursale” del gas, anche se i gasdotti algerini che portano il metano in Europa passano proprio dalla Tunisia, che ovviamente non vuole rimanere a bocca asciutta. Un tema molto caro a Meloni, e che dovrà essere “affrontato con le pinze”.
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