Un tema gli ha cambiato la vita. Lui è un ragazzino timido, che spesso finiva in disparte, vittima di bullismo. Scrivendo tutto nero su bianco e leggendo poi il tema in classe, ha raggiunto un obiettivo: l’applauso dei compagni di scuola. E la fine dell’isolamento. Lo spiega la prof: “Ivan è intelligente, studioso, maturo ma timido e che restava sempre in disparte. Ora invece scherza con i compagni“. Il merito è del componimento: ha avuto il coraggio, il 12enne, prima di scriverlo il tema e poi di leggerlo davanti a tutti: “Un tema in cui raccontava con profondità, lucidità e proprietà di linguaggio, i suoi anni di bambino umiliato e respinto. Preso in giro perché ha la voce acuta e non ama il calcio, chiamato femminuccia perché, come scrive “è diverso, ma non sbagliato“.
La prof ha un ruolo importante nei cambiamenti di Ivan. La traccia del tema era: “Inventa un racconto in cui sono presenti: una vittima, un gruppo di ragazzi prepotenti, degli spettatori, un adulto”. Un perfetto assist perché Ivan raccontasse la sua storia, dall’inizio alla (si spera) fine del bullismo. Un tema che ha fatto emergere la sofferenza estrema del ragazzino, ma che forse ha fatto capire pure al 12enne che non è solo, prima che diventasse troppo tardi.
La prof ha parlato a ‘Repubblica’, che già aveva pubblicato il tema di Ivan. “Perché ho proposto quel tema? Perché non basta guardare, bisogna riuscire a vedere questi giovani, non solo come alunni. Bisogna farli parlare, aiutarli a raccontare le loro sofferenze e le loro inquietudini, se non a voce con gli scritti, i gesti. Perché non è sempre tutto palese, visibile: nella nostra classe, Ivan non era preso in giro. Ma lo sentivo come un giovane fragile, sensibile. A bullizzarlo erano quelli fuori dall’aula, i suoi aguzzini. E io non li avevo visti fino al suo racconto”.
Contro il bullismo non c’è una ricetta unica e che funziona: “Io ho seguito corsi di formazione per capire me stessa. Poi ho organizzato mesi di lavoro in aula con video, lezioni di teatro per spingerli a tirar fuori le loro emozioni. In classe, ho cercato di chiarire ai ragazzi la differenza tra scherzo e litigio, tra aggressione fisica, verbale, scherno. L’importante è far capire quanto male possano fare senza neanche rendersene conto. E le parole di Ivan hanno fatto sentire a tutti, vivo, il suo dolore”. Un dolore che sarebbe potuto sfociare in qualcosa di peggio: “Il suicidio? Fortunatamente quello è un episodio di fantasia. Ma la voglia di farla finita è un rischio presente, come le automutilazioni. Come se un taglio sulla pelle potesse distrarli da quella ferita ben più profonda e dolorosa inferta allo loro anima”.
La stessa insegnante racconta un episodio di quando era piccola: “Alle materne, una compagna mi dava uno schiaffo al giorno. Da allora, più nulla, tanto che me n’ero dimenticata”. Dopo il tema, qualcuno è arrivato a chiedere scusa: “Altri no. Ma in classe si è creato, tra scritti, discussioni, teatro, un clima diverso. Hanno cominciato a fare gruppo, a dirsi le cose in faccia mentre ognuno prima se ne stava per i fatti suoi”.
La classe ha fatto anche un video contro il bullismo: “La storia di un coetaneo preso in giro perché accusato di essere effeminato. Ci sono tanti personaggi, da chi lo aggredisce a chi lo difende. Ivan non ha recitato se stesso, ha preferito far parte del gruppo”. Del resto, il suo messaggio lo aveva già scritto nel tema: “Sono diverso, non sbagliato”. Il coraggio di ammetterlo. A dispetto dei bulli, forti tutti insieme ma debolissimi da soli.
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