Rivolta contro la fine dei vitalizi. Gli ex consiglieri regionali italiani hanno inviato una vera e propria diffida alla Commissione Affari Costituzionali della Camera e ai capigruppo. “I vitalizi non si toccano, sono un diritto legittimo” il succo della lunga lettera scritta su iniziativa in particolare dei politici veneti: “I vitalizi non sono un diritto acquisito e intangibile, nessuno pensi di poter cambiare con una legge il trattamento economico a favore di chi ha svolto funzioni pubbliche nelle Regioni italiane”.
C’era urgenza di trovare l’intesa, ma non è stato difficile: il 31 maggio comincerà infatti l’esame della proposta di legge – il cui primo firmatario è Matteo Richetti, del Pd – che vuole rivedere il regime degli assegni che spettano ai politici che hanno terminato un mandato. Gli ex amministratori italiani fanno parte del Coordinamento nazionale delle associazioni di consiglieri ed ex consiglieri regionali ed ex deputati delle Assemblee regionali. Un esercito, il cui presidente è il padovano Aldo Bottin, che fu a capo della Giunta regionale del Veneto nel biennio 1994/95, prima che arrivasse Giancarlo Galan sulla scena.
Dicono, i rivoltosi: “Certo, anche noi vogliamo partecipare al riequilibrio delle finanze nazionali e regionali per dimostrate esigenze inderogabili, ma come cittadini e in proporzione ai nostri redditi, non perché ex consiglieri regionali, e dunque nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e temporaneità”. La lista di coloro che dovrebbero adeguarsi, quindi, diventerebbe lunghissima: “Presidenza della Repubblica e la sua Struttura, la Corte Costituzionale e la sua struttura, la Magistratura di ogni ordine e grado, l’Avvocato dello Stato, la macchina del Parlamento, i manager pubblici, i dirigenti pubblici, la Diplomazia, i gradi medio alti della Difesa, le strutture delle aziende pubbliche statali e municipalizzate”. E non finisce qui: “L’Ordine dei Giornalisti, con particolare attenzione a quelli occupati nel servizio pubblico, specie radiotelevisivo, che molto si sono impegnati per sparare sulle istituzioni, non sempre con quella obiettività necessaria per non cadere nel facile moralismo e, inavvertitamente, creare le condizioni di invidia sociale“.
I rivoltosi definiscono così la battaglia contro buonuscite da un milione di euro lordi (in Trentino Alto Adige) e i vitalizi da 4 – 5 mila euro al mese: ‘invidia sociale’. Bottin chiede una vera “solidarietà sociale” e una “vera giustizia sociale”, non una “aggressione contro persone titolari di diritti legittimi”. Come bloccare, insomma, la revisione della legge sui privilegi? “Le norme non possono essere retroattive. I vitalizi regionali sono già congelati al 2006 e 14 Regioni su 20 hanno abolito i vecchi vitalizi o li hanno trasformati con il metodo contributivo”. E ancora: “Il vitalizio fa parte della voce indennità e comprende l’indennità di carica, di funzione, di fine mandato e vitalizio. Con queste proposte di legge, tutto viene meno: per gli ex consiglieri il programma di vita cambia senza avere la possibilità, ora, per attrezzarsi e recuperare sul grave pregiudizio da cui verrebbero colpiti”.
Secondo il padovano Bottin, le proposte hanno “un’unica finalità: colpire chi si è impegnato nelle istituzioni. Sanzionare un’intera classe politica arbitrariamente individuata negli ex parlamentari e nei consiglieri regionali titolari di assegno vitalizio. Questo è giuridicamente, moralmente ed eticamente inammissibile“. Jacopo Berti, capogruppo M5S nel Consiglio regionale veneto: “La misura è colma, questo è l’ennesimo sputo in faccia alle persone che lavorano e ai cittadini onesti. Non si può perdere un minuto: in Veneto, Zaia ci dica se vuole davvero abolire i vitalizi, come a volte dice. E lo stesso faccia il Pd a livello nazionale. Con gli annunci stanno tutti tessendo la tela di Penelope. Ma ogni notte la disfano regolarmente”.